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GAS, GAS, GAS! cronache dal mondo dei rider

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GAS! GAS! GAS!

Così si concludono tutte le email che i manager della flotta Glovo inviano ai rider, incitandoli a correre e a macinare chilometri in giro per Roma. Quello che si sono dimenticati i gestori delle flotte Glovo è che in bicicletta non si può dare gas.

Glovo si presenta come piattaforma di anything-delivery, un servizio che garantisce la consegna di qualunque cosa su un territorio molto ampio di Roma, un’area che si estende diametralmente anche per più di 30 km. Se il cliente ha bisogno di sigarette, può chiedere a Glovo. Se ha bisogno del caricacellulare che si è scordato a casa, può dire a Glovo di portarglielo in ufficio. Ovviamente Glovo consegna anche cibo, ed ha da poco acquisito l’importantissima – per loro – partnership con MacDonald’s, per cui gestisce in esclusiva il loro servizio di home delivery.

La principale differenza rispetto a Deliveroo, pur se la squadra di Glovo è composta da molti esuli di quest’azienda, è che Glovo non ha organizzato il territorio della città in aree. Il rider Glovo non si limita a coprire solo una singola parte della città – di solito composta da tre-quattro quartieri – ma tutte quelle comprese nell’area di Glovo.

area glovo

 

Al colloquio di training, il manager della flotta, che al tempo pensavo stesse solo cercando di spaventarci, ci disse che potevamo iniziare il turno a circonvallazione Aurelia, e finirlo a Montesacro. Invece già dai primi turno di servizio mi sono reso conto che non era affatto uno scherzo. Questo succede perché non ci sono abbastanza glover (così veniamo chiamati amchevolmente dai manager) in alcuni slot orari (quelli serali di solito, e ancor di più quelli delle sere del week-end) per cui capita che il software che gestisce l’assegnazione degli ordini, che è costruito in modo da mandare l’ordine al glover più vicino al luogo di consegna, manda l’ordine a te anche se ti trovi a 8 km dal luogo di consegna, perché sei l’unico libero. Poniamo che un glover abiti a Cinecittà. Sono le 19 e Il glover in questione scende di casa e inizia il turno facendosi trovare all’interno dell’area di Glovo che comprende anche il suo quartiere. Dopo un turno serale di tre ore si potrà ritrovare a Ponte Milvio per esempio, senza che il tempo necessario per tornare a casa venga minimamente calcolato dal software. Poniamo che il glover debba terminare il turno alle 22. Alle 21.43 (il termine per assegnare ordini è un quarto d’ora prima della fine del turno) gli/le può arrivare un ordine a 6 km dalla sua posizione, in direzione opposta a quella che avrebbe preso per tornare a casa. In quel caso il glover deve eseguire l’ordine recandosi di corsa al luogo di consegna, aspettare che l’ordine venga preparato, portarlo al luogo di consegna, e trovarsi, a turno finito, poniamo alle 22.30 a più di 10 km da casa. Ora, se per tornare a casa in bicicletta il glover stanco ci mette un’ora, significa che il glover arriva a casa alle 23.30, un’ora e mezza dopo la fine del suo turno, senza che questo “straordinario” venga minimamente coperto dall’azienda con un extra di paga.

Voi direte, ma non si può rifiutare di fare un ordine troppo lontano? E qui veniamo alla questione principale. Quando mi sono iscritto a Glovo lo ho fatto perché pagavano “bene” o sicuramente meglio di altri. Il loro sistema di retribuzione era 8,50 euro lordi all’ora di minimo garantito per tutte le ore non di punta. Per le ore di punta il minimo garantito saliva a 10 euro lordi. Non poco rispetto alle altre piattaforme, e soprattutto paga non a cottimo ma a ora. Ulteriore aspetto positivo era che se il glover nello slot orario avesse guadagnato con la paga a consegna comunque attiva più del minimo garantito, avrebbe guadagnato anche di più di quegli 8,50 o 10 euro lordi. Questo sistema era accettabile, e mi aveva portato a sorvolare il problema delle distanze enormi che mi costringevano a percorrere.

Da poco Glovo ha però unilateralmente cambiato il suo metodo di retribuzione, in barba ai suoi dipendenti, soprattutto quelli in bici, che hanno potuto solo prenderne atto e abbozzare e in più hanno mascherato questo cambio di stipendio, nel modo tipico delle start-up, come un favore nei nostri confronti. Ora finalmente possiamo percorrere più chilometri e fare più consegne. Non vedevamo l’ora. Fatto sta che hanno lasciato il minimo garantito solo fra le 10 e le 12 e fra le 15 e le 18, nelle ore con meno ordini, ma lo hanno abbassato a 5,50 lordi. Hanno introdotto la paga a cottimo per il resto degli slot orari, forzano i glover a dover andare più veloce se vogliono guadagnare (ricordo che nessun rider è assicurato contro incidenti o infortuni) cambiato la formula della paga a consegna, pagando di più rispetto a prima per ogni chilometro percorso (0,80 cent lordi al km in linea d’aria) ma l’hanno messa come unico metodo di paga per le ore con più ordini. Dal loro punto di vista ovviamente è molto meglio. La paga a consegna motiva il glover a correre il più possibile per fare le consegne, e evita che in momenti in cui ci sono pochi ordini la società debba sborsare soldi per pagare gente che sta seduta ad aspettare. Ma dal punto di vista dei glover, e soprattutto dei glover in bici, qualcosa è cambiato ed è cambiato in peggio. Per guadagnare 8,50 euro lordi all’ora adesso il glover deve fare minimo due consegne in un’ora, consegne che devono avere minimo cinque km in totale di distanza da coprire. Spesso però capita che il glover non abbia ordini. E allora si trova a stare fermo anche un’ora intera senza muovere un dito perché il sistema non gli manda ordini. Il glover fermo non guadagna, se non è nelle ore incluse dal minimo garantito, o guadagna 5,50 euro lordi se invece è fortunato. Per cui se un glover inizia il turno alle 19-22 di lunedì e per un’ora è lì seduto su una panchina al servizio dell’azienda, pronto ad accettare ordini, ma non gli arrivano, quel glover sta lavorando completamente gratis. Ed è capitato a me e ad altri di guadagnare, in tre ore, 15 o 10 euro lordi, con le poche consegne che capitavano in giorni non “di punta”, per ritrovarsi magari a 13 km da casa. Se si pensa che molti glover, al tempo d’oro degli 8,50 lordi di minimo, lavoravano anche 8-10 ore al giorno, adesso con questo sistema queste persone si sono praticamente viste dimezzare lo stipendio.

La questione è aggravata dal fatto che, per la paga a consegna e non percependo più il minimo garantito, il glover ha il diritto di disattivare l’accettazione automatica degli ordini, anche se implica una penalizzazione nel punteggio di valutazione e una più scarsa priorità nella scelta degli slot orari. Ma se il glover decide di usare e di far valere questo diritto di almeno rifiutare un ordine da lui ritenuto troppo lontano o troppo poco pagato, o per qualsiasi altro motivo, semplicemente gli ordini smettono di arrivare. Troppo complicato per il software passare dal vaglio dell’accettazione, quando ha delle riserve di glover pronte a prendere qualsiasi ordine gli arrivi grazie all’accettazione automatica. Una volta ricevuto l’ordine con l’accettazione automatica infatti il glover non si può più rifiutare di eseguire l’ordine a meno che non abbia un incidente o un guasto. Per cui se disattivi quest’opzione, la cui disattivazione è ammessa dal contratto di collaborazione, semplicemente non ti fanno lavorare. Una sera è capitato di provare ad usarla, e in un turno di tre ore mi sono arrivati 0 ordini, e non credo affatto che sia stato un caso. Il software ti esclude dalla flotta. L’esercitazione del diritto sacrosanto, in quanto collaboratore esterno e sottopagato, di almeno avere la possibilità di scegliere gli ordini da fare non è quindi ammessa dalla società.

assegnazione automatica ordini

Ricapitolando quindi, Glovo costringe i suoi rider a distanze enormi, ha disattivato la paga oraria che garantiva all’inizio dimezzando in pratica le possibilità di guadagno dei glover, ha introdotto un sistema “a cottimo” per la maggior parte della giornata, e in più non consente ai glover di poter scegliere le consegne da fare. Ditemi voi.

In più la politica tipica di questo tipo di start-up, la coercizione col sorriso con le pacchette sulle spalle, porta i manager della flotta a mandarci email deliranti in cui si permettono di lamentarsi, sempre con un sacco di punti esclamativi e smiley sorridenti, che solo pochi membri della flotta lavorano le sere dei week-end (da nessuna parte ci sta scritto che i glover debbano lavorare nel week-end), e più che chiedersi per quale motivo questo accade, ossia perché hanno abbassato tremendamente gli stipendi e non hanno fatto nulla per ridurre le distanze da percorrere né per incentivarci a lavorare, minacciano di assumere altra gente per coprire gli slot orari che noi non facciamo. Cito testualmente:

«ONESTAMENTE NON VORREI DOVER PRENDERE ALTRI RAGAZZI PER COPRIRE I BUCHI DEI WEEKEND (CIO’ INEVITABILMENTE COMPORTEREBBE LA PRESA DA PARTE LORO DI ORE CHE ADESSO COPRITE VOI).
LA MIA SPERANZA E’ VEDERE GIA’ DA QUESTO WEEKEND UN INNALZAMENTO DELLA PERCENTUALE DI PRESENZE».

Oppure questa, in cui di fronte alle lamentele sull’eliminazione del minimo garantito e sul fatto che mollti glover stiano fermi a non fare niente senza ricevere ordini e quindi stipendio, il manager ci risponde che la soluzione è farci coprire distanze ancora più grandi di prima:

«Rendendoci conto che potreste stare fermi anche durante le ore senza il minimo garantito nelle prossime settimane metteremo meno glovers per ogni slot in modo tale da eliminare del tutto questi “tempi morti” e farvi fare più km e più consegne.

Così anche voi sarete più contenti e soddisfatti»

Credo che nessuno sia stato né più contento né più soddisfatto.

Glovo sta crescendo, anche se non ha ancora la fama dei suoi maggiori concorrenti, e per questo c’è bisogno che si prenda coscienza che i glover, così come i rider di tutte le altre aziende di delivery, devono superare le barriere interaziendali ma agire come un’unica categoria di lavoratori per poter ottenere diritti basilari.

Pochi giorni fa un gruppo di dipendenti Deliveroo di Milano e Bologna, di fronte alle reticenze dell’azienda a un confronto, ha stilato e reso pubblico un manifesto in cui chiede:

– l’introduzione di un contratto di categoria con l’applicazione del CCNL Trasporti e Logistica;
– l’abolizione delle false partite iva e la sostituzione con un contratto adeguato;
– il rinnovo di tutti i contratti in scadenza;
– il pagamento di 7,50 € netti all’ora di salario garantito per tutti;
– un monte ore garantito di almeno 20 ore per tutti;
– un’indennità atmosferica in caso di pioggia o neve pari ad una maggiorazione del 30% sul pagamento orario;
– un indennizzo di lavoro straordinario nel caso in cui le consegne vengano effettuate oltre il turno di lavoro assegnato, con il riconoscimento di una maggiorazione pari al 50% del pagamento orario;
– un’indennità malarica dovuta all’inquinamento da smog dell’aria pari al 30% del pagamento orario;
– il riconoscimento di un’indennità chilometrica oltre i 3,5 km su strada, dal punto di partenza al punto di consegna;
– la copertura assicurativa totale a carico dell’azienda per ogni singolo lavoratore;
– un rimborso spese per oneri di mantenimento di bici o moto e per il cellulare;
– la fornitura di un’attrezzatura funzionante (tuta impermeabile, caschetto a norma);

(cito dal fatto quotidiano)

È evidente che queste richieste non devono valere solo per i dipendenti di Deliveroo. Tutti i rider di tutte le aziende, con tutte le differenze di retribuzione e di politiche aziendali, devono capire che qui non si tratta di lavoro ma di sfruttamento, e agire di conseguenza.

GAS! GAS! GAS!

 

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