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Firenze: una vita senza senso nella città vetrina

Cosa penserebbe il democratico elettorato del PD se questo fosse identificato come il mandante dei pestaggi condotti dalla polizia municipale? Sarebbe più facile per tutti far finta di niente, nascondere lo schifo sotto il tappeto e continuare a condurre la vita con l’apatia e la rassegnazione di chi è abituato ad accontentarsi tutti i giorni.

Le prospettive da cui possiamo osservare Firenze sono molteplici. Potremmo darle il taglio, tanto amato dalle istituzioni, di una Firenze capitale europea della cultura, città europea dello sport, dei mondiali di ciclismo, fiore all’occhiello del Rinascimento; la città che ospita conferenze di “autorevoli personaggi” come Monti e Barroso o eventi come La Repubblica delle idee. Firenze, la città della moda, del turismo, dei 100 Luoghi, della “parità di genere” nella giunta comunale; la città del decoro, degli Angeli del Bello, della “lotta contro il degrado”.
Firenze può assumere tante facce, ma non possono stare tutte insieme. O si accetta la verità del mainstream e degli ipocriti, o si comincia a guardare con i propri occhi e a pensare con la testa. Cosa che comunque in questa città è mal tollerata: non mancano certo le grane per chi non accetta le “regole del gioco”.
 In primis non possiamo tollerare una versione mistificata della nostra città. E’ un insulto per chi vive quotidianamente in condizione di oppressione e trova nelle istituzioni un vero e proprio antagonista, piuttosto che un benevolo e paternalistico interlocutore, come qualcuno vorrebbe farci credere.
 Firenze è la città dei decreti contro i lavavetri, della persecuzione incessante contro gli ambulanti, la città delle intimidazioni e delle retate, legittimate dalla “campagna No Fake”. Il sindaco, nel suo programma elettorale, ha scritto che ”in una società caratterizzata da un crescente multiculturalismo rifiutiamo con sdegno l’accostamento clandestino uguale criminale”… Tante belle parole, come quelle pronunciate in occasione della cerimonia di assegnazione della cittadinanza ai ragazzi senegalesi rimasti feriti nella strage compiuta da Casseri: pare che per riceverla si debba sopravvivere a una cosa del genere… Retorica e mistificazioni, poi, hanno trovato nuovo risalto il 2 giugno scorso, quando Renzi ha parlato della necessità di approvare una legge sullo ius soli. L’atteggiamento del sindaco a qualcuno potrebbe ricordare il romanzo di Stevenson: di giorno è il dottor Jekyll, quello che promette mari e monti, passeggia tra le persone e regala sorrisi, mentre la notte si trasforma nell’implacabile Mr Hyde, sguinzaglia i suoi cani da guardia e porta la paura nelle strade. Pestaggi alla stazione, perquisizioni nelle piazze, arresti per due canne e presidi di polizia nei luoghi più vissuti. Ma non possiamo certo pensare che si tratti di schizofrenie, è la normale prassi messa in campo dal Comune e  dalla giunta Pd.*

Questi pensano solo ad apparire al meglio, ignorando volutamente emergenze come quella degli sfratti, facendo spallucce di fronte ai drammi vissuti ogni giorno in seguito agli sgomberi degli appartamenti e non sognandosi minimamente di requisire le migliaia di stabili vuoti da anni, per recuperarli e destinarli ad uso abitativo.
A Firenze, città del mattone e della rendita fondiaria, infatti, ogni immobile assume un determinato valore a partire da ciò che lo circonda. Quando si parla di “valorizzare il territorio” non c’è la volontà di rendere vivibili piazze e strade, ma di massimizzare gli utili provenienti dagli immobili. Per questo le istituzioni vogliono e promuovono la città-vetrina: quale zona è più appetibile alla rendita fondiaria di un centro storico fatto di negozi e alberghi, pattugliato dalle volanti della polizia, al sicuro dai tanto temuti ”schiamazzi notturni” e dalla vita che scorre per le strade? Certi interessi vorrebbero trasformare Firenze in un museo a cielo aperto, nel senso peggiore del termine.
I padroni della città vorrebbero che le persone uscissero solo nei locali, senza fare troppo casino, lontano dalle piazze e dalle loro proprietà, con cui si arricchiscono da generazioni. Vorrebbero che gli ambulanti non esistessero affatto: portano “degrado”, termine con cui viene indicato tutto ciò che non è loro funzionale. Un esempio su tutti è quello di Sant’Ambrogio, una vera e propria macchia del centro storico, dove i ragazzi escono, si bevono le birre del pakistano, fanno rumore e tanto tanto “degrado”. Talmente tanto che il parroco della chiesa, Don Carlo, possiede un vero e proprio dossier sugli episodi che hanno turbato la sua moralità. Come viene turbata quella dei commercianti e di gente come Fabio Picchi, proprietario del Cibreo e di altri posti in zona. Va capito che, da una parte, c’è chi dorme alla stazione o sotto i ponti, dall’altra chi vuole portare avanti i propri interessi, senza troppi ostacoli, per mantenere lo status quo. E guai a rovinare le cartoline dei turisti.

Il clima che si respira in questa città, dunque, è sempre più oppressivo: dalla videosorveglianza al dispiegamento onnipresente della polizia, dai deliri securitari dei giornali a quelli dei politici, fra cui spicca anche il Pdl, che si vanta del reparto antidegrado come di una propria conquista arrivata dopo anni di battaglie…Questa macabra orgia istituzionale, però, è responsabile anche dei morti nelle piazze e nelle questure, oltre che del proprio complice silenzio. I fatti parlano chiaro e questa cronologia può dare delucidazioni meglio di mille parole.

Nel maggio 2011 rifugiati politici provenienti principalmente dalla Somalia allestirono una tendopoli in piazza Bambini e bambine di Beslan (mentre era in corso il meeting di Terrafutura) per portare il loro problema sotto gli occhi di tutti, anche quelli di un’amministrazione comunale che preferiva e preferisce ignorarli. Senza casa, svariate famiglie necessitavano di un luogo dove vivere. La risposta è stata inequivocabile: sgombero immediato e violento. In seguito, il 6 di agosto, dopo aver occupato uno stabile abbandonato in via Matteotti insieme al Movimento di Lotta per la Casa, ancora una volta, a scanso di equivoci, il Comune ha deciso di parlare chiaro: ennesimo sgombero.

– Nel dicembre 2011 l’omicidio, per mano di Casseri, di Samb e Diop, ha messo in luce la disgustosa ipocrisia delle istituzioni. Tutti pronti a prendere parte alla commedia del rammarico e della solidarietà, della vicinanza e dell’indignazione antirazzista, quando è a partire dai centri del potere che da anni si fomenta un clima di odio e intolleranza per assecondare determinati interessi economici. Un funerale col carnefice che piange. Oggi Mustapha Dieng, Cheikh Mbengue e Mor Sougous, sopravvissuti alla strage, hanno ottenuto la cittadinanza. Magra consolazione e tragica beffa per chi riceve quotidianamente la persecuzione dei controlli in divisa e la discriminazione delle istituzioni. Ottimo teatrino per chi vuole apparire misericordioso, nonostante centinaia di persone continuino a vivere nella stessa insicurezza, dovuta alla clandestinitàe alla minaccia del CIE.

-Tra gennaio e febbraio 2012 due raccapriccianti episodi vedono la morte di Ahmed Sauri e Rhimi Bassem, entrati in questura e morti nel giro di poche ore. Il primo suicida, l’altro morto per “cause naturali”. Come molti che incontrano la morte nelle questure e nelle carceri, muoiono due volte: la prima con le botte, la seconda con le menzogne. A chi propaganda la retorica della “divisa amica” rispondiamo che troppi sono morti nelle celle di sicurezza e di isolamento, nelle piazze e nelle strade, dopo un “semplice controllo” o per esser scesi in piazza a manifestare. E questo da sempre, ben prima di Genova 2001.

– Nel giugno 2013 Mohamud Guled si è buttato da una finestra dello stabile occupato di via Slataper. Gli era stato più volte negato il permesso di soggiorno, e queste condizioni di vita gli sembravano inaccettabili. In una società che divide tra inclusi ed esclusi la vita diventa veramente insostenibile, fino a motivare un gesto così forte.
Se mettiamo insieme tutti questi elementi emerge una visione della città completamente differente: altro che “Firenze città aperta”, Firenze città della repressione, dell’ipocrisia, della violenza ingiustificata, degli omicidi di stato, degli sgomberi e dell’inclusione selettiva e differenziale, volta a creare una barriera sempre più alta tra gli inclusi, consumatori di beni e servizi, e gli esclusi, elementi indesiderabili che devono restare ai margini, vuoi che abbiano perso il lavoro, che siano classificati come soggetti devianti o internati attraverso il TSO.

Firenze, città dei deliri securitari de La Nazione, degli arresti 4 maggio/13 giugno, del lavoro precario e dello sfruttamento giovanile.

Il nuovo nucleo antidegrado è solo la punta dell’iceberg di una situazione sempre più insostenibile. Renzi li ha definiti “angeli della solidarietà”. Un eufemismo, se ci rendiamo conto di chi stiamo parlando: fascistoidi repressi, braccio armato del Comune, responsabili di veri e propri pestaggi legalizzati. E’ ora che si cominci a guardare in faccia la realtà.

Non ci si può più nascondere dietro l’ipocrisia. La verità sta venendo a galla nella sua brutalità. Se si accetta la visione della città descritta in queste righe appare assai difficile immaginarsi una scenario dominato da pace sociale e placida uniformazione, senza conflitto e malessere. Se queste sono le premesse è inevitabile che una fascia della popolazione, chi non può e chi non vuole inserirsi, sia ostile all’autorità e assuma atteggiamenti di aperta contestazione, a volte incomprensibili alla “opinione pubblica”, altre volte tollerati. Sono comunque forme di lotta motivate che si palesanocomeconseguenza della spietata cinicità del capitale, sempre pronto a mettere sul piatto della bilancia le nostre vite, per assicurarsi un sempre maggiore profitto.
Infine, se ci sono spazi che possiamo definire “nostri”, liberi e liberati, non è per misericordiosa concessione dell’autorità costituita, perchè sono frutto di sacrifici, della continua lotta fra interessi contrapposti, per appropriarsi del tempo e dello spazio che ogni giorno ci vengono rubati con l’inganno e la propaganda. Un furto che avviene sul lavoro, quando questo c’è, e che ci vede costretti a lavorare di più e pagati di meno, per metterci in competizione fra noi e abbassare i salari col ricatto del licenziamento. Un furto di tempo con la disoccupazione stagnante, per la quale siamo indotti a pensare di esser soli di fronte al problema; un furto che si abbatte sulle nostre vite, che esercita una pressione sulle differenze spicciole, sulla divisione e non su ciò che ci accomuna, in classe, a casa, per strada, sul lavoro.
 Il continuo e sistematico furto di tempo e la sempre maggiore riduzione di spazi, anche di quelli che fino a qualche anno fa davamo per “nostri”, quindi, devono trovare una risposta sociale e politica.
Non si tratta di allungare la catena di qualche metro, ma di spezzarla!

Redazione CortocircuitO

Nota*

L’attivismo del sindaco e della sua giunta risultano ancor più particolari quando si parla di mobilità, quindi di ATAF e deltunnel TAV che dovrebbe essere scavato sotto Firenze : la prima è stata nuovamente svenduta, spacchettata e servita a Ferrovie dello Stato, che ha pensato bene, attraverso il suo ad. Mauro Moretti, di annunciare decine di licenziamenti e aumentare il biglietto a 1,50€; sul tunnel Tav, invece, Renzi si è dimostrato più subdolo, dichiarandosi contrario in tempi di campagna elettorale salvo, poi, firmare con il presidente della Regione Enrico Rossi l’accordo con le solite Ferrovie, promettendo delle “compensazioni” di 80 milioni di euro circa. Stranezze? No, sono un prodotto delle politiche del PD, che riscuotono apparente consenso grazie agli abili giochi retorici del suo sindaco, il quale non si smentisce nemmeno in tema di case ed emergenza abitativa: gli annunci sul recupero delle caserme abbandonate e il taglio del nastro alle inaugurazioni di qualche decina di alloggi vengono usati mediaticamente per mostrare un impegno dell’amministrazione che in realtà è inesistente (e di questo non ci sorprendiamo).

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