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Dalla Chiesa in azione ad Alessandria

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Il 9 maggio nel carcere di Alessandria tre detenuti sequestrano un medico, un’assistente sociale, sei insegnanti e sei agenti. Polizia e carabinieri circondano l’edificio, i detenuti, Cesare Concu, Domenico Di Bona e Everardo Levrero chiedono di poter lasciare il carcere in un furgone. In serata il governo consente una soluzione di forza di polizia e carabinieri che porta alla morte di due ostaggi.

Il giorno dopo vi è l’assalto, diretto dal generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, che porta all’uccisione di due detenuti e tre ostaggi. Un massacro. Dalla Chiesa non viene destituito, viene anzi nominato plenipotenziario del nuovo sistema carcerario. A lui viene affidato il compito di individuare e predisporre il circuito delle carceri speciali e di sovrintendere alla loro sicurezza. Il Procuratore della Repubblica Reviglio della Veneria commenta: «Un’azione meravigliosa, condotta magistralmente dai carabinieri ». Sette morti.

Il movimento dei detenuti vacillò, anche perché in quel ’74 si contarono altri quattro detenuti uccisi, ma non arretrò. La società civile, quella che si era scoperta riformatrice, invece arretrò lasciando mano libera ai massacratori. E arretrò, inaspettata, perfino la compagine più battagliera del movimento, LC, che aveva fino allora offerto sponda e sostegno al movimento dei detenuti. La Commissione carceri di LC ne chiedeva un potenziamento per far fronte alla repressione dilagante, la segreteria di LC invece ne propose l’unificazione con la Commissione soccorso rosso per realizzare una Commissione sui problemi della giustizia. Nei fatti significava l’abbandono dell’intervento sul carcere. Le argomentazioni dei dirigenti di Lc suonarono come campane a morto: «La situazione era diventata troppo pesante, segnata dalla sfiducia disperata e dal riflusso qualunquistico dei detenuti». I leader di LC sentenziarono che: «Il tentativo di orientare dall’esterno un processo di sensibilizzazione politica e di iniziativa collettiva dei detenuti […] non è ripetibile»

Il ripiegamento di LC, la formazione più numerosa della sinistra rivoluzionaria, avvenne anche nei riguardi di altri settori sociali fino alla riscoperta, nel ’76, della la via elettorale. La repressione dilagò, accompagnata da una pesante stretta

delle condizioni di vita. Si tornò al regime delle celle chiuse. Il Ministero cominciò a lavorare per realizzare un circuito ristretto di supercarceri dove rinchiudere i più riottosi, definiti «di difficile controllo».

La controffensiva reazionaria, quasi un golpe, si attuò con la nascita del governo Moro del 23 novembre ’74. Governo bicolore Dc-Pri, nel quale venne estromesso il ministro Zagari che aveva offerto soluzioni aperturiste e sostituito con Oronzo Reale, quello che produrrà la famigerata «legge Reale» sull’ordine pubblico. Fu proprio quel governo Moro a guidare una decisa svolta a destra su tutti i terreni del conflitto: repressione contro le lotte operaie e di quartiere e le manifestazioni di piazza. Luigi Gui era agli Interni. Quel governo varerà il maggior numero di leggi liberticide.

Nel Parlamento, liberali, missini e destra Dc lanciarono allarmi per il «lassismo» con cui lo Stato affrontava i ribelli nelle carceri: «Non facciamo delle carceri dei soggiorni piacevoli per detenuti».

Vennero tolti dalla riforma i contenuti avanzati e venne introdotto l’art. 90 che permetteva al ministro di sospendere in tutto o in parte i contenuti della riforma qualora si ravvisassero problemi di sicurezza.

Colpi di tale durezza crearono sbandamento nel movimento dei detenuti. Per quelli politicizzati la scelta a quel punto divenne obbligata. A Napoli si riunirono nel Movimento dei proletari emarginati, a Firenze nel Collettivo George Jackson. E quelli furono i due raggruppamenti da cui si formarono i Nap. Vi furono anche le Pantere rosse, formatesi nel carcere di Perugia che si posero da subito la prospettiva combattente.

[…] I Nap iniziarono il loro intervento in un clima incandescente, la polizia sparava contro i rivoltosi e i secondini picchiavano selvaggiamente chiunque protestasse, si moltiplicava l’uso delle più dure punizioni, il letto di contenzione aveva ripreso a funzionare a pieno ritmo massacrando corpi e menti. La prima azione dei Nap: un messaggio diffuso con altoparlanti: «Compagni detenuti il volantino qui allegato è la trascrizione del testo megafonato la notte del primo ottobre 1974 davanti ai carceri di Milano, Roma e Napoli e seguita da un’esplosione che aveva lo scopo di distruggere le apparecchiature trasmittenti.

[…] Compagni e compagne detenuti nel carcere, questo messaggio è rivolto a tutti voi dai Nuclei armati proletari che si sono costituiti in clandestinità all’esterno dei carceri per continuare la lotta dei detenuti contro i lager dello Stato borghese e la sua giustizia; il nostro è un appello alla ripresa delle lotte per il conseguimento degli obiettivi espressi nelle piattaforme dal ’69 in poi. Una ripresa delle lotte nei carceri che ci vede uniti, ora come dal ’69 in poi, al proletariato; contro il capitalismo violento dei padroni, contro lo Stato dei padroni e il suo governo. La risposta dello Stato borghese a cinque anni di lotta dura è stata una crescente repressione e una serie di provvedimenti fascisti tra i quali il raddoppio della carcerazione preventiva e il definitivo affossamento del progetto di riforme penali. […] Noi non abbiamo scelta: o ribellarsi e lottare o morire lentamente nelle carceri, nei ghetti, nei manicomi, dove ci costringe la società borghese, e nei modi che la sua violenza ci impone. Contro lo Stato borghese, per il suo abbattimento, per la nostra auto liberazione di classe, per il nostro contributo al processo rivoluzionario del proletariato, per il comunismo, rivolta generale nelle carceri e lotta armata dei nuclei esterni. […] I nostri obiettivi immediati sono:

  1. a) abolizione dei manicomi giudiziari, veri lager nazisti
  1. b) abolizione dei riformatori minorili, luoghi di violenza originaria sul giovane proletario
  1. c) amnistia generale e incondizionata, salvo che per i reati di mafia e per la sbirraglia nera
  1. d) abolizione immediata della recidiva
  1. e) inchiesta da parte di una commissione non parlamentare, ma composta da compagni, avanguardie di lotta delle fabbriche e dei quartieri sulle torture, sugli abusi e sugli omicidi
  1. f) la verità sul compagno fucilato a Firenze e sulla strage ordinata dal potere e dai suoi servi ad Alessandria.

Viva il comunismo, viva la lotta dei detenuti [ottobre 1974].

Guarda “50 anni fa la rivolta del carcere don Soria di Alessandria“:

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pubblicato il in Storia di Classedi redazioneTag correlati:

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