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BR rivendicano azione Coco a Genova

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Prospero Gallinari legge in aula, a Torino, durante il processo al nucleo storico BR, il comunicato sull’omicidio del giudice Francesco Coco e di due poliziotti di scorta. Durante la settima udienza, alle 16:10 Prospero Gallinari si alza e, come ha annunciato pochi minuti prima, comincia a leggere una dichiarazione da un foglio dattiloscritto.

Il presidente della corte Guido Barbaro cerca di interromperlo grazie all’aiuto dei carabinieri, ma Gallinari prosegue la lettura grazie all’intervento di altri compagni. I brigatisti vengono tutti ammanettati, e il foglio del comunicato tolto dalle mani di Gallinari. La parte non letta verrà trovata addosso agli 11 brigatisti dopo essere stati denudati e perquisiti.

Il pubblico dell’aula viene caricato dalla polizia. Il proclama collega l’attentato terroristico al sequestro Sossi, ma annuncia che con il delitto Coco «si apre una nuova fase della lotta di classe che punta a disarticolare l’apparato dello Stato colpendo gli uomini che ne impersonificano e dirigono la sua iniziativa controrivoluzionaria»; né mancano precisi riferimenti alle imminenti elezioni: «Le elezioni del 20 giugno dovranno stabilire il quadro politico [e] si potrà solo scegliere chi realizzerà lo Stato delle multinazionali, chi darà l’ordine di sparare ai proletari. Chi ritiene oggi che per via elettorale si potranno determinare equilibri favorevoli al proletariato o addirittura creare una alternativa di potere… indica una linea avventuristica e suicida. L’unica alternativa di potere è: la lotta armata per il comunismo».

Ventitré ore dopo la furibonda sparatoria di Salita Santa Brigida una voce di uomo chiama la redazione del “Corriere Mercantile”:

“In Via Cantore, al numero 30 troverete un volantino delle Brigate Rosse. Cercate nella cassetta intestata a Villa.”Il messaggio è in una busta commerciale arancione, in cinque copie, battuto a macchina a “spazio uno” e ciclostilato sulle due facciate.

Testo integrale comunicato di rivendicazione:

“Ieri 8 Giugno 1976 nuclei armati delle Brigate Rosse hanno giustiziato il boia di Stato Francesco Coco e i due mercenari che dovevano proteggerlo. Questa azione realizza i seguenti obiettivi:

dà corpo alla linea strategica dell’attacco al cuore dello stato evidenziando al movimento rivoluzionario che la contraddizione principale di questa fase e quella che oppone il proletariato allo stato in tutte le sue articolazioni coercitive e le sue appendici politiche apparentemente in conflitto dai fascisti assassini di Saccucci ai riformisti e revisionisti. Non ci stupisce affatto perciò che peri compagni comunisti assassinati dalle bande fasciste di Milano e di Sezze e per le decine di operai assassinati sul lavoro in questi giorni non sia stato proclamato dal PCI e dal sindacato neppure un minuto di sciopero mentre per una famigerata canaglia antiproletaria quale è sempre stato Coco sia stato proclamato uno sciopero nazionale. Ciò conferma ancora una volta da che parte stanno i revisionisti e il ruolo consapevole apertamente controrivoluzionario che essi svolgono in difesa dello stato imperialista delle multinazionali.

Sviluppa certamente non conclude l’operazione Sossi il cui scopo era evidenziare dietro la maschera democratica il contenuto ferocemente controrivoluzionario dello stato imperialista. A Coco in tutta la vicenda era stato assegnato, ed egli coscientemente se lo era assunto, il compito di impersonificare fino a diventarne il simbolo questo contenuto. Ma giustiziare Coco non è stata una rappresaglia “esemplare” . Con questa azione si apre una nuova fase della guerra di classe che punta a disarticolare l’apparato dello stato colpendo gli uomini che ne impersonificano e dirigono la sua iniziativa controrivoluzionaria.

All’interno quindi di questo programma giustiziare i due mercenari guardia del corpo è stato assolutamente giusto: essi non erano due figli del popolo ma sgherri al servizio della controrivoluzione . Gli altri mercenari che non vogliono seguire la loro sorte non hanno che da cambiare mestiere.

Dimostra quanto avevamo affermato nel comunicato numero uno letto in questa aula. Il processo alla rivoluzione proletaria è impossibile. Certamente esso passa anche dai nostri tribunali, ma non in veste di imputata. Oggi insieme a Coco anche voi “egregie eccellenze” siete stati giudicati. Dobbiamo precisare infine che la posizione assunta dagli avvocati di regime è di fatto la motivazione con cui loro escono da questo processo. Ne prendiamo atto e li esortiamo perciò ad andarsene. A questo punto la contraddizione ha come poli noi e voi, signori della corte. Le forze comuniste armate sapranno trarne le debite conseguenze!

Onore alla compagna Mara Cagol!

Onore alla compagna Anna M. Mantini!

Onore alla compagna Ulrike Meinhof!

Onore a tutti i compagni caduti combattendo per il comunismo!

Portare l’attacco al cuore dello stato!

 

8 giugno 1976 la vendetta delle Brigate Rosse:

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pubblicato il in Storia di Classedi redazioneTag correlati:

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