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Nasce Gianni Bosio

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Gianni Bosio nasce ad Acquanegra sul Chiese, nella provincia mantovana, il 23 ottobre 1923. Primogenito di Lorenzo Barbato Bosio e Ida Pellegrini, Gianni frequenta le scuole elementari nel paese d’origine. I primi anni delle scuole di avviamento li compie invece a Brescia e Cremona. Successivamente si ‘trasferisce’ al Liceo Scientifico ma, quando viene estromesso dal Convitto Arcivescovile di Cremona, per incompatibilità ideologica, è costretto a ‘migrare’ a Bergamo presso il Liceo Classico ‘Paolo Sarpi’, dove conseguirà la maturità. Nello stesso anno della maturità (1943) si iscrive all’Università di Padova: facoltà di Lettere e Filosofia.

A Padova completa il piano di studi sino all’inizio del quarto anno allorché si trasferisce alla Statale di Milano. Proprio a Milano, e in seguito ai contatti con Antonio Banfi, accresce il proprio interesse per la storiografia. A 23 anni, con tutti gli esami superati e la tesi di laurea preparata (“Storia del marxismo in Italia sino al 1862”), decide di non discutere la tesi e non conseguire la laurea. Nel corso della propria attività, Bosio ha dato vita e collaborato a numerose pubblicazioni. Anche durante “l’era fascista”. Sono di quel periodo ‘Noi Giovani’- organo dell’omonimo gruppo clandestino di Acquanegra; ‘Chiaroscuri’ – Bergamo ’; ‘Eccoci’-Cremona; per l’Editrice «Terra nostra» di Mantova pubblica “Il Manifesto dei comunisti”. Nel dopoguerra collabora a: ‘Terra Nostra’, settimanale del Socialismo mantovano, all’edizione milanese de “L’Avanti!”, all’organo della federazione milanese del Psi ‘Il Proletario’. Nei primi mesi del ’46 è redattore di “Quarto Stato”, pubblicazione fondata e diretta da Lelio Basso. Nell’inverno ’49 ‘fonda’ “Movimento Operaio”. Nel ’62, dopo aver ridato fiato alle Edizioni Avanti!, riesce ad ottenere, per le stesse, una autonomia formale ed economico-amministrativa dal Psi. Al momento della scissione (1964) del Psi, e conseguente nascita del Psiup, aumenta gli sforzi per ottenere totale autonomia dal partito di Nenni; ciò gli riesce e con i colleghi delle Edizioni Avanti!, che proseguiranno la loro attività con il nuovo nome di “Edizioni del Gallo”, approfondisce e riconduce nell’alveo della cultura proletaria nuovi filoni di ricerca.

Per raggiungere tali obiettivi fonda l’”Istituto Ernesto de Martino per la conoscenza critica e la presenza alternativa del mondo popolare e proletario” e parallelamente ad esso si esibisce con il “Nuovo Canzoniere Italiano”.

Bosio cercò di coniugare alcune delle sue feconde intuizioni con la realtà concreta del movimento d’opposizione antagonista: “Il lavoro culturale non può che trasformarsi in lotta politica”, afferma Bosio. E la cultura è soprattutto quella del popolo: le mascherate, i maggi, ma anche e più semplicemente, il gioco della morra o i canti in osteria con il solo accompagnamento di fisarmoniche e posate da cucina; oppure ancora il ‘fischio della beverata’ attuato dai paesani durante le lotte agrarie condotte cascina per cascina, nella Padania verso la fine degli anni quaranta, e altre iniziative attuate in anni più recenti dagli operai in lotta: l’occupazione delle fabbriche, lo sciopero selvaggio o il ‘salto della scocca’. L’attività di scandaglio di Bosio è ancorata alla metropoli, alla città, alla classe operaia; questo perché egli partiva dall’assunto che il capitalismo perseguiva ”con coerenza spietata lo spopolamento delle nostre campagne”. Questa teorizzazione trova più chiara esplicazione in un suo scritto del 1966: “Le ricerche e gli studi sul mondo popolare si muovono all’interno del mondo contadino; un mondo destinato a perire in quanto autonomo e determinante della società italiana […] L’egemonia della città sulla campagna, come forma adatta di dominio e di espansione del capitalismo contemporaneo, pone questi studi di fronte ad una scelta: o si riducono a disciplina tradizionale, cioè si atrofizzano, o si trasformano in mezzo per la conoscenza della società contemporanea […] La campagna, dissolta, può servire a far capire la città: ma la città fa giustizia della campagna. La città è dominata, diretta e organizzata dal profitto”.1

Bosio è il precursore – insieme, ma in maniera diversa e distinta, a Danilo Montaldi della ‘ricerca sul campo’, dell’ inserimento della ‘storia orale’, del recupero e riproposizione dei canti popolari (quelli di piazza/strada e d’osteria) operai-contadini, politici e sociali, tra gli strumenti di lotta, sviluppo e progresso, delle classi subalterno. La rottura definitiva con Montaldi si consuma con la mancata pubblicazione, da parte delle Edizioni Avanti!, di “Autobiografie della leggera”.

“Dopo di allora, ignorando reciprocamente ciò che facevano, Montaldi continuò a ricercare come se il marxismo fosse un sistema di conoscenza sociologica, Bosio come se il marxismo fosse la concezione materialistica della storia”.

Dopo essere stato consigliere delegato delle Edizioni Avanti! Animatore di case editrici non ortodosse (Edizioni del Gallo, Edizioni Bella Ciao), direttore di riviste ‘socialiste’ (Quarto Stato, Il Labriola, Mondo Operaio) poco allineate con la linea ufficiale del Psi, collaboratore di “La Classe” e “Quaderni Rossi”, produttore de “I Dischi del Sole” (il primo disco, DS 1, esce nel 1963) e di spettacoli (all”Umanitaria’ di Milano si allestisce, nel 1962, la prima rappresentazione di “L’altra Italia. Canti del Popolo italiano” curata da Roberto Leydi e Tullio Savi, con Fausto Amodei, Sandra Mantovani e Michele Luciano Straniero. Anche se il più famoso, ed importante, sarà ‘Bella Ciao’, presentato al Festival dei due Mondi di Spoleto nel 1964, fondatore, con Roberto Leydi, del Nuovo Canzoniere Italiano: inteso come rivista (il primo numero è del luglio 1962) e strutturazione di più ‘individui’ e gruppi musicali-teatrali; con il contributo anche di Alberto Mario Cirese, dell’Istituto Ernesto de Martino (1967), promotore delle Leghe di Cultura.

Oltre ai molti articoli e collaborazioni con quotidiani, settimanali, riviste con periodicità variabile, è autore di pubblicazioni significative, ormai difficilmente reperibili: “Giornale di un organizzatore di cultura” (27 giugno 1955- 27 dicembre 1955) del 1962; “Elogio del magnetofono. Chiarimento alla descrizione dei materiali su nastro del Fondo Ida Pellegrini” (1966) forse il suo saggio più importante riguardante la cultura orale e una chiave di lettura indispensabile ai 655 nastri del suo fondo di registrazioni, che aveva chiamato con il nome della madre ; “L’intellettuale rovesciato. Interventi e ricerche sulla emergenza d’interesse verso le forme di espressione e di organizzazione ‘spontanee’ nel mondo popolare e proletario” che viene pubblicato in primo conio dalla Lega di Cultura di Piadena, come ‘quaderno n. 3-maggio 1967’. Ed è un ciclostilato di 183 pagine. La seconda edizione (che, però, è indicata come prima edizione del novembre 1975) è pubblicata-con una nota introduttiva di Cesare Bermani e Clara Longhini Bosio – nella collana ‘Strumenti della cultura di classe’ dalle Edizioni Bella Ciao di Milano, a cura, si precisa, dell’Istituto Ernesto de Martino per la Conoscenza Critica e la Presenza Alternativa del Mondo Popolare e Proletario fondato da Gianni Bosio.

Il trattore ad Acquanegra. Piccola e grande storia in una comunità contadina” è l’opera postuma, ed incompiuta, ritenuta “…il primo lavoro che Bosio concepì con l’uso di testimonianze orali e poi di narrazioni orali…era quanto ci voleva per tentare di fare ‘storiografia marxista attraverso la ricerca metodica, lo spirito critico, cioè opponendo il fare, la produzione, alla polemica, all’intenzione’” . Cesare Bermani è stato, anche uno dei più stretti collaboratori di Bosio, ha raccolto, riordinato, sistemato gli scritti sparsi lasciati dall’autore e che coprono un periodo molto lungo, dal 1962 sino alla scomparsa (1971) . Storici, politici, militanti e anche i collaboratori più vicini, attribuiscono a Gianni Bosio la qualifica di ‘marxista critico’, formato e cresciuto, cioè, nel solco teorico tracciato e sviluppato da Rosa Luxemburg e Karl Korsch. Ma questa collocazione è abbastanza strana e stride con quanto Bosio scrive e teorizza già nel gennaio 1948. Così, dopo aver ribadito che “Oggi è la classe che, come classe dirigente, deve imparare a pensare in termini di massa…Deve agire in termini di massa se vuole trasferire la democrazia su un terreno nuovo, sostanziale oltre che formale, sociale oltre che politico” . Bermani, in ‘Attualità di Gianni Bosio’, a proposito di questo ‘pensiero’, chiarisce: “Un moderno partito marxista-leninista cioè, basato sul centralismo democratico, che alle sezioni territoriali affianca organizzazioni capillari (nuclei di strada, nuclei di fabbrica)”. Quanto di più ortodosso e in linea con la teoria e la pratica della maggior parte dei Partiti Comunisti, non solo ‘occidentali’.

Guarda “In ricordo di Gianni Bosio, intellettuale “rovesciato”“:

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