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Indiani occupano Alcatraz

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Nelle prime ore di una fredda mattina autunnale una manciata di indiani sbarca sull’isola carceraria abbandonata di Alcatraz e in lettere cubitali scrive sui muri dell’ex carcere “You are on Indian Land.” Il giorno successivo reclamano i propri diritti sull’isola in base al Contratto di Fort Laramie del 1868, secondo il quale gli Indiani possono reclamare per sé terreni pubblici non utilizzati. In cambio offrono al governo USA lo stesso prezzo che 300 anni fa “l’uomo bianco pagò per l’acquisto di un’isola simile” (Manhattan), e cioè 24 dollari in perline di vetro.

L’occupazione colpisce nel segno la nazione già provata dalle proteste contro la guerra e si accorge per la prima volta della disastrosa situazione degli Indiani d’America. Nel 1969 quasi il 40% dei circa 800.000 indiani è disoccupato, il 70% vive nelle bidonville e il salario annuo medio di una famiglia indiana è di circa 1.500 dollari, cioè un quarto della media nazionale. Le condizioni di vita degli Indiani d’America determinano anche la bassa aspettativa di vita di soli 46 anni, un terzo in meno rispetto alla media statunitense di 71 anni.

Secondo il movimento degli Indians of All Tribes (Indiani di tutte le tribù), Alcatraz corrispondeva alla concezione dei Bianchi di una riserva perfetta: isolata dalla civilizzazione moderna, con un’infrastruttura sanitaria insufficiente, senza alcuna risorsa naturale, senza industria e quindi con un alto tasso di disoccupazione, senza alcuna struttura adatta alla prevenzione sanitaria, senza scuole e con un terreno talmente povero da non riuscire a nutrire nessuno.

Nell’anno e mezzo di occupazione della nuova terra indiana Alcatraz, migliaia di attivisti indiani e simpatizzanti si recano sull’Isola dei Pellicani per esprimere la propria solidarietà con il movimento. Su Newsweek si legge che “Alcatraz ha significato il risveglio dell’orgoglio indiano ed è diventata simbolo della liberazione dell’uomo rosso”. Alcatraz ha rafforzato la riscoperta dei valori tradizionali e la resistenza contro l’assimilazione, ha innescato un aumento dell’attivismo rosso e quindi ha dato inizio all’era del “Red Power”, che durerà dal 1969 al 1978.

L’American Indian Movement (AIM), la più radicale delle organizzazioni native, si guadagna l’attenzione dei mezzi di informazione. Con le sue azioni spettacolari riesce a catturare l’attenzione dell’America bianca per la situazione misera in cui versa la popolazione nativa. L’azione di protesta pan-indiana più spettacolare, alla quale l’AIM ha partecipato in modo decisivo, è forse il “Trail of Broken Treaties” (Viaggio degli accordi disattesi): una colonna di auto formata da diverse organizzazioni indiane che attraversa l’intero continente per finire in novembre 1972 con l’occupazione non programmata dell’ufficio del BIA a Washington. Lo scopo della marcia era di ottenere misure decisive a favore degli Indiani. Quando i 500 attivisti lasciano dopo una settimana di occupazione l’ufficio del BIA, questo è completamente distrutto. Il BIA è fin dalla sua fondazione nel 1824 simbolo della sottomissione dei popoli nativi.

A fine febbraio 1973 si arriva all’occupazione di Wounded Knee, tristemente famoso per essere stato il luogo in cui nel 1890 si è compiuto l’ultimo massacro di Indiani. Durante i 71 giorni di occupazione gli attivisti dell’AIM si scontrarono con armi da fuoco con il FBI e il corpo degli US-Marshal. Nonostante gli attivisti non riuscirono a far valere le richieste di riforme, l’azione ispirò altre occupazioni. Seguirono infatti l’occupazione durata sei mesi di un ex-campeggio per ragazze vicino a Moss Lake nello stato di New York (1974), l’occupazione armata durata cinque settimane di un istituto per novizi situato vicino alla riserva Menominee nel Wisconsin (1975), gli otto giorni di occupazione di un impianto industriale nella riserva dei Navajo nel Nuovo Messico (1975) e la settimana di occupazione del carcere minorile da parte dei Puyilup nello stato di Washington (1976). L’ultimo grande evento della protesta indiana si ha nel luglio 1978, quando centinaia di Indiani di diverse nazioni arrivano a Washington dopo aver attraversato per cinque mesi tutta la nazione da est a ovest. Con la “Marcia più lunga” (Longest Walk) manifestano con successo contro tutta una serie di proposte di legge ultraconservatrici presentate nel 1978 al Congresso. Tra i vari disegni di legge figurano anche la proposta di sciogliere tutte le riserve indiane, di annullare tutti gli accordi siglati, di rafforzare l’autorità statale e federale nelle riserve e di limitare i diritti indiani alla pesca e alla caccia.

La marcia del “Longest Walk” è l’ultima manifestazione di massa indiana del “Red Power” . Senza dubbio però il movimento “Red Power” degli anni ’60 e ’70 ha esercitato e continua ad esercitare una fortissima influenza sull’immagine di sé dei Nativi Americani.

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