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Cercavi giustizia, trovasti la legge

Nella scala dei colori  tipografici, nella quadricromia più precisamente, l’arancione si compone del 50% di magenta e del 100% di giallo. Una miscela sbilanciata verso il giallo insomma, che si accoppia con il rosso per darsi una tonalità altra.
Traducendo politicamente tale scala si può comprendere meglio il percorso arancione di #cambiare si può (o si poteva?).

Sembra strano ma i colori, nella sinistra dei sinistri hanno sempre rappresentato qualcosa. A partire dal Rosso sempre più sbiadito nel tempo, rinvigorito solo da nomi altisonanti come comunista o comunisti, per passare all’arcobaleno che aveva la capacità di contenerli tutti facendo però alla fine solo confusione. Oggi l’arancione, con un richiamo ai fantomatici miracoli di De Magistris e Pisapia, che nel tempo si sono rivelati normalissimi percorsi da ceto politico in spolvero rispetto agli avversari, nulla di più. Scegliere di rappresentare quelle elezioni comunali è già di per sé una mossa vecchia, non adeguata ai tempi di crisi che viviamo, che sono veloci e dirompenti, cancellando passati recenti nella realtà e anche nella percezione comune.

Però si sa, mettiamo tutto assieme che qualcosa ci porta. Devono aver pensato i segretari dei partiti della sinistra in liquidazione, non capaci di federarsi nemmeno per qualche anno. E perché no mettiamoci anche Di Pietro, tagliato fuori dal giro che conta e in cerca di una nuova verginità.

Oggi leggendo le pagine facebook e il sito di #cambiare si può emergono tutti i limiti dell’ennesimo progetto politico nato morto, incapace di avere qualche minimo carattere di novità e alternatività rispetto al resto. Leggiamo di tanti “se” e “ma” dovuti all’incontro con la lista Ingroia, lanciato nella rivoluzione civile, che nel nome della costituzione, spiega a una rappresentanza degli arancioni (con ex magistrato annesso) di stare al proprio posto e mettersi in coda all’avventura del PM.

Votazione online come si conviene oggi e risposta stizzita dei portavoce incaricati della trattativa con la gara a chi puzza meno di vecchio.

Esperienza finita anche se continuerà, c’è poco da fare. Poco male mi viene da dire, l’unico dispiacere è per quei militanti e quelle militanti degli ex partiti di sinistra delusi e depressi per l’ennesima volta, che però dopo tutte queste batoste potrebbero anche iniziare a porsi delle domande.

C’è un piccolo problema di fondo che vale la pena ragionare in questa vicenda del 50% di magenta e del 100% di giallo. Ancora una volta, l’ennesima, si costruiscono percorsi che puntano a rappresentare ancora prima di essere. Mosse di riciclaggio di un ceto politico (nuovo o vecchio che sia) incapace di guardare oltre al proprio modellino preconfezionato o la propria immagine allo specchio. E’ vale per tanti, non solo per i poveri segretari di partito che tirano avanti la carretta, vale per veri e finti intellettuali, autori di libri, blogger e altri.

Cambiare si può se si cambia veramente, se si provasse prima a sporcarsi un po’ le mani nelle lotte e nei movimenti prima di volerli rappresentare.

Del resto, continuando a fare un’analisi grafica di questa vicenda, il partito di Ingroia che si prefigge la Rivoluzione Civile porta nel simbolo (esteticamente brutto, molto brutto) l’effige del Quarto Stato. Il problema è che quei contadini e quelle contadine avrebbero trovato il ceto politico, magistrati compresi, a giudicarli e farli arrestare in caso di tentativo di rivoluzione per il pane.

+’ Militant


Leggi anche:

Cambiare si può. No, si poteva

Le danze di arancioni e sinistri vari

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