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“Compassione, pietà, ribrezzo, odio di classe….”

di Elisabetta Teghil

Il primo maggio, sugli schermi televisivi, in ogni canale possibile, sono passate le immagini dell’inaugurazione dell’ Expò 2015 a Milano. Te le trovavi davanti dovunque, anche se cercavi semplicemente le previsioni del tempo. Non c’era scampo.

Vedere quelle immagini ed essere colta da una stretta allo stomaco è stato tutt’uno.

Ho avuto pietà per quelle bambine e quei bambini che cantavano l’inno di Mameli con una mano sul cuore, gettate/i in pasto alla propaganda da genitori  senza scrupoli, al servizio di chi sta costruendo  per loro un futuro di miseria.

Ho avuto compassione, mista a conati di vomito, per quei lavoratori in fila con la bandiera italiana piegata in mano, con il casco e la pettorina da cantiere…un anziano…una donna…un nero…un nepalese…rappresentanti ognuno di una modalità specifica di oppressione e sfruttamento accomunata da quella del lavoro. Servi felici? Schiavi rassegnati? Sciocchi strumentalizzati? Non so, ma una cosa è certa: erano l’incarnazione di un asservimento volontario che è tradimento della propria classe, del proprio genere, della propria razza, intese come categorie politiche e non certo naturali.

Vergogna e rabbia per loro, ribrezzo per tutte le immagini del potere che si susseguivano all’ingresso, in platea, sul palco…magistrati…politici…poliziotti..prelati…presidenti…giornalisti..deputati…industriali…personalità straniere… penose manifestazioni canore….. una sagra di paese per la santificazione delle multinazionali e un inno all’arroganza della borghesia.

Al centro di tutto, l’ “albero della vita”, simbolo ipocrita dell’altrettanto ipocrita titolazione dell’Expò ”Nutrire il pianeta” che altro non sta a significare se non distruzione, rapina, predazione delle risorse umane e naturali, guerre neocoloniali, sfruttamento, militarizzazione…uno scenario di morte in cui si muovevano scheletri con l’ermellino come nella Camera dei Lord de “La classe dirigente”.

La vita vera stava altrove,  era fuori, nelle strade di Milano, in tutte quelle e in tutti quelli che non accettano, che non ci stanno, che vogliono riprendersi tutto…le case..le strade..le scuole..gli ospedali..i tempi e i modi della vita e del desiderio.

Milano il primo maggio era divisa in due: la morte abitava dentro l’Expò, la vita stava fuori e troverà mille e mille modi di manifestarsi e di dimostrarlo ancora anche contro quei fantasmi, quella parvenza di umani che sono usciti dalle tane quando la manifestazione è finita e si sono messi a ”pulire Milano”.

Mi hanno ricordato la marcia dei colletti bianchi della Fiat nel 1980 e, allo stesso tempo, la maggioranza silenziosa, perbenista e reazionaria che ha mandato al potere il fascismo negli anni venti.  La sintesi tra  politicamente corretto e ipocrisia della socialdemocrazia riformista con i valori neoliberisti ha prodotto ombre di esseri umani che hanno perso qualsiasi dignità e consapevolezza e che si beano di una schiavitù volontaria. Pulite, pulite, pulite bene, togliete le tracce dei migranti affogati, dei cie, dei lavoratori caduti dalle impalcature, di chi dorme sotto i ponti, di chi non ha casa, pulite come pulivate le tracce dei campi di concentramento, pulite come quando denunciavate i partigiani…continuate a pulire bene, forse i padroni del mondo vi getteranno qualche osso spolpato come ricompensa.

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