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17 giugno: tre manifestazioni in difesa dei territori

Questo sabato 17 giugno vi saranno tre importanti mobilitazioni intrecciate dal filo comune della difesa e cura dei territori.

In Val Maurienne in Francia si terrà la marcia “Il Risveglio delle Montagne” co-organizzata dal Movimento No Tav, da Les Soulevements de la Terre e dal sindacato francese SUD. A Bologna invece avrà luogo la manifestazione “Diecimila stivali per la ricostruzione sociale dei territori”, una mobilitazione per riaffermare le cause reali dell’alluvione in Emilia-Romagna e rivendicare le necessità di una ricostruzione diversa che sia cura e salvaguardia del territorio. Infine a Torre Faro il Movimento No Ponte tornerà in piazza per manifestare in difesa dello Stretto di fronte agli appetiti speculativi che lo minacciano.

Cosa accomuna queste tre mobilitazioni?

  1. L’approfondirsi della crisi climatica: stiamo iniziando a cogliere materialmente i frutti avvelenati del cambiamento climatico. L’alluvione in Emilia Romagna, come scrivevamo qui, è la testimonianza del generalizzazione e cronicizzazione sul nostro territorio di questo fenomeno. Intere porzioni d’Italia sono state devastate, cambiate nella loro morfologia ambientale e sociale. Ed il processo è ancora all’inizio, a cosa dovremo ancora assistere? Eppure nel nostro paese non c’è alcuna intenzione di prendere atto di questo processo, nonostante la consapevolezza diffusa, nè a monte, tagliando le emissioni, nè a valle, attrezzando i territori ad affrontare i disastri sempre più frequenti. Il governo continua ad incentivare l’uso di combustibili fossili con la scusa della guerra, spende volentieri miliardi in grandi opere inutili ed ecocide mentre basta un giro in qualsiasi provincia italiana per rendersi conto dello stato di salute dei territori e dei rischi che corre la popolazione. In cima all’agenda della politica vi è solo la soddisfazione degli appetiti predatori di speculatori di ogni risma.
  2. La cementificazione: La cementificazione del territorio ha avuto un ruolo drammatico nell’alluvione in Emilia Romagna. Ormai la comprensione del ruolo del cemento nell’inquinamento ambientale, nell’impermeabilizzazione dei suoli, nell’amplificazione dei disastri è ampiamente studiato e verificato. Il cemento è una delle basi delle forme preferite di speculazione capitalistica. Vediamo sorgere ovunque nuovi capannoni della logistica, vediamo un PNRR infarcito di opere inutili e dannose che spargeranno ulteriore cemento su un territorio fragile come quello italiano da Nord a Sud. In Val di Susa uno dei pochi boschi di media valle, importante polmone verde, è stato abbattuto per fare spazio ad una colata di asfalto e cemento che dovrebbe diventare il nuovo autoporto, a Chiomonte intanto si predispongono i lavori per costruire uno svincolo autostradale che dovrebbe essere utilizzato esclusivamente dei mezzi di cantiere e dalle forze dell’ordine e tutto questo cemento riguarda solo i lavori propedeutici all’opera. Tra Sicilia e Calabria si vorrebbe cantierizzare un’opera faraonica all’interno di uno degli ecosistemi più complessi del paese, in una zona sismica ed estremamente ventosa. Quello di cui stiamo parlando è la dimostrazione fattuale che il modello di sviluppo che ci è imposto è sempre più incompatibile con la vita stessa.
  3. Dove vanno i nostri soldi? Oggi sarebbe necessario come non mai rivedere le priorità con cui vengono spese le tasse versate dai cittadini. Tra guerra, crisi sociale e climatica, c’è una minuscola parte di paese che continua a vivere nell’abbondanza foraggiata dai governi che si susseguono per continuare la loro opera di speculazione. Questo accade mentre la maggioranza della popolazione si misura con una mancanza cronica di servizi, con territori sempre più insicuri ed a rischio, con una sanità ed una scuola sempre più fragili. A cosa serve un secondo collegamento tra Torino e Lione se alcuni paesi degli Appennini non hanno più le strade? A cosa serve un Ponte sullo Stretto se in Sicilia non ci si può curare decentemente?

Il 17 sarà una giornata importante per ribadire tutto ciò e per rilanciare su una prospettiva differente, in cui al centro ci siano le reali necessità dei territori e una seria capacità di affrontare la crisi climatica.

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