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NoMuos: ecco il ricorso italiano. Alla forza e alla legge

Stamattina, nuove tensioni a Niscemi. Tafferugli e scontri quando i poliziotti usano la forza per rimuovere il blocco, sollevando di peso le persone sdraiate sulla strada, fuori dalla base. Anche se in realtà trattasi di un’ormai consolidata routine. Anche oggi infatti, il solito convoglio di operai e militari, si avvale dell’ausilio delle forze dell’ordine italiane per forzare i blocchi composti da nonni, mamme e ragazzi per accedere alla base a svolgere il proprio “sporco” lavoro. È quindi servito anche oggi il solito ricorso alla forza poliziesca per garantire agli americani il diritto alla devastazione e al calpestamento delle istanze della popolazione locale. Paradossi della legge e di questo sistema di potere ed interessi.

 

Nel frattempo, un paio di giorni fa, all’indomani della scarcerazione di Turi e Nicola (i due attivisti arrampicatisi sulle antene dentro la base), alcune testate giornalistiche riprendono una annunciata notizia. Tutto come previsto; o quasi: il 20 aprile è stato depositato al Tar il ricorso contro la revoca alle autorizzazioni per la costruzione del Muos. Il riferimento è all’atto con cui, dal 29 marzo, diventava esecutiva la sospensiva voluta dalla Regione siciliana che avrebbe dovuto fermare i lavori all’ interno della base Usa di Niscemi fino almeno a fine maggio e fino alla pubblicazione dei risultati dello studio sugli effetti nocivi delle onde elettromagnetiche prodotte dall’impianto. Prima udienza, il 10 maggio. Tutto ciò era previsto e preventivabile. Ma da sottolineare sono due aspetti politicamente significativi. Il primo è infatti legato al soggetto ricorrente: non gli Usa ma il Ministero della difesa italiano. Lo stesso ministero ha inoltre richiesto al Tar un rimborso (pari a 25000 euro al giorno) per il ritardo nei lavori causato dalla scelta del governo regionale di Crocetta.
Se era quindi prevedibile un simile atto è la tempistica e la modalità a determinare nuove valutazioni politiche. La scelta del ministero è sì di accellerare – i lavori non sono stati mai realmente bloccati e ora avranno tutta la legittimità anche legale per riprendere – ma anche di fare un regalo al nuovo governo (se e quando Letta riuscirà a formarlo) che così si ritroverà già risolta la grana. Ora dovremo capire le contromosse della politica isolana.
Altro dato da sottolineare è come questa mossa delegittimi in anticipo il lavoro della commissione scientifica affermando che questa non avrà alcun peso reale nelle scelte istituzionali. Se già erano diffusi i dubbi sulla reale indipendenza di questo studio, oggi il ministero ci dice che “fa o non fa male si deve comunque fare!”

In termini di mobilitazione cambia poco. Alla favola del blocco garantito per via istituzionale non ha mai creduto nessuno e i presidi (la revoca dal basso) hanno continuato a portare avanti la protesta fino proprio a stamattina. Anzi, ora che Roma si è espressa intermini inequivocabili, è più chiara a tutti la geografia delle forze in campo il che può aiutare a definire agenda e contenuti della mobilitazione. Anche a questo del resto si era preparati: che il governo e i suoi burocrati potessero dimostrarsi liberi dal giogo statunitense (dell’economia della guerra) nessuno lo avrebbe mai potuto pensare.

La lotta è quindi lunga, ma non fa paura.

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pubblicato il in Crisi Climaticadi redazioneTag correlati:

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