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Il castello incantato di Griseri

Un castello di mutui da 8,2 miliardi di euro con la possibilità di coinvolgere i privati e la Bei nel finanziamento. Al vertice di Annecy di sabato scorso Jan Brinkhorst, Louis Besson e Mario Virano hanno cominciato a mettere a punto il motore economico che dovrà accompagnare nei prossimi anni i cantieri del tunnel di base e delle due stazioni internazionali, quella di Susa e quella, speculare, di Saint Jean de Maurienne. Lo schema dovrà essere sottoposto nei mesi prossimi ai tecnici di Bruxelles.” (così l’incipit di una corrispondenza di Paolo Griseri su Repubblica di ieri 12 agosto).

Il Griseri ha cominciato la sua carriera di cronista come ragazzo di bottega nella redazione torinese del “quotidiano comunista il manifesto”…Ma non sembra essersi giovato dell’insegnamento dei Pintor, Parlato, o di quello – se possibile ancora più rigoroso – di Rossana Rossanda…Per sua fortuna trovò relativamente presto un impiego assai meglio retribuito e più vicino alle sue corde nella redazione sabauda di Repubblica alla scuola di Salvatoretropea…

Che al Griseri si debba – quindi – l’ultimo dei grandi ripescaggi nella storia infinita della Lyonturin ferroviaria, “il coinvolgimento dei privati” non deve stupire. Perché se è vero che basterebbe che chiedesse al suo editore – Carlodebenedetti – se rischierebbe un solo cent del suo patrimonio (magari prelevandolo dal risarcimento milionario del Lodomondadori versato a suo tempo da Silviosantanché) nella più Grandeopera del secondo millennio, è improbabile che possa farlo. Intanto perché non credo che il padrone di Repubblica parli abitualmente coi suoi dipendenti.  Ma anche perché il cronista subalpino sa da se e perfettamente che questo – come tutti gli altri slogan su cui è stata costruita questa truffa paradigmatica ai danni dei cittadini è falso. Si tratta del periodico riciclaggio di  “consigli per gli acquisti” a favore delle lobby che i suoi colleghi di sponda milanese Stella&Rizzo hanno discutibilmente ma con grande successo battezzato “casta”. Slogan che vanno, vengono, ritornano, ma non come le nuvole di Fabrizio De André, ma come gli incubi ricorrenti di cui sono foderati i lettini degli psichiatri.
Un’opera di volta in volta ecologica perché sposterà le merci dalla gomma al ferro (a costo di un default termodinamico), che ci collegherà all’Europa (salvo che nel resto del continente non hanno nessuna intenzione di collegarsi ad essa), che rilancerà la crescita (ma gravando sul debito pubblico soprattutto con una tale moltiplicazione di interessi da far impallidire lo spread), che creerà occupazione (anzi l’ha già creata – soprattutto un reddito principesco in questi vent’anni, ma essenzialmente devoluto alla casta…E anche un po’ alle cosche…).

Non so se il meglio collaboratore piemontese di Eziomauro sappia scrivere (non ho titoli per pronunciarmi al riguardo…), ma verrebbe da pensare che non eccellesse in aritmetica (come molti suoi colleghi – cosa del resto certificata da una autorevole ricerca USA di qualche anno fa)… perché ,- forse per dimostrare gratitudine per l’invito esclusivo sulle rive del Lago della “petite Venice de France” – aggiunge qualche dettaglio contabile: “Se le previsioni verranno rispettate, se cioè l’Europa concederà davvero il promesso finanziamento al 40 per cento, la divisione delle spese per il tunnel di base e le due stazioni dovrebbe prevedere 2,8 miliardi a carico dell’Italia, 2,2 a carico della Francia e 3,2 finanziati dall’Europa. Francia e Italia, per far fronte ai rispettivi debiti, stanno cercando di coinvolgere la Bei, la Banca europea degli investimenti, che dovrebbe concedere ai due Paesi un mutuo trentennale.”

Ecco svelato il trucco: i cantieri (quelli per la messa in scena a garanzia del reddito bypartisan dei primi vent’anni di progettisti e trivellanti delle quattro “discenderie”) sono stati e saranno finanziati dagli Stati con soldi che non c’erano ma “con la garanzia che ci saranno”…Così come la “redditività promessa del megatunnel che neanche la più benevola delle analisi costo-benefici è riuscita a dimostrare! I soldi dei privati rischiano di essere solo quelli dei cittadini cui le banche sbologneranno i titoli tossici (né più ne meno come avvenuto per il tunnel sotto la manica fallito due volte e “salvato” la terza, ma sempre e solo a spese dei pantaloni delle due sponde della Manica. L’ultimo “soccorso” è stato curato da Goldman Sahs, un nome, una garanzia!).

Ecco perché (come avviene del resto sul resto della rete Tav in Italia, ma comincia ad avvenire persino nella Francia di Libertè, Egalitè & TéGéVé) a correre sui binari delle costosissime linee veloci sono soprattutto gli interessi sul debito su cui (anche grazie alla “generosità” della Bce di Draghi) lucrano i colossi bancari (dai piedi d’argilla) di tutta la UE (ma anche della extracomunitaria Svizzera e – come detto – qualche mostro finanziario d’oltreoceano).

Solo un cronista della Torino dei sindaci postcomunisti con la vocazione di banchieri, e con lo sguardo (quello sì) costretto in un cul de sac (che nessun traforo potrà mai aprire verso orizzonti più sgombri da ostacoli politici e culturali), può credere che i soldi della Banca Europea degli Investimenti (altro bel carrozzone degno della peggior Cassa del Mezzogiorno di consacivista memoria) possano dimostrarsi sufficienti “a controbattere alle accuse di voler realizzare un’opera faraonica dai costi esorbitanti”. “Montaggio finanziario” lo aveva definito Rainer Masera (presidente della Commissione Intergovernativa fino allo scorso anno, misteriosamente dimissionato per far posto all’onnipotente Virano)…E lui che, se non altro, era un banchiere di razza, di montaggi se ne deve intendere.

http://claudiogiorno.wordpress.com/2013/08/13/il-castello-incantato-di-paologriseri/

Un articolo utile per approfondire. La Commissione europea e il governo italiano hanno definito due nuove iniziative finanziare per rilanciare le grandi opere in Italia e in Europa. E rendere le infrastrutture sempre più appetibili per i mercati finanziari, scaricandone il costo sulle spalle dei cittadini. Come funzionano e a chi servono le grandi opere, incluse quelle “inutili”?
Ne parliamo nella scheda “Il business delle grandi opere. Come e perché i mercati finanziari investono in grandi infrastrutture” a cura di Elena Gerebizza e Antonio Tricarico.
http://www.recommon.org/?wpdmact=process&did=Ni5ob3RsaW5r


Fonte: democraziakmzero.org

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pubblicato il in Crisi Climaticadi redazioneTag correlati:

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