InfoAut
Immagine di copertina per il post

USA: la rivincita del precariato

||||

Dire che gli Stati Uniti sono uno dei paesi al cui interno è più acuta la conflittualità sociale può sembrare un paradosso, oppure un’affermazione scherzosa. Invece è proprio così. Ciò significa che i sindacati americani, in maggioranza conservatori ma combattivi, stiano riconquistando l’antica potenza? Niente affatto, è vero il contrario. La colossale AFL-CIO somiglia all’ombra di ciò che era stata.

di Valerio Evangelisti da Carmilla

Riassumo una storia complessa e, per tanti versi, gloriosa. La prima organizzazione dei lavoratori americani, a fine Ottocento, si chiama Knights of Labor, è una società segreta molto vasta (e non troppo segreta). I suoi dirigenti, però, si sentono attratti più dalle sirene della politica che dai conflitti di lavoro. Perdono credibilità. Sono sostituiti ed emarginati, fino a estinguersi, da una forza più agile e forte: la AFL, Federazione americana del lavoro. Il suo fondatore, l’ex sigaraio Samuel Gompers, allora di idee socialdemocratiche, raggruppa i lavoratori più qualificati per categoria, gelosi della propria abilità e delle proprie prerogative salariali.

È una scelta infelice, perché all’interno di uno stesso ramo industriale, o addirittura entro una stessa azienda, sorgono sindacati quasi artigianali in perenne concorrenza reciproca. Gompers è categorico: vanno tenuti alla larga i lavoratori non qualificati e precari, visti come minaccia allo status acquisito dagli operai professionali. La AFL impone quindi costose quote d’iscrizione, capaci di allontanare i paria, e in cambio garantisce ai suoi paghe sempre migliori e un embrione di assistenza sociale.

Di opinione assolutamente opposta è la IWW, Industrial Workers of the World, organizzazione fondata nel 1905 che si richiama al sindacalismo rivoluzionario. I lavoratori vanno organizzati non per mestiere ma per settore industriale, anche perché è lì che prende forma una società socialista futura; gli operai meno stabili, più deboli, meno qualificati hanno diritto al primo posto, dato che rappresentano le trasformazioni in corso della società statunitense e sono numericamente maggioritari.

L’intuizione è giusta, ma la sua messa in atto è terribilmente difficoltosa. Appunto perché non legati a un mestiere, gli operai unskilled passano facilmente da un lavoro a un altro, si muovono per il territorio americano, svuotano in un momento sezioni faticosamente costruite. Gli wobblies (nomignolo dato ai militanti degli IWW) li inseguono viaggiando da clandestini sui treni, creano organizzazione a ogni meta. Coinvolgono i lavoratori di recente immigrazione, diffondono volantini multilingue. Qualche vittoria la ottengono.

Si scontrano con un tratto caratteristico della situazione sociale statunitense: l’uso illimitato della violenza da parte del capitalismo americano e delle autorità che lo proteggono. Sono centinaia gli wobblies uccisi dall’esercito, dalla guardia nazionale, dagli sceriffi. Vi è chi è linciato nelle forme più atroci, chi è trascinato nel deserto e lasciato morire di sete. Ciò diventa frequentissimo durante e dopo la Prima guerra mondiale. Gli wobblies, anarco-sindacalisti in maggioranza (la minoranza è composta da comunisti), sono ovviamente neutralisti. Classificati come traditori, hanno i vertici imprigionati o deportati. L’avventura sindacale libertaria degli IWW si chiude negli anni Venti, e il bilancio è tragico. Poche vittorie pagate caro, molte vittime.

Ha dunque libero campo la AFL di Gompers, che appoggia a fondo la partecipazione degli Stati Uniti alla guerra mondiale, e combatte gli IWW anche con l’uso della forza. Però non tutto il sindacato di Gombers è moderato. Già nel 1910 gli Iron Workers, potente organizzazione affiliata all’AFL, avevano attentato al giornale antisindacale “Los Angeles Times”, lasciando sul terreno ventuno morti e moltissimi feriti. In quel periodo e in quelli successivi, gli attacchi alla dinamite organizzati da sezioni dell’AFL furono un paio di migliaia.

Peggio. Per resistere alla violenza padronale, dispiegata su scala spaventosa (restò nella memoria il massacro di Chicago Sud, il 30 maggio 1937), i militanti del sindacato di Gompers presero a chiedere l’aiuto della malavita organizzata. Questa si prestò volentieri, mettendo mano, in cambio, ai fondi pensione a gestione sindacale. In un secondo tempo, durante la guerra fredda, i gangster diventarono un’efficace forza d’urto contro i sindacalisti comunisti.

Negli anni Trenta, dal cuore stesso dell’AFL, nacque un secondo grande sindacato, la CIO (Comitato, poi Congresso delle organizzazioni industriali). A differenza della sigla madre, da cui si separò nel 1936, era favorevole a coalizzare i lavoratori per area d’industria. Il suo massimo leader, l’ex minatore John L. Lewis, seppe farne un organismo possente, molto radicato in particolare nel settore dell’auto. Se i risultati salariali furono discutibili, poté quanto meno fare riconoscere i sindacati dell’automobile da Henry Ford, che fino a quel momento li aveva rifiutati e repressi con una propria polizia privata.

I sindacati, inclusa la CIO, assecondarono le politiche di F. D. Roosvelt per superare la crisi del 1929 e l’ecatombe di posti di lavoro che ne conseguì. Più controversa fu la partecipazione alla Seconda guerra mondiale, in cui John L. Lewis si contrappose al presidente e alla stessa CIO, passata in altre mani, sulla base di una scelta neutralista a oltranza. Scatenò in pieno conflitto scioperi micidiali di minatori, metalmeccanici e ferrovieri.

Il secondo dopoguerra fu caratterizzato da forti richieste di aumenti di salario per tutte le categorie, accompagnati da un blocco dei prezzi. Il successore di Roosvelt, Harry Truman, non vi si oppose. Unì però alla concessione, con la legge Taft-Hartley, la condizione che le organizzazioni sindacali si dichiarassero estranee all’ideologia comunista. Era l’anticamera del maccartismo. Gompers e Lewis erano morti, i loro successori – prossimi all’unificazione, avvenuta nel 1955 – avevano abbandonato il vago orientamento a sinistra dei loro padri. Nella nuova leva spiccava il nome di Walter Reuther, leader indiscusso dell’UAW, Unione dei lavoratori dell’automobile. Progressista sì, ma in riferimento all’ala sinistra del Partito democratico, fortemente anticomunista.

La AFL e la CIO non ebbero difficoltà a conformarsi alla legge Taft-Hartley. Reuther, ora capo del CIO, depurò la UAW dei militanti troppo a sinistra. Due soli sindacati importanti, diversissimi tra loro, resistettero: la ILWU, Unione internazionale degli scaricatori e dei magazzinieri, che attraverso il suo leader Harry Bridges era molto vicina al partito comunista (la ILWU dominava la Costa Ovest, mentre i portuali della Est erano vittime delle famiglie mafiose di New York); e la IBT, Fratellanza internazionale dei trasportatori, che aveva a presidente l’ambiguo Jimmy Hoffa.

Hoffa lasciava alla malavita la gestione dei contributi degli iscritti, usava la violenza (forse fino all’omicidio) contro i promotori di scioperi spontanei, professava ideali reazionari. Ciò malgrado era un mito per i suoi camionisti e per i trasportatori in generale, compresi i lattai. Al tavolo delle trattative non faceva sconti, batteva i pugni, riusciva a strappare il massimo degli aumenti salariali. Fece degli iscritti alla IBT il settore operaio meglio pagato d’America in assoluto, mafia o no. La sua scomparsa nel luglio 1975, sicuramente per mano dei suoi complici di Cosa Nostra, non ne offuscò la fama. Tanto è vero che a sostituirlo, dopo un lungo interregno, i camionisti chiamarono suo figlio, James Phillip Hoffa, in carica fino a poche settimane fa.

A ben guardare, sia la ILWU che l’IBT comprendevano quote rilevanti di manodopera precaria e saltuaria; per cui la solidarietà Hoffa-Bridges, che a molti parve scandalosa, aveva una robusta base strutturale. Un mondo distante da quello di Walter Reuther e di George Meany, nuovo presidente dell’AFL. Quando nel 1955 AFL e CIO si unificarono, dopo tante controversie e ostilità reciproche, i sindacati eretici rimasero fuori dalla nuova confederazione. La IBT lo è tuttora, e attorno a essa gravita una piccola ma non trascurabile coalizione di organizzazioni dissidenti, denominata oggi Change to Win, Cambiare per vincere.

La nascita nel 1955 della potentissima AFL-CIO modificò radicalmente il peso del sindacato negli Stati Uniti. Pur rimanendo fermamente anticomunista, Reuther strinse legami sempre più stretti con il Partito democratico, intavolò dialoghi con il padronato, ottenne buoni aumenti per molte categorie affiliate, contribuì all’elezione a presidente di John F. Kennedy. Inoltre, cancellando una tara da cui l’AFL, più che la CIO, era stata gravata fin dalle origini, combatté il razzismo e affiancò la lotta liberatrice di Martin Luther King. Il sindacato entrò in qualche modo nel sistema, ne divenne asse portante. Una componente, benevola e umanitaria, del capitalismo americano.

Seguì un ventennio di espansione apparentemente costante. La AFL-CIO quasi raddoppiò gli iscritti, intrecciò buoni rapporti con l’ala meno retriva del capitale, appoggiò le scelte governative in politica estera, avviò forme di compartecipazione agli utili. Il trionfo di Water Reuther? Sembrava, ma non fu così. Chi trionfava davvero, silenziosamente, fu il reazionario George Meany, presidente della confederazione unificata. Fece del sindacato un pilastro del sistema e una forza economica temibile. Moderò le richieste salariali, ignorò le pulsioni irrequiete della base, allontanò, assieme ai mafiosi, le componenti sindacali maggiormente combattive. La via era quella della concertazione con il capitale, in vista di presunti interessi comuni tra capitale e lavoro. Reuther tollerò a lungo, ma finì col dimettersi dall’AFL-CIO, portando con sé i segmenti di sindacato a lui fedeli, soprattutto nella UAW e tra i minatori. Animò lotte di ampio respiro.

Troppo tardi. Con la fine degli anni Settanta e l’inizio degli Ottanta, il mondo industriale subiva profondi, rapidi e radicali processi di ristrutturazione. Erano entrati in fabbrica l’informatica, la robotica, il toyotismo. Nessuna ala del movimento sindacale fu tanto lungimirante da prevedere fino in fondo questi sviluppi. Se la burocrazia si crogiolava nel potere politico acquisito, e i minoritari rami militanti aspiravano a una ripresa di attivismo, entrambi non prestavano sufficiente attenzione allo sgretolarsi della loro base materiale,

Interi distretti industriali si svuotavano, il settore dei servizi minori si gonfiava in maniera ipertrofica, false tipologie di lavoro autonomo sostituivano quello salariato. Paghe basse, occupazione temporanea, assenza di servizi sociali. Era questo il destino di gran parte della manodopera immigrata di recente, e non solo di quella. L’AFL-CIO copriva appena i settori di classe operaia più maturi e, per non perdere anche questo legame, si vide costretta a far chiedere agli iscritti non aumenti, bensì decurtazioni di salario. Le alte retribuzioni conquistate negli anni Sessanta e Settanta diventarono appannaggio di quote esigue di “privilegiati”, in aree produttive prive di valore strategico.

La concorrenza estera, dovuta alla progressiva fusione dei mercati mondiali e a un decentramento sfrenato di plastica ed elettronica, isolò i vertici sindacali dal mercato vero della forza lavoro, così da farne dimenticare la vocazione originaria. Un dirigente dell’AFL-CIO, trasformata in macchina elettorale e in gestore di fondi di investimento, aveva poco da dire a un commesso Walmart o McDonald’s, a una domestica d’albergo, a un bracciante malpagato, a una donna delle pulizie, a un disoccupato, persino a un insegnante con lo stipendio all’osso. Né viene visto da costoro come un difensore naturale, come l’esponente di una coalizione a cui unirsi per reclamare condizioni decenti di vita e lavoro. Rischia anzi di essere considerato, se non un nemico, come rappresentante di un universo separato dal proprio.

La reazione più insidiosa delle classi subalterne si è manifestata in anni recenti, e consiste nella propria “autocancellazione”.  A fronte dei salari miseri, nemmeno sufficienti alla sopravvivenza, offerti dal padronato, centinaia di migliaia di lavoratori rinunciano a dichiararsi disoccupati e a richiedere il relativo sussidio, a sua volta esiguo. Preferiscono attività sotterranee e saltuarie, non sempre legali, alla certezza della miseria alla metà del mese, e all’instabilità abitativa. Lamentano le organizzazioni padronali una presunta scarsa voglia di lavorare, alimentata da sussidi di disoccupazione a loro dire eccessivi e incitanti all’ozio.

Malgrado ciò, non esitano a portare a livelli favolosi i compensi dei loro dirigenti e quadri, creando un abisso tra i loro proventi e quanto percepito dalla forza lavoro. Questa è ritenuta suscettibile di mille blandizie, eccetto una: un cospicuo incremento salariale. E gli operai reagiscono in forma individuale, negandosi quale cibo nel banchetto altrui, rifugiandosi nel rifiuto e nell’anonimato. Con un prezzo da pagare: termina, con simile diserzione individuale, un’antica tradizione di solidarietà, che induceva alla coalizione. Aveva consentito di resistere a decenni di violenza dispiegata, a omicidi commessi e rivendicati alla luce del sole.

Finisce con ciò la lotta di classe negli Stati Uniti? Per nulla. Frammenti sindacali esterni all’AFL-CIO, o marginali in essa, raccolgono i più sfruttati degli sfruttati. All’inizio degli anni Duemila fanno una effimera ma sorprendente ricomparsa gli IWW, che guidano a buone vittorie i dipendenti della catena Starbuck Coffee Company negli Stati Uniti e nel Canada. Più numerosi sono tuttavia i collettivi auto-organizzati di strati dall’estrema subalternità, compresi insegnanti, pompieri, manovali dei grandi magazzini, addetti alla logistica e alla distribuzione dei colossi informatici.

Riusciranno costoro a ricostruire una forza sindacale analoga a quella del passato? Difficile, le forze avverse sono troppo forti e compatte. Eppure, una notizia di questi ultimi giorni del 2021 pare indicare scenari divergenti e ottimistici. L’ala sinistra della Fratellanza dei trasportatori, approfittando della fine del mandato di James Phillip Hoffa, ha conquistato lo scorso 15 novembre la direzione della potente IBT. Ha fatto leva sui camionisti che lavorano per Amazon, delle più disparate nazionalità.

La rivista che ha guidato questa piccola rivoluzione si chiama “Labor Notes”, e si propone di coordinare gli attivisti dei sindacati storici con quelli dei collettivi spontanei. Chiama scherzosamente il prodotto di tale ipotetica fusione Troublemakers Union. Difficile prevedere l’esito del progetto, ma certo, fin dalle origini del movimento operaio americano, questo ha conosciuto i suoi momenti salienti quando è stato sensibile alle istanze dei “piantagrane” usciti da una composizione di classe instabile, precaria, multietnica e in continua trasformazione.

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Conflitti Globalidi redazioneTag correlati:

iwwsindacatiUsa

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Levante: il Giappone oggi ad 80 anni dalle bombe nucleari USA su Hiroshima e Nagasaki

Nella puntata odierna andiamo in Giappone, facendo il punto sulla politica domestica del Paese nipponico e sugli scenari internazionali del quadrante asiatico.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

“I popoli sostengono la causa palestinese. Potenti e governi voltano le spalle”. Corrispondenza dalla Cisgiordania occupata

Il ministro israeliano della Difesa Katz ha dichiarato oggi, mercoledì 16 aprile 2025, che “Israele non ha alcuna intenzione di permettere l’ingresso degli aiuti umanitari nella Striscia di Gaza”.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Armarsi per salvare il capitalismo finanziario! La lezione di Rosa Luxemburg, Kalecki, Baran e Sweezy

Per quanto grande sia una Nazione, se ama la guerra perirà; per quanto pacifico sia il mondo, se dimentica la guerra sarà in pericolo.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Dati trapelati rivelano una massiccia campagna israeliana per la rimozione di post pro-Palestina da Facebook e Instagram

Una repressione radicale dei post su Instagram e Facebook critici nei confronti di Israele, o anche solo vagamente a sostegno dei palestinesi, è stata orchestrata direttamente dal governo israeliano

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

NATO incontra Palantir: un’analisi critica del sistema di guerra basato su IA della NATO

È notizia di oggi che il 25 marzo 2025, la NATO ha finalizzato l’acquisizione del Maven Smart System NATO (MSS NATO), una piattaforma di guerra basata su intelligenza artificiale integrata sviluppata in collaborazione con Palantir Technologies. Acclamato come un passo avanti nelle capacità decisionali operative, il MSS NATO rappresenta l’ennesimo esempio dell’integrazione dell’IA nella sfera […]

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

“Fermiamo la macchina bellica. Palestina libera!”: la diretta dalla manifestazione nazionale di Milano

“Fermiamo la macchina bellica. Palestina libera!”. Decine di migliaia di persone – circa 50mila per le realtà organizzatrici – sabato 12 aprile a Milano per la manifestazione nazionale per la Palestina, sottoposta a 77 anni di occupazione e a un anno e mezzo di genocidio per mano dello Stato israeliano. La piattaforma rivendicativa ribadisce le motivazioni della giornata di lotta: “NO al genocidio […]

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Come gli europei vanno incontro all’era complessa

Continuiamo la pubblicazione di contributi in vista della terza edizione del Festival Altri Mondi / Altri Modi che si terrà dal 10 al 13 aprile a Torino. Di seguito potete trovare un interessante articolo di Pierluigi Fagan sulla congiuntura europea. Fagan parteciperà al dibattito di sabato 12 aprile alle 16 dal titolo “Scenari della guerra globale“. L’articolo è apparso […]

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

“No alla prima fabbrica di armi per REARM Europe”: comunicato stampa della “Rete Mamme da Nord a Sud”

La Rete Mamme da Nord a Sud lancia un appello all’adesione e alla mobilitazione contro la nuova fabbrica di esplosivi nel Lazio e contro la militarizzazione dell’Europa. Le fabbriche di morte finanziate con fondi pubblici dalla Commissione europea rischiano di diventare presto realtà: apprendiamo con sgomento che la ex Simmel Difesa, oggi Knds (gruppo franco-tedesco, […]

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Capitalismo finanziario e economia di guerra

Nella giornata che ha visto grandi dichiarazioni del presidente Trump aprire alla guerra commerciale dei dazi abbiamo approfondito come la ristrutturazione della finanza e gli scenari bellici mondiali siano strettamente connessi.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Lettere dal nuovo incubo americano

USA. Persone migranti, non importa se regolari o meno, vengono rastrellate per strada, sequestrate da uomini dal volto coperto e senza divise o distintivi, e sbattute in pulmini neri per poi scomparire nei centri di detenzionea dell’ICE (U.S. Immigration and Customs Enforcement).

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Rottura e interdipendenza: la partita tecnologica tra Usa e Cina

La competizione strategica tra Cina e Stati Uniti è più complessa e meno lineare di come viene solitamente rappresentata dai media generalisti.

Immagine di copertina per il post
Traduzioni

Leonard Peltier è finalmente libero!

Pubblichiamo la traduzione di questo articolo. “Oggi sono finalmente libero! Mi hanno imprigionato, ma non hanno mai spezzato il mio spirito!” Ciò che sembrava impossibile è diventato realtà il 18 febbraio, quando il prigioniero politico nativo Leonard Peltier è uscito dal penitenziario federale di Coleman da uomo libero. Ha lasciato Coleman non più in uniforme […]

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Geopolitica e lotta di classe nella crisi di sistema

0. Si apre un tempo di incertezza, che non fa ancora epoca. Per conquistarne l’altezza, occorre rovesciare il punto di vista. E cogliere, nell’incertezza del tempo, il tempo delle opportunità. da Kamo Modena 1. «La fabbrica della guerra». Abbiamo voluto chiamare così un ciclo di incontri dedicati a guardare in faccia, da diverse angolature e […]

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Non guerra in Europa, ma guerra all’Europa

La telefonata tra Trump e Putin ha traumatizzato la pessima classe dirigente europea, gettandola nel panico. Mentre la guerra in Ucraina va verso il congelamento gli imbelli che governano il continente finalmente si stanno rendendo conto che questa non era solamente una guerra in Europa, ma una guerra all’Europa, portata avanti con mezzi non convenzionali […]

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Hamas ha annunciato il rinvio dello scambio di prigionieri: Perché e perché ora?

Hamas si trova attualmente in una posizione in cui deve fare del suo meglio per negoziare l’ingresso di aiuti sufficienti a Gaza, assicurando al contempo la fine della guerra e la formazione di un’amministrazione post-bellica in modo che il territorio possa essere rilanciato e ricostruito. di Robert Inlakesh, tradotto da The Palestine Chronicle Lunedì, il […]

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Intervista esclusiva all’Accademia della Modernità Democratica e Foza Yusif, membro del comitato di co-presidenza del Partito di Unione Democratica (PYD)

Abbiamo avuto l’occasione di realizzare questa intervista all’Accademia della Modernità Democratica con al suo interno un contributo (citato tra virgolette) di Forza Yusif, membro del comitato di co-presidenza del PYD..

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Il progetto imperialista USA-Israele su Gaza e gli sviluppi sul cessate il fuoco

L’amministrazione Trump ha gettato la maschera esplicitando il progetto coloniale e imperialista che lo accomuna al piano sionista di Israele, attraverso dichiarazioni shock senza precedenti il Presidente degli Stati Uniti parla di deportazione e pulizia etnica del popolo palestinese in mondovisione.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Governo Trump: i primi 10 giorni

Fin dalla presa di possesso dello studio ovale lo scorso 19 gennaio, il neo-(ri)- presidente degli Stati Uniti d’America Donald Trump è partito con una frenetica attività di produzione di decreti attuativi, atti a mostrare la concretezza decisionista strombazzata nella sua campagna elettorale.