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I bulldozer di guerra israeliani: finire ciò che la Nakba ha iniziato

Le spedizioni di bulldozer sovvenzionate da Washington stanno consentendo a Tel Aviv di radere al suolo Gaza, rilanciando le tattiche utilizzate durante la Nakba per la Pulizia Etnica della Palestina.

Fonte: English version

Di Robert Inlakesh – 22 settembre 2025

Negli ultimi mesi, Israele ha intensificato l’uso di bulldozer pesantemente blindati per radere al suolo interi quartieri, uliveti e infrastrutture critiche nella Striscia di Gaza, già devastata. Queste macchine fanno parte di una strategia sistematica per alterare in modo permanente la geografia e la demografia di Gaza.

A gennaio, il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha dato il via libera al trasferimento di 134 bulldozer D9 a Israele, in seguito all’attuazione dell’accordo di cessate il fuoco tra Gaza e Israele. Questo accordo di vasta portata era stato precedentemente congelato durante l’amministrazione dell’ex Presidente degli Stati Uniti Joe Biden. I macchinari Caterpillar di fabbricazione statunitense, soprannominati “Doobi” o “Teddy Bear” in ebraico, furono rapidamente utilizzati dopo che Israele aveva violato e posto fine al cessate il fuoco. Poco dopo, il 16 maggio, fu lanciata l’”Operazione Carri di Gedeone”, che rase al suolo oltre 2.100 edifici nella sola Khan Yunis, poco dopo la conclusione dell’accordo.

I bulldozers statunitensi alimentano la macchina da guerra israeliana

A luglio, Israele ha ricevuto una spedizione di bulldozer dagli Stati Uniti, in quella che è stata descritta come “la più grande operazione logistica aerea e marittima nella storia dello Stato di Israele”, secondo un funzionario del Ministero della Difesa. A febbraio, Tel Aviv aveva anche richiesto un altro acquisto militare di bulldozer nuovi di zecca, per un costo totale stimato di 295 milioni di dollari (250 milioni di euro). A marzo, gli Stati Uniti hanno poi accelerato l’accordo, riuscendo così ad aggirare l’approvazione del Congresso.

Molti di questi mezzi sono stati da allora impiegati per espandere la cosiddetta zona cuscinetto israeliana a Gaza, che ora si estende per oltre un chilometro all’interno dell’enclave costiera, separando la Striscia dal resto della Palestina Occupata. Lì, il corpo del Genio israeliano, che comprende i Battaglioni Yahalom, Asaf e Lahav, è stato utilizzato sia per demolire che per riempire di esplosivi edifici, distruggendo anche la maggior parte dei terreni agricoli di Gaza. Secondo le stime delle Nazioni Unite, il 92% delle strutture residenziali di Gaza è stato parzialmente o completamente distrutto.

Con l’esercito israeliano sovraccaricato e a corto di personale, il Ministero della Difesa israeliano ha arruolato appaltatori privati ​​per guidare le operazioni di demolizione. Sui social media sono circolate offerte fino a 882 dollari (748 euro) al giorno, mentre inchieste di Haaretz rivelano che l’operazione ora include più di 500 veicoli di ingegneria pesante, con costi di quasi 30 milioni di dollari (25,4 milioni di euro) al mese.

Un’eredità distruttiva

Subito dopo l’Operazione Onda di Al-Aqsa del 7 Ottobre 2023, Israele iniziò a bloccare le esportazioni di equipaggiamento militare e carri armati, annunciando invece l’acquisto di decine di bulldozer. Questa mossa fu un tentativo di rafforzare le proprie unità corazzate. La strategia israeliana dei bulldozer trova le sue origini nella Pulizia Etnica della Palestina (1947-1949), durante la Nakba (la Catastrofe), dove le milizie Sioniste non solo espulsero circa 750.000 persone dalle loro case, ma demolirono oltre 400 villaggi per Cancellare il loro legame con la terra.

Il Caterpillar D9, acquisito per la prima volta da Israele poco dopo il suo rilascio nel 1954, è da allora diventato un punto fermo dell’arsenale dell’esercito israeliano. Numerose modifiche gli sono state aggiunte, portando ai modelli D9L, D9N, D9R e D9T, tutti oggi in dotazione a Israele. Questi veicoli vengono poi venduti a Israele dall’azienda americana come bulldozer civili, nonostante facciano spesso parte di pacchetti militari statunitensi, e sono sovvenzionati con denaro pubblico americano.

Quando i CAT D9 arrivano, vengono rapidamente dotati di blindature, componenti e armamenti sviluppati in Israele. L’azienda produttrice di armi Israel Aerospace Industries è la principale responsabile della conversione dei bulldozer per scopi militari. Anche le università israeliane sono state coinvolte nel progetto di sviluppo del D9, poiché l’Università Technion di Haifa è stata responsabile della progettazione della prima versione telecomandata del D9, oggi utilizzata a Gaza.

Israele non rende pubblico il numero di bulldozer D-9 attualmente in funzione. Anzi, si impegna attivamente per nascondere questa informazione al pubblico. Dall’acquisizione dei D9 negli anni ’50, Israele li ha utilizzati in ogni conflitto importante come armi chiave, dalla crisi di Suez del 1956 alla Prima e Seconda Intifada, fino ad arrivare a oggi.

Uno degli acquisti più consistenti avvenne nel 2001, con 50 bulldozer; tuttavia, nel corso dei decenni, gli acquisti di bulldozer furono occasionalmente interrotti da cause legali, come quella intentata dalla famiglia di Rachel Corrie, un’attivista pacifista americana morta schiacciata da un D9 nel 2003. Tuttavia, queste cause furono alla fine respinte dai tribunali statunitensi e l’accordo fu sbloccato. Nel 2017, l’emittente israeliana Walla News riferì dell’acquisto di 20 veicoli pesanti da Caterpillar, definendoli “i più grandi del loro genere negli ultimi 20 anni”. Nonostante l’assenza di una politica ufficiale, un articolo d’inchiesta di Haaretz del mese scorso ha scoperto che la Campagna di Demolizioni militari è guidata dai comandanti “sul campo”:

“Si tratta di un progetto ingegneristico senza precedenti, che si sta realizzando nonostante né l’esercito abbia una politica ufficiale in materia, né la dirigenza politica abbia preso la decisione ufficiale di demolire tutte le case a Gaza. In realtà, questa politica proviene dalle forze sul campo, dai comandanti di Compagnia e di Battaglione, preoccupati che gli edifici rimasti in piedi mettano in pericolo la vita delle loro truppe”.

Questo rispecchia l’attuazione del Piano Dalet durante la Nakba, dove gli ordini di espellere i palestinesi erano impliciti, lasciando l’esecuzione agli ufficiali sul campo. Allora, come oggi, l’obiettivo rimane lo stesso: spopolare e riconfigurare il territorio.

Una dottrina di demolizione a livello nazionale

Tra il 1967 e il 2011, Israele ha distrutto almeno 28.000 case palestinesi, molte delle quali sono state demolite con bulldozer e altri mezzi pesanti. Questo non include nemmeno il numero di case distrutte a Gaza durante i principali attacchi al territorio, quando furono utilizzati anche i bulldozer, nel 2012 e nel 2014. La strategia dei bulldozer è così radicata nella coscienza pubblica israeliana che il defunto ex Primo Ministro e Criminale di Guerra, Ariel Sharon, veniva spesso chiamato “Il Bulldozer”, e il soprannome dei D9 era originariamente “Pooh HaDov” (Winnie the Pooh), prima di evolversi in “Teddy Bear” (Orso Teddy).

Sebbene Gaza ne subisca il peso maggiore, questa strategia è tutt’altro che limitata alla fascia costiera assediata. Nella Gerusalemme Est Occupata, gruppi di coloni sfruttano la legge israeliana sulla proprietà degli assenti del 1950 per espropriare le case palestinesi, mentre lo Stato nega i permessi di costruzione per giustificare le demolizioni. Dal 1993, circa 3.000 strutture sono state distrutte in questo modo. Allo stesso modo, nel Negev, Israele ha istituito un sistema con le città beduine della zona, in base al quale la maggior parte dei loro villaggi è considerata “non riconosciuta”. Questi 14 villaggi vengono costantemente rasi al suolo con i bulldozer, nonostante i residenti abbiano la cittadinanza israeliana.

Nella Cisgiordania Occupata, le case palestinesi vengono demolite a causa di misure punitive un tempo vietate, ma tornate in vigore come politica statale nel 2014. In sostanza, se si compie un attacco contro un israeliano, la casa della propria famiglia verrà distrutta. Funzionari israeliani e capi dei coloni invocano apertamente il linguaggio biblico di “Giudea e Samaria” per inquadrare questa politica come sancita da Dio, trasformando la Punizione Collettiva in un presunto dovere religioso. Oltre alle demolizioni punitive, l’esercito israeliano ha anche distrutto case e frutteti con il pretesto di violazioni della zonizzazione militare o dei permessi, in particolare nell’Area C. Campi profughi come Nour al-Shams e Jenin hanno visto intere comunità sradicate da attacchi con i bulldozer che hanno interrotto acqua, elettricità e strade. Tattiche simili vengono ora applicate nella provincia siriana di Quneitra e nel Libano meridionale, dove l’esercito israeliano cerca di creare nuove “zone di sicurezza” con gli stessi mezzi.

In tutte queste aree, con diverse scuse legali e di sicurezza, l’obiettivo è lo stesso. Solo nel mese di agosto, i conducenti di bulldozer israeliani hanno pubblicato apertamente decine di video in cui si vantavano di aver demolito migliaia di uliveti e case.

Complicità occidentale e macchina della pulizia etnica

Il D9 potrebbe essere il simbolo di questa politica, ma non è l’unico. Escavatori e macchinari di aziende americane, sudcoreane ed europee sono stati utilizzati per costruire insediamenti e spianare terreni palestinesi. I bulldozer utilizzati nella famigerata Campagna di Demolizioni di Massa di case nella zona di Masafer Yatta ad Al-Khalil (Hebron) sono stati forniti da Volvo. I macchinari Volvo sono stati utilizzati persino nella costruzione di insediamenti illegali come Har Gilo.

Anche Hyundai Heavy Industries fornisce da tempo escavatori cingolati e altri macchinari utilizzati dall’esercito israeliano e nella costruzione di insediamenti illegali. Nel 2017, i macchinari Hyundai sono stati persino utilizzati nella costruzione di una strada riservata ai coloni nella Cisgiordania Occupata, un progetto che ha sradicato 700 ulivi.

A causa della mancanza di carri armati e veicoli trasporto truppe blindati sufficienti, Israele si è affidata anche agli Humvee AM General HMMWV per trasportare le sue forze e i suoi operai impegnati nei lavori di demolizione, ordinandone di recente altre “centinaia”. Anche la General Motors, con sede negli Stati Uniti, ha firmato un accordo nel 2022 per la fornitura di veicoli e motori all’esercito israeliano.

La complicità delle aziende occidentali nella Dottrina dei Bulldozer consente a un esercito israeliano impoverito di sostenere quello che tutti i principali gruppi per i diritti umani, tra cui B’Tselem, hanno definito Genocidio a Gaza. Questa politica lega la stessa società israeliana al meccanismo di espropriazione, coinvolgendo aziende civili, appaltatori e operai nell’architettura della Pulizia Etnica. In questo modo, l’attuale Campagna dei Bulldozer ripropone la stessa Strategia di Cancellazione scatenata per la prima volta durante la Nakba.

Robert Inlakesh è un analista politico, giornalista e documentarista attualmente residente a Londra, Regno Unito. Ha scritto e vissuto nei Territori Palestinesi Occupati e conduce lo speciale televisivo “Palestine Files”. È regista di “Steal of the Century: Trump’s Palestine-Israel Catastrophe” (Il Furto del Secolo: La Catastrofe di Trump tra Palestina e Israele).

Traduzione a cura di: Beniamino Rocchetto, da Invictapalestina.org

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