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Turchia, il popolo non vuole la guerra

La notizia che sta rimbalzando in queste ore sulla maggior parte dei quotidiani e delle agenzie di stampa, arriva in seguito all’uccisione di una famiglia ad Akcakar, vicino alla frontiera tra i due paesi. In seguito a questo episodio, il governo turco ha in un primo momento, risposto con rappresaglie contro Damasco -autorizzate dal parlamento- e successivamente ha dichiarato un possibile intervento militare nel caso in cui la Siria continuasse con operazioni di questo tipo sul confine. La situazione è decisamente controversa: da una parte dichiarazioni che portano a pensare a possibili operazioni militari da parte della Turchia -che peraltro troverebbe l’appoggio della Nato- e dall’altra la Siria – già in una situazione difficile dal punto di vista interno- che quasi come se fosse in un brutto sogno afferma che quella di Ankara non è una vera e propria mozione, e ne approfitta per porgere le sue scuse per “l’incidente” di mercoledì. A giocare un ruolo fondamentale sono sicuramente gli interessi strategici e geopolitici, ma le manifestazioni a cui hanno partecipato migliaia di persone dimostrano come un intervento militare non sia di fatto gradito. Da parte sua, il governo di Ankara risponde al dissenso della popolazione con cariche, idranti e spray urticanti, lasciando un bilancio di numerosi feriti.

Intanto nelle ultime ore un colpo di mortaio proveniente dalla Siria è caduto in territorio turco e la risposta non ha tardato a farsi sentire: Ankara ha infatti deciso di colpire obiettivi siriani. Di certo un episodio che aumenta la tensione tra i due paesi dove i soggetti coinvolti sono molti. Se la Turchia può pavoneggiare un appoggio incondizionato della Nato, c’è chi -come la Russia- che per altrettanti interessi strategici, preferirebbe che il governo di Assad non ne uscisse sconfitto da un possibile conflitto, o perlomeno riuscire a limitare i danni se questo accadesse. Dal punto di vista interno invece, probabilmente l’esercito siriano preferirebbe aumentare la tensione esterna per allentare quella interna al paese, così come è da tenere in considerazione l’opinione pubblica turca che conferma con le numerose manifestazioni, la netta contrarietà ad entrare in conflitto contro la Siria; elemento di fronte al quale Erdogan difficilmente potrà chiudere gli occhi, soprattutto se punta, come si vocifera, alla presidenza della Repubblica. Un quadro che risulta quindi essere piuttosto complesso; e se il tempo dimostrerà la natura delle dichiarazioni (seguite dalle azioni) che si stanno dando in questi giorni, una cosa è certa: la popolazione turca una guerra non la vuole.

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