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Sangue sulle strade yemenite

 

Mercoledì 11 Maggio

Il pezzo che segue è di una giornalista che scrive dallo Yemen per la Foreign Policy Association (FPA), che rimane anonima per ragioni di sicurezza. Dopo settimane di negoziati fallimentari fra membri della coalizione yemenita JMP ed il governo, il popolo yemenita ha deciso di prendere in mano il proprio destino.

Fino ad ora, e nonostante la riluttanza, il movimento giovanile aveva concesso ai politici di giocare la carta dell’accordo, con la promessa di una transizione di poteri pacifica.

Tuttavia le menzogne del regime e le dichiarazioni discordanti si sono dimostrate insostenibili per il movimento, che sembra ora pronto per il prossimo passo della Rivoluzione.

 

ESCALATION

Tawakul Karman, la giovane attivista fondatrice di “Women journalists without chains” (“Giornaliste senza catene”), nel suo appello pubblico dalla Freedom Square ha chiesto alla gente di mobilitarsi, in tutto il paese, andando sotto i palazzi del potere. Ha fatto appello a tutto il popolo yemenita ad unirsi nella lotta per la democrazia, per scendere nelle strade a milioni. Oggi la sua richiesta è stata indubbiamente esaudita.

Con i primi report della mattina, da una zona rurale vicina alla capitale, arrivano le notizie di civili feriti da aerei da guerra. Testimoni raccontano di almeno due membri di tribù feriti dalle bombe. Si ritiene che la Guardia

Repubblicana guidata da Ahmed Saleh, figlio del presidente, abbia provato ad attaccare l’opposizione in crescita da parte delle tribù in quella zona, in modo da aprire la strada alle proprie truppe per raggiungere la città di Hodeidah.

Gli sceicchi non hanno ceduto alla pressione del governo, continuando a dichiarare che resteranno dalla parte del movimento per la democrazia fino alla fine. Ahmed Saleh ha dovuto ritirare le proprie truppe e ordinare la fine dei bombardamenti.

A Taiz, la seconda maggiore città dello Yemen nonché epicentro meridionale delle rivolte, gli scontri con la polizia sono stati filmati. Nel girato si vedono le forze del governo usare manganelli e sparare sulla folla. Più tardi, i manifestanti sono riusciti ad occupare una stazione di polizia e a darle fuoco, utilizzando come armi soltanto delle pietre.

Alcuni report riferiscono che il governo ha utilizzato armi di artiglieria pesante contro i manifestanti, anche se le fonti d’informazione non sono state verificate. Le immagini terrificanti dei feriti dimostrano in ogni caso la messa in campo di forze letali contro civili. Nel frattempo diverse città del paese hanno raccolto l’appello a continuare la mobilitazione, bloccando di fatto qualsiasi attività.

 

SANGUE NELLA CAPITALE

Il Movimento giovanile ha deciso oggi di portare le proprie istanze sulle strade di Sana’a, chiedendo l’immediata destituzione del presidente Saleh.

Mentre si spostava verso il quartier generale del Primo Ministro il movimento è stato raggiunto da uno schieramento di cecchini e in seguito dall’intera Quarta divisione dell’esercito, che hanno immediatamente aperto il fuoco sulla folla.

In maniera inequivocabile il regime ha cercato di dissuadere i manifestanti dallo spingersi verso il palazzo presidenziale, che si trova a meno di un miglio dal quartier generale del Primo Ministro. Ma ancora una volta la determinazione di questi giovani uomini e donne li ha spinti ad andare avanti, oltre le pallottole.

Nonostante i feriti riportati, anche gravissimi, il movimento ha continuato a chiedere a gran voce la cacciata di Saleh. Molte vittime sono state portate all’ospedale da campo. Il dottore Al-Anisi riferisce ad Al Jazeera che due uomini sono già morti per le ferite riportate, e che molti altri versano in stato critico all’ospedale. Fra i feriti ci sono anche donne e bambini, poiché le forze governative hanno sparato indiscriminatamente tra la folla.

In questo contesto alcuni manifestanti per la democrazia hanno deciso di stabilirsi con le proprie tende da campo davanti agli uffici del Primo Ministro, con la volontà di non cedere alcuno spazio al governo.

Alcune tribù Mareb sono scese per le strade della capitale per supportare il movimento giovanile con il proprio appoggio armato. Se altre tribù del paese seguiranno l’esempio, giovedì e venerdì potrebbero risultare le giornate decisive della rivoluzione.

 

IL GOVERNO SCRICCHIOLA

Secondo alcuni osservatori della finanza lo Yemen sta già perdendo 3 milioni di dollari al giorno a causa del blocco dell’esportazione, e milioni di più a causa delle perdite nella produzione di petrolio.

Considerando anche i danni causati dallo stallo nella produzione di petrolio diviene evidente come la nazione si trovi solo a poche settimane dalla bancarotta. Dipendenti della Banca Nazionale hanno denunciato il fatto che il presidente stia permettendo la circolazione di denaro falso per finanziare i propri sostenitori. Nonostante l’accusa possa sembrare oltraggiosa, Saleh è noto per aver corrotto i leader del sud del paese negli anni ’90 utilizzando uno schema simile.

Il presidente sta anche affrontando ulteriori pressioni dall’interno, dal momento che sempre più capi tribù rifiutano di riconoscere la sua autorità. Per la prima volta nella storia dello Yemen gli sceicchi stanno unendo le proprie forze per provocare il crollo il regime, agendo nel nome del bene della nazione piuttosto che dei propri egoistici interessi. Questo passo potrebbe essere il primo verso la costruzione della struttura del nuovo governo yemenita.

Con un parlamento ridotto a un gruppetto di membri costitutivi, nessun governo ufficiale e un’economia in panne, c’è da chiedersi per quanto tempo il presidente possa continuare a far finta di esercitare i suoi poteri.   

 

 

Cronaca dell’epilogo della manifestazione dell’11 maggio

11 maggio – Attacco alla manifestazione pacifica a Sana’a

Alle 16 della giornata di oggi un gruppo di giovani attivisti e attiviste ha convocato una manifestazione. Non si  tratta di una mobilitazione promossa dalla maggioranza, ma i giovani si danno comunque appuntamento per poi percorrere in corteo dalla 20 Street a Kuwait Street, puntando verso l’ufficio del primo ministro. Là l’intenzione è quella di tenere un presidio.  Verso le 17.30 vicino alla “Blood bank”, in una strada laterale di Zira’a Street, vengono attaccati da uomini in uniforme militare (tuttora si discute sulla provenienza di questi soggetti) con armi di artiglieria pesante e gas lacrimogeno. L’attacco va avanti a più riprese fino alle 23, a volte con serie continue di spari verso i manifestanti, altre volte con colpi sporadici. Per il momento sono stati confermati 9 morti, 10 feriti in condizioni critiche, 286 feriti da colpi di arma da fuoco e 300 feriti a causa dei gas lacrimogeni. La conta dei morti molto probabilmente aumenterà.

 

Vedi anche:

Le monarchie arabe all’assalto, ed in Yemen il regime che non cede.

Bahrain, Emirati Arabi e Yemen: tremando senza crollare.

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