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Popcorn, zucchero filato e massaggi. All’interno del nuovo ‘resort’ dell’esercito israeliano nel nord di Gaza

Un nuovo rapporto dell’organo di informazione israeliano Ynet rivela un quadro inquietante: mentre i palestinesi nel nord di Gaza rischiano di morire di fame e di essere sterminati, è stato creato un vicino ‘resort’ per i soldati israeliani, che possono rilassarsi e distendersi tra un intervento e l’altro.

Fonte: English version

di Jonathan Ofir, 25 dicembre 2024

Immagine di copertina: Accanto a una macchina per popcorn soldati israeliani preparano zucchero filato all’interno di un ‘resort’ dell’esercito per i soldati nel nord di Gaza. (Via Ynet News)

Mentre le organizzazioni per i diritti umani accumulano rapporti sul genocidio commesso da Israele a Gaza, la società israeliana sta costruendo un muro di negazione che la separa dalla catastrofica realtà di Gaza. Niente è più eloquente di un nuovo reportage su un impianto di desalinizzazione dell’acqua di mare che funge da ‘resort’ per l’esercito israeliano a Gaza.

Lunedì, il sito web israeliano Ynet ha pubblicato un articolo in ebraico del suo corrispondente militare Yoav Zeitoun, intitolato “Impianto di desalinizzazione e luogo di villeggiatura con caffè. Documentazione: Ecco come l’IDF [esercito israeliano] si sta preparando per una permanenza prolungata a Gaza”.

Zeitoun, che è stato integrato nell’esercito, ha visitato il resort che si trova vicino alla spiaggia nella parte occidentale di Gaza nord. Sebbene non sia stata rivelata l’esatta ubicazione del ‘resort’, Zeitoun ha menzionato Jabalia – l’area a nord di Gaza dove Israele ha lanciato una brutale campagna di pulizia etnica negli ultimi mesi – come zona vicina.

Foto e video rivelano l’interno di questo nuovo ‘resort’ per soldati: macchine per popcorn accanto a un distributore di zucchero filato, videogiochi per PlayStation, una sala con una colazione “da hotel” e carne alla griglia. Da un’altra parte, un fisioterapista fa persino dei massaggi.

Controllo della realtà

L’intera storia è una grande celebrazione. Ma è qui che dovremmo iniziare a fare qualche verifica della realtà, fuori da questa bolla israeliana.

Innanzitutto, l’impianto di desalinizzazione è enorme. Produce 60.000 litri di acqua al giorno, sufficienti ai soldati per avere acqua potabile e fare la doccia.

Ciò è in netto contrasto con il recente rapporto di Human Rights Watch sullo “sterminio e gli atti di genocidio” di Israele, che si è concentrato soprattutto sull’acqua. Il rapporto ha rilevato come, mentre gli israeliani consumano circa 250 litri d’acqua al giorno (circa 66 galloni), i gazawi sono oggi costretti a consumare dai 2 ai 9 litri al giorno.

A causa del genocidio, i palestinesi di Gaza sono costretti a bere letteralmente il mare e le madri disidratate nutrono i loro bambini con latte artificiale e acqua velenosa. “ Non possiamo avere acqua potabile e fare una doccia è un sogno”, ha detto una donna citata nel rapporto.

Ma perché i soldati del resort dovrebbero preoccuparsi? L’impianto di desalinizzazione è in grado di produrre acqua dolce per oltre 240 israeliani che consumano ciascuno circa 50 volte più acqua della media dei gazawi affamati e disidratati.

Immaginate se gli israeliani investissero in queste strutture per i gazawi, invece di far esplodere i loro serbatoi d’acqua. Ma a loro non interessa, nonostante sia loro obbligo soddisfare i bisogni primari della popolazione occupata.

Una bolla in un campo di concentramento

Nel reportage, il giornalista Zeitoun lamenta il fatto che i soldati non possono scendere in spiaggia.

“Il mormorio delle onde nella vicina spiaggia è ben udibile, ma l’IDF non permette ai soldati di scendervi, e una piramide di cumuli separa l’insolito complesso dalla striscia di spiaggia di Gaza”, scrive.

Indubbiamente, anche se non in modo critico, egli nota che i soldati vivono in una bolla: “Tuttavia, lo scenario del mare e l’atmosfera tranquilla fanno la loro parte, completando il senso di bolla”, scrive Zeitoun.

Il resort offre alle compagnie militari (di solito circa duecento soldati) un giorno di villeggiatura ogni dieci giorni, a rotazione. Un ufficiale della logistica militare lo descrive a Zeitoun:

“Quando ogni compagnia termina questo giorno di ristoro -che in media riceve ogni 10 giorni – torna di notte a riposare nella sua area di combattimento a Jabalia, e continua rinfrancata nelle sue missioni di combattimento… Quando la compagnia termina la sua giornata di divertimento in questo complesso, lo puliamo e di notte lo allestiamo di nuovo, preparandolo per la compagnia che arriverà il giorno dopo, e così via. Proprio come un nastro trasportatore”.

Si tratta di far dimenticare alla persone che si trovano a Gaza. L’ufficiale continua:

“Ricordate che siete a Gaza, non è vero? Diamo una sensazione di casa, con caffè freddo, espresso, bevande proteiche, toast e shakshukas in vari gusti per la colazione, e naturalmente anche frutta e gelato quando il tempo è caldo. Per i soldati i sogni diventano realtà”.

Mentre i sogni dei soldati si avverano, bevendo cappuccini e grigliando carne, i palestinesi di Gaza vivono in condizioni di carestia.

Due giorni fa ho parlato con la mia amica Ditte, poco prima della manifestazione contro il genocidio israeliano, a Copenaghen. Mi ha aggiornato sul suo amato Fadi a Deir al-Balah, dicendomi che l’altro giorno è riuscito ad avere un po’ di carne da mangiare – era la prima volta in 4 mesi – e ne era entusiasta. Non si lamenta mai, dice, nonostante viva in una tenda e ora stia congelando di notte.

“Zona di interesse”

Ma non sono solo i soldati a dover sognare: è la popolazione israeliana in generale. Quando ieri Orly Noy, presidente di B’tselem e giornalista, ha condiviso sulla sua pagina Facebook un post su questo orrendo pezzo, molti commentatori sono stati attratti dalle associazioni con il film Zona d’interesse, un film dell’anno scorso che si concentrava su una famiglia di nazisti che viveva proprio contro le mura di Auschwitz, nella sua bolla di normalità.

In risposta all’articolo di Ynet, Noy ha pubblicato un articolo sulla rivista Local Call, intitolato “Dolce zucchero filato nel cuore della valle degli omicidi”. Scrive:

“Così, i soldati siedono nella valle degli omicidi, grigliando carne in stand che funzionano senza sosta, e non sanno da dove provenga l’odore di carne bruciata che riempie le loro narici – se dalle carcasse degli animali che sono stati portati lì per loro, o dai corpi delle persone nella cui spiaggia non possono andare a nuotare”.

Ma questo è probabilmente ancora peggiore della “Zona di interesse”, perché i soldati non sono fuori dal campo di concentramento – ma dentro. Che Gaza sia un campo di concentramento è stato detto per decenni. Ora, con lo sterminio sistematico di Israele, è davvero un campo di sterminio. La bolla è circondata dalla morte da tutti i lati.

Il pezzo di Ynet ricorda un altro reportage del febbraio di quest’anno, pubblicato da Haaretz. Il pezzo raccontava di come i soldati preparano il cibo con i prodotti che sottraggono dalle cucine private palestinesi, nelle case che hanno rubato.

In quel misero e grossolano pezzo, gli autori cercavano inutilmente di suscitare rettitudine morale, osservando che mentre occupavano e saccheggiavano le case dei gazawi che sfollavano, i soldati cucinavano comunque “con sentimenti contrastanti”.

Ma sembra che il pezzo di Zeitoun e Ynet vada anche oltre. Non c’è alcun tentativo di attenuare il senso di colpa dei soldati. Non ci sono sentimenti contrastanti.

Non c’è infatti alcun sentimento per i palestinesi, che proprio accanto al resort muoiono di fame e bevono acqua sporca. I palestinesi, nell’intero articolo, semplicemente non esistono, nemmeno come riflesso.

La totale assenza dalla narrazione dei palestinesi che stanno subendo un genocidio commesso dai soldati di questo resort, rivela la realtà della società israeliana attuale. Questa è la preparazione concettuale per gli israeliani che si trovano ora nella fase successiva della loro colonizzazione della Palestina.

È la concettualizzazione che i gazawi non esistono. È una terra senza popolo, per gli israeliani che hanno sempre bisogno di più terra.

Presenza permanente a Gaza

Verso la fine del suo pezzo, Zeitoun spinge l’idea che il resort serva anche a normalizzare una presenza israeliana permanente a Gaza, come indicato anche nel titolo.

“Non sembra che le forze si sposteranno da [Jabalia], ed è già chiaro che non stiamo parlando di un semplice raid, che è un’operazione militare a breve termine che include l’entrata e l’uscita dal territorio nemico”, scrive.

“Nel gigantesco corridoio di separazione di Netzarim [Wadi Gaza, largo circa 2,5 miglia che taglia il nord di Gaza da est a ovest] e nella rotta di Philadelphia [a sud, che separa Gaza dall’Egitto], l’IDF ha già costruito strutture di ristoro simili, che includono anche stazioni di pedicure per curare i piedi dei soldati, ma non con una portata e un livello tali come in questo nuovo ‘luogo di villeggiatura’”.

Traduzione: Simonetta Lambertini – invictapalestina.org

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