InfoAut
Immagine di copertina per il post

Palestina: come topi a Shuhada Street

L’Intifada è là, die­tro i bloc­chi di cemento del check point israe­liano che affac­cia sulla zona H1 di Hebron. L’aria è irre­spi­ra­bile, il fumo dei lacri­mo­geni entra nei pol­moni e gon­fia di lacrime gli occhi. I sol­dati spa­rano pro­iet­tili di rive­stiti di gomma con­tro i dimo­stranti. I tira­tori scelti hanno in canna muni­zioni vere, pronti ad usarle per col­pire i «lea­der» dei pale­sti­nesi che dalla strada in basso lan­ciano sassi e urlano slo­gan tra coper­toni in fiamme.

È il copione quo­ti­diano di Hebron e della nuova rivolta pale­sti­nese che non tra­scina in strada le folle della prima Inti­fada vista alla fine degli anni Ottanta e non esalta la lotta armata della seconda sol­le­va­zione nel 2000. Sulla scena ora ci sono ragazzi arrab­biati, senza paura, con l’audacia di chi non ha nulla da per­dere per­ché ha già per­duto tutto e sente di non avere un futuro sotto occu­pa­zione. Il mese scoso non pochi di que­sti gio­vani qui a Hebron si sono sca­gliati con­tro sol­dati e poli­ziotti israe­liani ten­tando di pugna­larli e sono stati uccisi sul posto, subito. Tra que­sti, denun­ciano pale­sti­nesi e atti­vi­sti inter­na­zio­nali, alcuni non ave­vano col­telli e sareb­bero stati col­piti a san­gue freddo.

Strade fan­ta­sma

Ieri cin­que di que­sti gio­vani sono stati sepolti al ter­mine di fune­rali seguiti da migliaia di abi­tanti della città, tra riti reli­giosi e slo­gan poli­tici. Le auto­rità israe­liane per giorni ave­vano trat­te­nuto le loro salme, le hanno resti­tuite alle fami­glie solo venerdì. I boati dei can­de­lotti lacri­mo­geni, le urla, i colpi sordi dei pro­tet­tili, con­tra­stano con il silen­zio che regna nella zona H2, sotto il con­trollo dell’esercito israeliano.

Un silen­zio che avvolge in par­ti­co­lare Shu­hada Street, Via dei Mar­tiri, un tempo arte­ria prin­ci­pale del cen­tro di Hebron, oggi una strada fan­ta­sma. I negozi sono chiusi, in giro non si vedono pale­sti­nesi. Eppure in que­sta parte di Hebron, che include la sto­rica Tomba dei Patriar­chi e una parte del mer­cato, risie­dono oltre 20 mila pale­sti­nesi. Per­sone costrette a vivere come topi nelle case, che usano stra­dine ed entrate secon­da­rie, che fanno il pos­si­bile per non tro­varsi a con­tatto con i coloni israe­liani. Mufid Sha­ra­wati è uno que­sti. Abita a pochi metri da Beit Hadas­sah, una colonia.

Due set­ti­mane fa sua figlia ado­le­scente ha assi­stito dalla fine­stra all’uccisione di un pale­sti­nese. L’uomo, hanno spie­gato i comandi mili­tari israe­liani, aveva aggre­dito con un col­tello un colono ebreo che ha rea­gito spa­ran­do­gli. Sha­ra­wati, tra­du­cendo in ebraico per una tv israe­liana la testi­mo­nianza della figlia, ha rife­rito invece di una discus­sione accesa tra il colono e il pale­sti­nese. «A un certo punto si sono allon­ta­nati l’uno dall’altro poi, all’improvviso, l’israeliano ha estratto un’arma e ha spa­rato». I coloni, spiega Sha­ra­wati, «fanno il bello e il cat­tivo tempo in que­sta parte della città, i sol­dati dovreb­bero garan­tire a tutti, anche a noi pale­sti­nesi, pro­te­zione e invece sono qui solo per difen­dere i coloni e coprire le loro aggres­sioni. Ci urlano di stare alla larga, di rima­nere in casa e di non scen­dere in Shu­hada Street».

«Il bello e il cat­tivo tempo»

A poche decine di metri dalla casa di Sha­ra­wati lo scorso 22 set­tem­bre è stata uccisa la 18enne Hadeel Hasha­la­moun. Per i sol­dati israe­liani aveva ten­tato un accol­tel­la­mento, una ver­sione non con­fer­mata dalle imma­gini cir­co­late in rete in quei giorni. Amne­sty Inter­na­tio­nal ha par­lato di «ese­cu­zione extragiudiziaria».

Dal 1994, a seguito del mas­sa­cro di 29 pale­sti­nesi nella Tomba dei Patriar­chi com­piuto dall’israelano Baruch Gold­stein, Shu­hada Street è stata pro­gres­si­va­mente blin­data dai mili­tari. L’ordine di chiu­sura totale è arri­vato nel 2000 e resta in vigore nono­stante una sen­tenza della stessa Corte suprema israe­liana che ne chiede la riapertura.

Da 15 anni 520 negozi di Shu­hada Street sono chiusi per ordine mili­tare, altri 700 sono stati abban­do­nati dai pro­prie­tari per la man­canza di clienti, solo una parte dei pale­sti­nesi resi­denti pos­sono tran­si­tarvi e comun­que non in auto.

Oggi que­sta strada fan­ta­sma rap­pre­senta il fal­li­mento della spar­ti­zione di Hebron decisa nel 1997 dal pre­mier israe­liano Neta­nyahu e dallo scom­parso pre­si­dente pale­sti­nese Ara­fat. Più di tutto è il sim­bolo della impos­si­bi­lità della con­vi­venza tra coloni e pale­sti­nesi, tra chi impone la sua pre­senza con la forza e chi è costretto a subirla.

«Anche in Israele sanno bene che il pro­blema di Hebron sono i coloni, vio­lenti e fana­tici, eppure non fanno nulla per fer­marli», ci dice Issa Amro, fon­da­tore di «Gio­vani con­tro gli Inse­dia­menti», «l’esercito li pro­tegge in ogni modo e non muove un dito per bloc­care gli attac­chi che com­piono con­tro i pale­sti­nesi e le loro case». Amro è cate­go­rico. La nuova Inti­fada, dice, è la con­se­guenza dell’occupazione mili­tare «e dell’aggressività dei coloni e delle pro­vo­ca­zioni della destra (israe­liana)» sulla Spia­nata delle moschee di Geru­sa­lemme. «Guar­date a ciò che accade ogni giorno», esorta l’attivista pale­sti­nese, «i coloni attac­cano i con­ta­dini pale­sti­nesi, com­piono raid puni­tivi nei nostri vil­laggi e tre mesi fa hanno anche bru­ciato vivo un bimbo di 18 mesi (Ali Dawab­sha, sono morti anche i geni­tori, ndr) e nes­suno di loro paga per quelle azioni. È una situa­zione insostenibile».

La sto­ria attra­verso i murales

Lo scorso anno fu una gior­na­li­sta israe­liana, Amira Hass di Haa­retz, a denun­ciare in suo arti­colo il clima che regna a Hebron: i pale­sti­nesi agli occhi dei mili­tari israe­liani sono sem­pre col­pe­voli e devono pro­vare la loro inno­cenza, invece i coloni sono sem­pre inno­centi. Andando verso la Tomba dei Patriar­chi si cam­mina nel silen­zio rotto solo dal pas­sag­gio di mezzi mili­tari e degli auto­bus usati dagli israe­liani per arri­vare a Hebron. I mura­les rac­con­tano la sto­ria della città secondo la ver­sione dei 700 coloni che vi vivono inse­diati: dai tempi di Abramo, pas­sando per il mas­sa­cro degli ebrei nel 1929 e la loro fuga, fino alla “reden­zione” avve­nuta nel 1967 con l’occupazione della Cisgior­da­nia e al «rien­tro» degli ebrei a Hebron.

Della pre­senza araba non vi è trac­cia in que­sto rac­conto. I pale­sti­nesi per i coloni sono sol­tanto un ele­mento deco­ra­tivo. Mor­de­chai, un colono sulla tren­tina, cami­cia bianca, occhiali da nerd, ci dice di «aver lasciato New York con pia­cere otto anni fa e di aver costruito la sua vita a Che­vron (Hebron)». Si mostra sereno men­tre dal silen­zio della strada fan­ta­sma ci porta nella colo­nia di Beit Romano. «Ecco, que­sti sono rotoli della Torah anti­chis­simi che custo­diamo qui, in que­sta pic­cola sina­goga. La nostra vita è sem­plice: lavoro, pre­ghiera, fami­glia», spiega con tono pacato, come se Hebron non fosse sul punto di esplodere.

Come tutti i coloni anche Mor­de­chi sostiene di avere «amici arabi» con i quali non ha alcun pro­blema. Aggira le nostre domande sulla con­di­zione dei pale­sti­nesi di Shu­hada Street chiusi in casa e sog­getti a restri­zioni for­tis­sime. «Un giorno ci sarà la pace» ci dice con­ge­dan­doci con largo sor­riso. La pace del più forte ovviamente.

 

di Michele GiorgioIl Manifesto

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Conflitti Globalidi redazioneTag correlati:

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Nasce “HUB”, un bollettino sulla militarizzazione e le resistenze dei territori

Dal lavoro congiunto di mobilitazione, organizzazione e inchiesta degli ultimi mesi che ha coinvolto diverse realtà e lavoratorə di Pisa, Firenze, Livorno, La Spezia e Carrara nasce il primo numero di “HUB”

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Ci stanno preparando alla guerra. E lo fanno contro di noi

Se militarizzano la società e ci chiamano nemici, la risposta è una sola: disertare la loro guerra, sottrarsi alla paura, spezzare il linguaggio che la legittima, difendere lo spazio vivo del dissenso.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Venezuela: gli Stati Uniti rivendicano un atto di pirateria nei Caraibi

“Bene, lo teniamo, suppongo”, ha affermato Donald Trump dopo essere stato consultato dai giornalisti sull’uso del greggio della petroliera sequestrata di fronte alle coste del Venezuela.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

La Regione Sardegna apre all’ampliamento della fabbrica di bombe RWM

La fabbrica RWM da anni attiva in Sardegna in una porzione di territorio, il Sulcis, di proprietà della tedesca Rheinmetall, vedrà molto probabilmente il via libera per il suo ampliamento.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Il fumo di Gaza oscura le fiamme della Cisgiordania: il Progetto Coloniale reso permanente

Mentre gli occhi internazionali sono puntati su Gaza, Tel Aviv sta portando avanti la sua più aggressiva campagna di Pulizia Etnica e furto di terre nella Cisgiordania Occupata dal 1948.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Ucraina, prof Carpi: “Gli accordi veri saranno saranno sugli interessi riguardanti la futura ricostruzione”

“Ho poca fiducia che l’Europa possa effettivamente svolgere un ruolo di mediazione; gli europei stanno procedendo in ordine abbastanza sparso.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Contro la falsa “pace” – Manifestazione regionale piemontese

In Palestina la Pace di Trump non è mai esistita, sono state oltre 400 le violazioni della tregua compiute da Israele

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Torturato Marwan Barghouti

Il noto prigioniero politico palestinese Marwan Barghouti è stato aggredito brutalmente dalle guardie carcerarie israeliane, secondo le informazioni trasmesse alla sua famiglia.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Libano: oltre 10 mila violazioni dalla tregua da parte di Israele

In queste settimane si sono verificati nuovi bombardamenti in Libano, in particolare nel sud, mentre si registrano droni che sorvolano la zona e che hanno lanciato esplosivi in diverse città come nel caso di Aitaroun, con la scusa di voler colpire Hezbollah.

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

Aska non è sola – Solidarietà in tutta Italia contro lo sgombero

Dallo sgombero di questa mattina sono decine i comunicati di solidarietà e prese di posizione di collettivi e realtà in tutta Italia contro l’attacco verso lo storico centro sociale torinese.

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

Askatasuna: “È solo l’inizio. Per voi.”

Questa mattina è avvenuto lo sgombero di Askatasuna, storico centro sociale torinese attivo da quasi tre decadi.

Immagine di copertina per il post
Antifascismo & Nuove Destre

Rexhino “Gino” Abazaj di nuovo arrestato a Parigi: il rischio di una nuova estradizione verso l’Ungheria

Nonostante il rifiuto della giustizia francese all’estradizione verso l’Ungheria di Orbán, il militante antifascista italo-albanese è stato arrestato su mandato tedesco.

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

Milano: maxi-operazione di polizia a Baggio. Sgomberati alloggi popolari ed utenze tagliate

Ieri mattina una maxi-operazione interforze disposta dalla prefettura ha impiegato quasi 250 uomini delle FFOO per effettuare 2 arresti e controllare oltre 600 persone, quasi per la metà di origine non italiana.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Ancora catene da spezzare – Appunti su pratiche di libertà e ed autodifesa

Negli ultimi anni, all’interno dei movimenti transfemministi italiani ed europei, si è manifestata una dinamica preoccupante: l’uso di linguaggi e strumenti nati per la liberazione come dispositivi di delegittimazione e controllo.

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

Mohamed Shahin è libero!

Di seguito ripubblichiamo il comunicato della campagna Free Mohamed Shahin che annuncia la felice notizia della sua liberazione e un contributo dell’avvocato Gianluca Vitale.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Nuova strategia Usa e chi non vuol capire

A proposito della nuova strategia degli Stati Uniti e le reazioni che ha suscitato