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Nicaragua: Sterminio politico di oppositori

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Nelle ultime settimane la dittatura Ortega Murillo è stata protagonista di un’ondata di repressione politica senza precedenti in Nicaragua.

Il regime ha incarcerato, senza passare attraverso le garanzie processuali, i precandidati Cristiana Chamorro, figlia dell’eroe nicaraguense Pedro Joaquín Chamorro e della ex presidente Violeta Barrios, Arturo Cruz, professore dell’INCAE, nominato ambasciatore del Nicaragua a Washington dal governo di Ortega nel 2007, Félix Maradiaga, ex presidente della chiusa ONG Istituto di Studi Strategici e di Politiche Pubbliche (IEEPP), e Juan Sebastián Chamorro, ex presidente della Fondazione Nicaraguense per lo Sviluppo Economico Sociale (FUNIDES), facente parte del Consiglio Superiore dell’Impresa Privata  (COSEP). I nominati sono iscritti alle primarie per scegliere il candidato alla presidenza da parte dell’opposizione, nell’unica casella disponibile che rimaneva come opposizione -dopo che il regime aveva cancellato improvvisamente la personalità giuridica del partito nella Coalizione Nazionale-, per cercare di unire i voti anti-dittatura della maggioranza dei nicaraguensi.

Pochi giorni dopo, la Polizia ha catturato i dirigenti dell’opposizione José Pallais e Violeta Granera, e quasi tutta la dirigenza del partito UNAMOS, composta principalmente da due generazioni del sandinismo critico: Ana Margarita Vigil, Suyen Barahona, Tamara Dávila, femministe e figlie di vecchi dirigenti, e i comandanti guerriglieri Hugo Torres e Dora María Téllez, riconosciuti per le loro eroiche partecipazioni nella lotta anti somozista, così come Víctor Hugo Tinoco, ex vicecancelliere nel decennio rivoluzionario.

Sono stati catturati anche l’ex presidente del COSEP, José Adán Aguerri, e il presidente esecutivo della Banca della Produzione  (BANPRO), Luis Rivas. I 16 arresti arbitrari si completano con due funzionari amministrativi delle organizzazioni civili indagate, detenzioni accompagnate dal congelamento dei conti di alti dirigenti e da altre misure.

Recentemente il regime ha anche annunciato l’ordine di togliere il segreto bancario, il congelamento dei conti e l’emissione di ordini di restrizione migratoria a 13 ex dirigenti del centro di pensiero FUNIDES, che include vari grandi capitali del paese.

Tutti sono accusati di lavaggio di denaro, avendo ricevuto fondi dagli Stati Uniti, attraverso le sue agenzie, di terrorismo e tradimento della patria per aver effettuato presunte attività contro la sovranità nazionale, come promuovere o applaudire l’applicazione di sanzioni a membri del circolo di potere del governante.

Questa ondata di sterminio politico contro gli oppositori si basa su leggi approvate nel dicembre del 2020 dal parlamento controllato da Ortega. Queste leggi ledono diritti fondamentali e sono marcatamente incostituzionali, e la loro implementazione si realizza senza nessuna indipendenza dagli altri organismi dello stato, totalmente docili al dittatore.

Tutte queste persone dell’opposizione detenute si trovano in isolamento e in carceri d’indagine, eccetto Cristiana Chamorro alla quale hanno dato gli arresti domiciliari. Le sue udienze si effettuano senza i suoi avvocati, nonostante le proteste dei suoi familiari. Tutte le catture sono state effettuate mediante travolgenti operazioni di polizia, perquisizioni di case prolungate per ore -buona parte di queste durante la notte- furti di cellulari, computer, memorie elettroniche, macchine fotografiche, e con eccessi di forza contro persone che non opponevano nessuna resistenza, né erano armate. La comandante Dora María Téllez è stata colpita allo stomaco, Ana Margarita e Violeta sul viso, secondo i racconti di testimonianze diffusi dai familiari.

Inoltre, per il fatto che si stanno realizzando le pratiche investigative, alla maggior parte è stata comminata la detenzione di 90 giorni, prima di passarli ad un giudice, secondo una recente e brutale riforma del codice processuale penale creata precisamente per reprimere gli oppositori. Per le indagini sono state citate personalità come Sergio Ramirez, Fabio Gadea Mantilla e altri 20 giornalisti riconosciuti nazionalmente e internazionalmente, padroni di media e di piattaforme digitali indipendenti. Questi sono interrogati sulla linea informativa o su quello che dicono nei loro articoli giornalistici, e li si minaccia di applicare la Legge sui Ciberdellitti, un’altra perla repressiva.

Questi recenti arresti portano a più di 130 il numero di prigionieri e prigioniere di coscienza in Nicaragua. Alcuni sono detenuti da più di 24 mesi, dall’esplosione sociale del 2018. Un altro caso è quello di Marvin Vargas, il primo prigioniero politico della dittatura, che nel 2021 ha compiuto 10 lunghi anni di sequestro arbitrario in una cella di massima sicurezza.

A scarsi cinque mesi dalle elezioni generali del novembre 2021, questa è una scalata implacabile e brutale che non ha nessuna razionalità, se non essere il demenziale proposito di intimorire il popolo del Nicaragua con sistematiche pratiche di terrorismo di stato. L’obiettivo è bloccare azioni di resistenza civile, in un panorama di stato d’assedio e legge marziale di fatto che dalla sollevazione popolare del 2018 si vive quotidianamente in Nicaragua.

Lo scorso maggio, quando è stata approvata la controriforma della Legge Elettorale ed è stato eletto un Consiglio Elettorale totalmente subordinato a Ortega, settori dell’opposizione hanno avvertito che “la frode è già cominciata” e che quest’anno si vedranno continuare le frodi perpetrate dal regime nelle precedenti elezioni. Ortega e il suo circolo sono afferrati al potere e non sono disposti a consegnarlo attraverso i voti, salvaguardandosi con l’apparato poliziesco e paramilitare dispiegato da molti anni.

D’altra parte, gli arresti degli oppositori sono stati spiegati da alcuni portavoce del regime, come è abituale Ortega ha mantenuto un totale mutismo. La giustificazione la trovano in una presunta guerra contro l’intervento dell’imperialismo. Così, l’ondata di detenzioni l’hanno chiamata “Operazione Danto 2021”, per ricordare le proprie basi nell’operazione  (Danto 88) dell’Esercito Popolare Sandinista (EPS) realizzata nel 1988 di fronte alle unità della Contra, operazione che incluse attacchi alle sue basi in Honduras, e che implicò l’uso massiccio di soldati e di risorse belliche da parte dell’EPS. Il regime pone questo episodio di arresti arbitrari come un’operazione di guerra, quando dall’altra parte c’è una ribellione civica e non violenta della cittadinanza. Con questi racconti vogliono anche scuotere e mantenere unita una sempre più ridotta base orteghista.

Questi medesimi portavoce anticipano che Ortega sarebbe disposto a negoziare, ma direttamente con gli Stati Uniti dato che bisogna parlare “con il padrone del circo e non con i pagliacci”. L’obiettivo di catturare queste figure dell’opposizione sarebbe anche di usarle come ostaggi in un eventuale negoziato, offrendo la loro libertà in cambio della sospensione delle sanzioni.

Il peggiore scenario che abbiamo pronosticato, di aperta frode elettorale e continuità del regime, si dispiegherebbe con la compiacenza di un settore della grande imprenditoria, alla quale non importano le istituzioni democratiche. Questo settore si rassegna ad una facciata democratica di suffragi vuoti e negoziati per una stabilità e una governabilità che beneficino i loro interessi privati, che da alcuni anni sono i medesimi di Ortega, trasformato ora in uno degli uomini più ricchi del paese.

Ma noi, la gioventù, la classe contadina, le donne, i movimenti sociali e tutti i settori popolari, che siamo la maggioranza, continuiamo a puntare su un vero cambiamento che includa libertà per tutte le prigioniere e i prigionieri politici, così come giustizia per gli assassinati e le vittime della brutale repressione del 2018. Questo, accompagnato da elezioni veramente pulite e partecipative, dove sia rispettata la volontà popolare.

La maggior parte dei dirigenti popolari che si sono posti alla testa della ribellione del 2018, sono stati obbligati all’esilio, sono in carcere, nascosti o morti. Questo spiega perché il regime sia riuscito -attraverso la violenza e il terrore- a mantenere il controllo sui quartieri e le comunità. Ma sappiamo che la repressione non è efficace per tutto il tempo e che la cittadinanza conserva nella propria memoria le orme di lotte e resistenze passate, aspettando il momento più opportuno per sollevarsi di nuovo, sicuramente solo il popolo salva il popolo.

* Mónica Baltodano: Comandante guerrigliera della Rivoluzione Popolare Sandinista del 1979. Ricercatrice sociale e storica. Participante alle lotte contro il potere oppressore, il patriarcato e il capitale.

17 giugno 2021

Desinformémonos

Da Comitato Carlos Fonseca

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