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La rabbia degli egiziani

A scatenare la rabbia dei manifestanti è stata la decisione delle autorità egiziane di erigere una barriera a protezione dell’ambasciata israeliana. Tale decisione è stata presa a seguito delle diverse manifestazioni avvenute nelle scorse settimane, quando migliaia di persone erano scese nelle piazze per esprimere il loro sdegno contro le violenze militari israeliane nella Striscia di Gaza, che hanno provocato la morte di decine di palestinesi e di alcune guardie di frontiera egiziane.

Ieri, i manifestanti hanno dapprima demolito il muro di protezione dell’ambasciata e, in seguito sono entrati all’interno dell’edificio, assediando gli uffici e lanciando documenti dalle finestre, costringendo l’ambasciatore ad abbandonare il paese.

Fin da subito i manifestanti si sono scontrati con un’ingente schieramento di forze dell’ordine che circondavano l’ambasciata con carri armati. Gli scontri sono proseguiti per tutta la notte concludendosi con un bilancio di molti arresti, oltre 400 feriti e 3 morti.

A seguito di questi scontri il primo ministro egiziano Essam Sharaf, ha disposto un incontro dell’unità di crisi dichiarando lo stato di massima allerta. Non si sono fatte attendere neppure, accanto alle preoccupazioni israeliane, quelle statunitensi: immediato l’intervento di Obama che chiede al governo egiziano di “proteggere l’ambasciata dai manifestanti e rispettare gli obblighi internazionali”.

La scorsa notte al Cairo si è manifestato per chiedere la fine dei rapporti con lo stato israeliano, ed anche contro i processi militari ai civili, nonché per la liberazione delle migliaia di attivisti egiziani ancora nelle prigioni dalle giornate della rivoluzione. Il popolo egiziano lotta anche per una vera giustizia per i martiri della rivoluzione, ben diversa da quella in corso con il processo di Mubarak che sempre a più egiziani sembra una farsa e che, negli scorsi giorni ha fatto ancora una volta ri-emergere la rabbia popolare espressa negli scontri davanti il tribunale dove era in corso l’udienza all’ex rais.

In questo momento lo stato israeliano sembra trovarsi diplomaticamente isolato in Medio Oriente, ma sempre forte del pieno supporto delle potenze occidentali, disposte a tutto pur di supportare lo stato ebraico che rappresenta la garanzia dell’egemonia occidentale nell’area. Il governo israeliano sta affrontando la più grande crisi nei rapporti con l’Egitto dalla firma degli accordi di pace del 1979.
Inoltre, lo stato sionista deve fronteggiare anche l’ostilità governativa turca, legata apparentemente alle vicende della “Mavi Marmara” in realtà prova generale per la candidatura all’egemonia nel Mediterraneo. In gioco ci sono le sondaggi marini per sfruttare le enormi risorse di gas naturale nel mare davanti Gaza.

In Egitto, storico alleato israeliano, emerge oggi un nuovo protagonismo popolare. Sempre più manifesta è la discrepanza tra la volontà di pacificazione del governo egiziano e quella di scontro aperto del popolo della rivoluzione.

Intanto aumentano sempre più, accanto alle speranze palestinesi, i timori israeliani che la primavera araba possa aver creato sentimenti che minino l’esistenza stessa dello stato ebraico. Staremo a vedere per quanto ancora i carri armati e le misure di sicurezza egiziane riusciranno a reprimere la volontà popolare per una vera giustizia in Medio Oriente.

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