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La piazza slovena fa tremare l’ Europa dell’Austerity

Il 23 gennaio appena trascorso è stata, nel silenzio generale delle principali testate d’informazione europee, la data della maggiore protesta della storia slovena sin dalla dichiarazione d’indipendenza del 1991. 
Il pacchetto di austerity, approvato in Aprile dal governo con l’assenso delle principali forze conservatrici del Paese, prevede manovre della portata complessiva di 1250 milioni di euro. 
Il processo di privatizzazioni “à la slovena” dell’ultimo decennio, interessato a mantenere le imprese privatizzate in mano a capitali nazionali, ha condotto a speculazioni, svendite e corruzione: agli occhi dell’opinione pubblica la politica, e con essa la stessa democrazia parlamentare, viene così percepita sempre di più come un’infrastruttura al servizio della corruzione e del clientelismo. 
Dalla fine del Novembre scorso, la composita piazza slovena si è radicalizzata, portando il dissenso all’austerità fin sotto i palazzi del potere, in modo costante e determinato. 
Sulla spinta dei principali sindacati, la popolazione ha cominciato a esigere fermamente le dimissioni del governo e il rigetto assoluto delle misure di austerità che allargano il fronte dei Paesi vessati dalla Troika. 
In questo contesto, mercoledì scorso è scesa in piazza la maggioranza dei lavoratori del settore pubblico, oltre 100 mila persone che hanno aderito allo sciopero generale indetto con l’intenzione di dare una grossa spallata al regime politico. 
La reazione del primo ministro Janez Jansa, attraverso i portavoci governativi è stata quella di mostrarsi disponibile a discutere la naturadelle misure d’ austerity senza l’intenzione di revocarle né ridimensionarle, adducendo il fatto che il governo stesso, capendo le difficoltà economiche della società slovena, starebbe facendo il possibile per dilazionare tagli e dismissioni strategiche del welfare, evitando in tale modo il declassamento da parte delle agenzie di rating. 
La piazza dal canto suo ha mostrato ancora una volta la sua rabbia, invadendo le strade delle principali città,in particolre a Maribor (cuore pulsante delle proteste) e a  Lubiana ,dove almeno  10mila manifestanti si sono attestati nelle adiacenze del Parlamento, con cartelli e striscioni che riportavano la scritta “Tutta la Slovenia in rivolta”. 
La protesta, ormai transgenerazionale e che coinvolge disoccupati, molti studenti, precari ed (ex)-dipendenti del settore pubblico, va avanti da mesi, con fasi alterne di radicalità che hanno avuto per ora culmine il 30 novembre scorso con gli scontri davanti al Parlamento, occasione in cui si esigettero le dimissioni del Presidente Danilo Turk. 
Il governo Jansa pare essere agli sgoccioli, ma le rivendicazioni della piazza vanno ben oltre un semplice rimpiazzamento dei vertici politici e alludono a contrastare un eventuale rimpasto tecnico, ben visto dalla BCE.. 
Un altro focolaio di protesta si è acceso nell’Europa delle lotte contro l’austerity, in una regione di intersezione tra area mediterranea, balcanica ed Europa Centrale.

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