InfoAut
Immagine di copertina per il post

La piazza sconfitta dall’Islam moderato e dall’autoritarismo?

I risultati elettorali, nonostante non vi siano ancora dati ufficiali, ci dicono che si terrà il ballottaggio tra due candidati: Mohammed Morsi dei Fratelli Musulmani (per il quale si sono espressi oltre un quarto dei votanti), e Ahmed Shafiq che si attesta appena al di sotto del suo avversario.
Al terzo posto figura l’esponente della sinistra nasseriana Hamdeen Sabbahi, intorno al 20%; Abul Fotouh è quarto con poco più del 17%, mentre l’ex segretario della Lega Araba Amr Moussa è quinto con circa il 12%.

Molte sono state le divergenze rispetto ai pronostici elettorali, e molti anche i fattori intervenuti a supporto dei due candidati che si sfideranno nel ballottaggio previsto per il 16 e il 17 giugno: Morsi è arrivato primo nonostante nei sondaggi sembrasse sfavorito; Shafik, che per i giovani rivoluzionari rappresenta una brutta copia di Mubarak, è arrivato secondo; Fotouh che, con le sue idee caritatevoli era supportato dai sobborghi poveri e sembrava potesse essere il favorito, esce dalla competizione elettorale; Sabbahi, inizialmente sfavorito, ha guadagnato consensi in campagna elettorale e ha ricevuto un voto su cinque.

Non manca la segnalazione di irregolarità: delegati di partiti e presidenti di seggio che hanno “raccomandato” chi votare, distribuzione di denaro o generi alimentari in cambio del voto in un paese in cui il tasso di povertà è altissimo, schede elettorali false ed intestate a persone decedute.
Tuttavia queste irregolarità, anche se molto presenti, non impediscono una lettura molto significativa dell’esito delle elezioni.

La forza della propaganda delle idee islamiche e del (nuovo-vecchio) regime.
La vittoria al primo turno dell’esponente dei Fratelli Musulmani secondo molti non è derivata da un genuino supporto popolare, bensì da manifesta capacità organizzativa della fratellanza che è stata capace di mobilitare i milioni di sostenitori sunniti per promuovere la candidatura di Morsi. Come era avvenuto durante le elezioni parlamentari – che hanno visto una schiacciante vittoria del movimento islamico, suddiviso tra la “moderata” fratellanza e gli “estremisti” salafiti – anche queste elezioni sono state segnate da un forte ricorso alla religione. Il lavoro degli imam nelle moschee e l’utilizzo di slogan come ‘se voti liberale non sei un bravo musulmano’, hanno diretto le scelte elettorali in una società fermamente percorsa dal credo musulmano.

Il dibattito elettorale si è svolto tra Islam e stabilità: ‘Legge ed Ordine’ contro ‘Islam’ hanno preso il posto delle rivendicazioni laiche e socialiste a lungo affermate da Piazza Tahrir.
La propaganda del regime ha fatto sì che il voto divenisse un voto per l’ordine, per la stabilità, un voto diretto dalle preoccupazioni che l’autorità ha instillato nel popolo parlando di instabilità dovuta alle rivolte portate avanti non più da rivoluzionari, ma da “delinquenti comuni”. Questi “delinquenti”, afferma il regime, cercano di creare caos e tradire la rivoluzione che noi sosteniamo e proteggiamo.

Dunque risulta vincente la scelta di aver fatto ricorso alla religione durante il dibattito elettorale, nonché la grande opera propagandistica messa in atto da ‘nuovo-vecchio’ regime.

Il vecchio slogan “Al-shaab yurid isqat al-nizam” (il popolo vuole la caduta del sistema) è lontano dalle urne elettorali.
Per la presidenza si scontreranno quindi le due forze più potenti della società egiziana: da una parte l’Islam dei Fratelli Musulmani e dall’altra l’autoritarismo di Shafiq, vicino alla giunta militare oggi al potere. Nonostante le apparenti diversità, molti sono i punti di comunanza tra i due, questo a riprova del fallimento di alcuni tra i più importanti valori rivoluzionari.

Entrambi si oppongono alla realizzazione di quel cambiamento di sistema a lungo invocato in Piazza Tahrir. Shafiq è stato parte di quel governo contro cui la rivolta si è scatenata e che, almeno formalmente, ha abbattuto. Morsi è il candidato dei Fratelli Musulmani, movimento che ben presto ha smesso di scendere in piazza, sia quando l’Egitto ancora in rivolta chiedeva l’arresto di Hosni Mubarak, sia quando i giovani rivoluzionari hanno manifestato nelle scuole, nelle fabbriche, nelle piazze per non veder tradite le aspirazioni rivoluzionarie.

Forti sono i legami anche sul piano della politica economica. Mentre in campagna elettorale Morsi rilancia il settore privato, Shafiq si è fatto promotore di una migliore partnership pubblico/privato, sostenendo la necessità di maggiori investimenti stranieri.
Diversità sull’influenza della finanza islamica, sul ruolo degli investimenti esteri, ma da nessuno dei due candidati proviene una critica al sistema neoliberista, lo stesso sistema a lungo combattuto da tutti coloro che in Piazza Tahrir lottavano contro le diseguaglianze create dal liberalismo sfrenato importato nel paese da Anwar Sadat e consolidato da Mubarak con il beneplacito delle potenze finanziarie internazionali, del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale.

Mentre gli USA si dicono contenti della “ritrovata stabilità”, sperando nella ri-costruzione di un Egitto che torni ad essere il prediletto partner occidentale nell’area mediorientale – un paese che continui ad assolvere quel ruolo ben svolto da Hosni Mubarak di garante dello status-quo nell’agitata regione mediorientalemolte sono le incognite e le preoccupazioni che affliggono gli egiziani.

Tra le incognite c’è sicuramente quella sul ruolo della fratellanza musulmana divenuta, da forza morale di opposizione, attore politico principale della transizione. In molti temono che la fratellanza, già maggioritaria in parlamento con il suo partito politico Giustizia e Libertà, possa divenire una brutta copia del partito islamico di Ankara che, promuovendo il liberalismo ed “assicurando la stabilità”, porta avanti un’intransigente convivenza tra islam moderato ed istituzioni “democratiche”.

Vi sono poi i militari, che con il Consiglio Supremo delle Forze Armate governano il paese fin dalla caduta di Hosni Mubarak. Nonostante gli esponenti del regime militare, Tantawi in primis, continuino ad affermare di voler lasciare il potere, molte sono le preoccupazioni rispetto al fatto che possano continuare a dirigere le sorti del paese tramite l’ormai nota opera repressiva ed il consolidato sistema di potere.

Dunque queste votazioni ci consegnano risultati da molti inaspettati, ma che sono spiegabili da fattori propri del sistema di potere che si è creato a seguito della rivolta e che ha portato ad una scarsa rappresentanza di quelle idee e di quei valori che hanno guidato il movimento rivoluzionario.

Intanto già si teme un possibile colpo di stato militare nel caso in cui al ballottaggio vinca l’esponente dei Fratelli Musulmani; va precisato però che, secondo molti, questa idea è sostenuta dal regime allo scopo di impaurire la popolazione e di dirottare il voto verso candidati moderati. Inotre si parla già di un possibile riemergere delle proteste, in particolare nel caso in cui a vincere sarà Shafiq.

Sono molte le incognite che ancora gravano sul futuro della transizione, quello che è certo è che i valori rivoluzionari emergeranno nuovamente dalle strade e non dalle urne.

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Conflitti Globalidi redazioneTag correlati:

Egittoelezionirivoluzione

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

I “potenti attacchi” su Gaza ordinati da Netanyahu hanno ucciso 100 palestinesi

I palestinesi uccisi ieri dai raid aerei israeliani sono un centinaio, tra cui 24 bambini, decine i feriti.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Monza: martedì 4 novembre corteo “contro la guerra e chi la produce”

Martedì 4 novembre a Monza la Rete Lotte Sociali Monza e Brianza e i Collettivi studenteschi di Monza hanno organizzato un corteo “Contro la guerra e chi la produce “.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Cosa c’entra Leonardo con il genocidio a Gaza?

Gianni Alioti, ricercatore di The Weapon Watch – Osservatorio sulle armi nei porti europei e mediterranei, ha scritto per Pressenza un approfondimento, con notizie inedite, sulle responsabilità di Leonardo nel genocidio a Gaza.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Libano: continuano gli attacchi israeliani nonostante la tregua del novembre 2024. Due persone uccise

Ancora bombardamenti israeliani nel sud del Libano, nonostante l’accordo di tregua concordato nel novembre 2024.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Coloni lanciano attacchi coordinati contro agricoltori e terreni della Cisgiordania

Cisgiordania. Negli ultimi giorni, gruppi di coloni hanno lanciato una serie di attacchi coordinati contro agricoltori e terreni agricoli palestinesi a Betlemme, al-Khalil/Hebron e nella Valle del Giordano settentrionale.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Occupazioni e proteste per la Palestina: gli aggiornamenti da Napoli, Torino e Verona

Proseguono le mobilitazioni in solidarietà con il popolo palestinese.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Cina, le linee guida del plenum sul piano 2026-2030

Si è conclusa la quarta sessione plenaria del XX Comitato centrale del Partito comunista. Fissati gli obiettivi generali del XV piano quinquennale.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Torino: cariche alla manifestazione in solidarietà alla popolazione palestinese e contro il governo Meloni “Blocchiamo Tajani”

Una manifestazione indetta per contestare la loro presenza come esponenti del Governo Meloni, complice di Israele nel genocidio in Palestina.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Tunisia in rivolta: proteste e scioperi contro l’inquinamento dell’impianto chimico

Il 21 ottobre 2025, la città tunisina di Gabès è stata paralizzata da uno sciopero generale e da massicce proteste contro l’inquinamento causato dall’impianto chimico statale gestito dal gruppo Tunisian Chemical Group (CGT)

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Brasile: solidarietà internazionalista, João Pedro Stédile spiega la posizione del MST sul Venezuela

João Pedro Stédile, nell’intervista che ha concesso a Rádio Brasil de Fato, spiega la posizione politica del Movimento dei Lavoratori Rurali Senza Terra (MST) di fronte alla situazione in Venezuela.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Nepal: intervista da Katmandu con Navyo Eller, “Mai vista una rivoluzione così veloce, netta e senza compromessi”

È tornata la calma nel paese himalayano dopo le durissime quanto rapide proteste della scorsa settimana a Katmandu e in molti altri centri del Nepal.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Elezioni in Germania: esiste un “male minore”?

La Germania si avvia verso un nuovo governo di grosse koalition tra CDU-CSU e socialisti, tra i vincenti e gli sconfitti di questa tornata elettorale. AfD si afferma come secondo partito, ma non conquista abbastanza voti da rendere impraticabile un governo senza il partito di estrema destra. Le esternazioni di Musk ed il progetto MEGA […]

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Gli Stati Uniti verso le elezioni: guerre e guerra civile

Manca poco più di una settimana alle elezioni negli Stati Uniti e nonostante i pronostici regna l’incertezza.

Immagine di copertina per il post
Traduzioni

Un suspiro de alivio, nada más

Más que la victoria a medias de la izquierda en Francia, lo que realmente podemos celebrar es la derrota de la Agrupación Nacional de Le Pen. Una derrota clara, una buena noticia a corto plazo pero que, después de haber suspirado de alivio, nos obliga a hacernos unas cuantas preguntas

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Un sospiro di sollievo, nient’altro

Più che la vittoria dimezzata, per quanto in parte sorprendente, della sinistra in Francia ciò che c’è possiamo festeggiare è la sconfitta del Rassemblement National. Una sconfitta chiara, ed una buona notizia nel breve termine, ma che, dopo aver tirato un sospiro di sollievo, ci costringe a porci diverse domande.

Immagine di copertina per il post
Antifascismo & Nuove Destre

Un fronte più salutare che popolare.

Traduciamo un commento da parte del collettivo francese Cerveaux Non Disponible rispetto alle elezioni per dare un quadro il più possibile composito di quali siano gli animi nei movimenti francesi a seguito della decisione di Macron.

Immagine di copertina per il post
Culture

Quando il polemos si fa prassi

Majakovsky aveva paura che «una corona» avrebbe potuto «nascondere la sua fronte così umana e geniale e così vera» e «che processioni e mausolei» avrebbero offuscato la «semplicità di Lenin».

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Le elezioni USA: non solo uno scontro tra un “rimbambito” e un “delinquente”

Dopo il Super Tuesday del 5 marzo, la partita delle primarie presidenziali negli Stati Uniti si è chiusa con lo scontato risultato della vittoria di Biden da un lato e di Trump dall’altro, che quest’estate verranno incoronati quali candidati per la corsa del novembre 2024 nelle Conventions dei rispettivi partiti.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Alcune valutazioni post elezioni in Turchia.

Con Murat Cinar facciamo il punto sulle condizioni delle elezioni in Turchia e gli scontri tra popolazione e forze dell’ordine nei giorni immediatamente successivi.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Turchia: Erdogan tenta di delegittimare la vittoria di Dem nel sud-est del paese. Manifestazioni e scontri

Proseguono i tentativi del sultano Erdogan e del suo partito AKP di delegittimare i risultati espressi nel voto per le elezioni amministrative del fine settimana.