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Israele offre l’uniforme ai cristiani palestinesi


Tutti se l’aspettavano e ieri è arrivata. Dopo l’approvazione da parte della Knesset della legge che distingue legalmente cittadini cristiani e musulmani in ambito di opportunità di lavoro, il secondo tentativo di divisione interna della comunità palestinese è giunto sotto forma di uniforme dell’esercito.

Ieri le autorità israeliane hanno cominciato ad inviare ai palestinesi cristiani cittadini israeliani di 18 anni la chiamata al servizio militare, fino ad oggi una scelta volontaria per tutti i palestinesi residenti in Israele – sia per il milione e 300mila musulmani che per i 130mila cristiani. Il servizio – specificano a Tel Aviv – resta volontario e non diventerà obbligatorio per i cristiani, ma l’esercito spera che inviando le lettere di reclutamento aumenterà con consistenza il numero di palestinesi cristiani che decideranno di vestire la divisa dell’esercito israeliano. Oggi, secondo statistiche interne, sono un centinaio l’anno i palestinesi cristiani che si arruolano; la speranza dell’esercito è di toccare quota mille l’anno.

“Ci rivolgiamo alla popolazione cristiana in età da servizio militare (17 e 18 anni) – ha spiegato il colonnello Amir Hai, intervistato in televisione – Gli invieremo notifiche per entrare volontariamente nell’esercito. Nessuna unità sarà preclusa ai cristiani, a meno che ci sia un criterio che limita l’abilità di prestare servizio”.

“Tale misura era attesa dopo la campagna della destra israeliana per dividere i cristiani dal loro popolo incoraggiandoli a pensare di non essere arabi – ha commentato Bassel Ghattas, parlamentare del partito Hadash – Chiediamo ai cristiani di rispedire indietro le lettere o di distruggerle pubblicamente, perché il prossimo passo potrebbe essere il servizio militare obbligatorio o il servizio civile”.

Leggi che hanno un chiaro significato: rompere i legami interni ai palestinesi cittadini israeliani, creando artificiose differenze di religione e di opportunità, generando falsi sentimenti di discriminazione al fine di indebolire l’unità dell’identità araba palestinese.

Lo strumento è l’esercito, la principale porta di ingresso nella società israeliana e nel mondo del lavoro. Per chi non ha svolto il servizio militare, non è facile una piena integrazione nel mercato del lavoro, soprattutto nel caso di obiettori di coscienza o di cittadini palestinesi. Ad ogni colloquio di lavoro – raccontano spesso i giovani refusnik israeliani, coloro che decidono di non vestire la divisa per ragioni politiche – viene domandato in quale unità si è servito l’esercito. La risposta negativa non aiuta certo a trovare un posto nella propria società.

Una discriminazione sottile nel caso di giovani ebrei israeliani, una divisione istituzionalizzata nel caso di palestinesi cittadini israeliani. Oggi il target sono i cristiani: avvicinarli con canti di sirena per spezzare l’identità araba e palestinese del 20% della popolazione dell’attuale Stato di Israele.

Da Nena News

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