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Cisgiordania: esercito israeliano uccide 5 palestinesi

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Le uccisioni sono avvenute tra l’area Jenin e a nord di Gerusalemme. Israele parla di membri di Hamas “pronti a colpire”. Condanna dell’Autorità palestinese che però è accusata dai familiari di una delle vittime di complicità con l’esercito. Liberata dopo due anni di carcere Khalida Jarrar, rappresentante di primo piano del partito di sinistra “Fronte popolare per la Liberazione della Palestina”

Roma, 27 settembre 2021, Nena News – L’esercito israeliano ha ucciso ieri 5 palestinesi nei blitz compiuti vicino alla città di Jenin e a nord ovest di Gerusalemme (Cisgiordania occupata). Le prime tre vittime, originarie del villaggio di Biddu, sono state uccise nel paesino di Beit Anan dove è stato proclamato uno sciopero generale di un giorno per protestare contro la loro morte. Si chiamavano Ahmad Zahran, Mahmoud Hmaidan e Zakariya Badwan.

Le altre due uccisioni sono avvenute vicino alla città di Jenin: una delle vittime – scrive la stampa palestinese – si chiamava Osama Soboh, aveva 22 anni e proveniva dal villaggio di Burquin. Proprio il sindaco di Burquin, Mohammad al-Sabah, ha detto che il giovane è morto all’ospedale di Jenin per le ferite riportate e che è stato già sepolto. Negli scontri con le truppe israeliane, altri 6 palestinesi sono rimasti feriti e sono stati portati in ospedale. Su quanto avvenuto nella città cisgiordana, è intervenuto il movimento palestinese del Jihad islamico che ha rivendicato l’appartenenza di Soboh al suo braccio armato (Le Brigate al-Quds) e ha esortato in un comunicato tutte le altre fazioni palestinesi ad agire insieme “per combattere l’entità sionista”.

Secondo la stampa locale, Israele al momento starebbe trattenendo i cadaveri dei tre palestinesi uccisi a Beit Anan e di uno dei palestinesi uccisi a Jenin. Il quotidiano israeliano Haaretz riferisce inoltre che anche due soldati sarebbero rimasti feriti gravemente negli scontri avvenuti con i palestinesi nel corso del blitz dell’esercito.

Per Israele, le vittime di ieri erano tutti combattenti del movimento islamista Hamas. Secondo quanto ha dichiarato il premier israeliano Bennet, l’esercito ha agito contro combattenti che “erano sul punto di compiere attacchi”. Sui fatti di ieri è intervenuto anche il presidente dell’Autorità palestinese (Ap) Mahmoud Abbas che ha condannato le uccisioni compiute da Israele definendole un “crimine odioso”. Proprio Abbas, nel suo discorso registrato per l’Assemblea generale delle Nazioni Unite, venerdì aveva detto che Tel Aviv ha solo “un anno di tempo per ritirarsi dai Territori palestinesi occupati nel 1967”, minacciando di rivolgersi alla Corte penale internazionale e di revocare il riconoscimento di Israele avvenuto dopo la firma degli Accordi di Oslo. Abbas si è anche detto pronto a negoziare durante i prossimi 12 mesi e sulla base delle risoluzioni internazionali, i confini dello Stato palestinese che dovrà sorgere accanto a Israele.

Ma le sue parole non hanno convinto molti: la sua popolarità è ai livelli più bassi di sempre e, secondo un sondaggio, l’80% dei palestinesi vuole le sue dimissioni. Non sorprende pertanto che persino la sua condanna delle uccisioni di ieri non sia riuscita a compattare le file del popolo palestinese. Anzi, la famiglia Zahran, che ieri ha pianto l’uccisione del figlio Ahmad durante il blitz dell’esercito israeliano a Jenin, ha accusato proprio l’Ap di Abbas di aver aiutato l’esercito nel corso del raid. “E’ l’Autorità palestinese che ci ha mandato gli israeliani da noi”, ha detto al portale Quds.net la madre di Zahran. La donna ha anche riferito che i militari di Tel Aviv stavano dando la caccia al figlio da settimane e che avevano interrogato e arrestato diversi membri della famiglia nei giorni precedenti.

Le uccisioni di domenica giungono a due giorni di distanza da quella del dimostrante palestinese Mohammad Khabis (28 anni) avvenuta nel villaggio di Beita durante le proteste contro l’avamposto coloniale ebraico di Evyatar. Nelle incursioni dell’esercito israeliano in Cisgiordania, è l’area di Jenin quella che sta pagando il prezzo più alto in termini di vite umane: lo scorso mese nel campo rifugiati della città i militari hanno uccisi 4 palestinesi.

L’unica buono notizia arrivata ieri per i palestinesi è stata la liberazione della politica e attivista di sinistra Khalida Jarrar dopo due anni di carcere. Jarrar, esponente di spicco del Fronte popolare per la Liberazione della Palestina (FPLP) e membro del Consiglio Legislativo palestinese, era in carcere dall’ottobre del 2019. A inizio anno le autorità israeliane le avevano negato la possibilità di partecipare ai funerali di sua figlia Suha (31 anni) morta per un attacco cardiaco. Nena News

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pubblicato il in Conflitti Globalidi redazioneTag correlati:

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