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Parma: tredici famiglie occupano ex caserma

Oltre al disprezzo per l’atteggiamento della Banca, il cui Vice Presidente Fabrizio Pelanzona è stato indagato per reati finanziari e favoreggiamento ad associazioni mafiose, non possiamo che condannare l’atteggiamento dell’Amministrazione Comunale che da un lato è consapevole di avere esaurito gli strumenti finora usati per tamponare l’emergenza abitativa, dall’altro ha assecondato le pressioni dei poteri forti nell’esecuzione dello sgombero di Via Cagliari pur sapendo che per gli abitanti non c’erano alternative. All’assessore Rossi che dice che le occupazioni non sono la risoluzione del problema casa, ribadiamo con forza il concetto che le migliaia di casevuote in città e provincia sono abbondantemente sufficienti a garantire un tetto sulla testa per tutti. Chi occupa non lo fa, come dice la Rossi, per vedersi poi assegnare una casa popolare, cosa che nei fatti non si è tra l’altro mai verificata. Lo fa perché spinto dal bisogno trova la soluzione lì dove sta, nella casa vuota con il suo valore d’uso, nel ripristino della sua utilità non economica ma sociale.

Occupare oggi è una dura necessità, conseguenza del fatto che nessuno provvede a bloccare gli sfratti che a migliaia ogni anno colpiscono anche la nostra città, conseguenza del fatto che gli strumenti pubblici di contenimento dell’emergenza, le case popolari ma anche le strutture di accoglienza sono insufficienti e sature mentre per di più si eseguono sgomberi per difendere gli interessi di banche e grandi proprietari immobiliari e le autorità non hanno la benché minima volontà di requisire almeno una parte delle migliaia di alloggi sfitti.

L’Agenzia per la locazione, strumento cui l’amministrazione attribuisce fantastiche virtù, ancora una volta fa affidamento al buon cuore dei proprietari che invece sono interessati più che alle buone azioni, ad incassare una rendita più elevata possibile. L’affitto concordato inoltre non può essere considerata una soluzione per famiglie in difficoltà economica che faticano a trovare i soldi per sopravvivere. Occorrono alloggi a canone sociale, se l’ente pubblico non li garantisce è normale che i senza casa cerchino la soluzione dove la vedono cioè nelle case vuote. Parlando della casa di Via Zarotto diciamo subito che nei confronti del vicinato ci vogliamo porre in termini di apertura e collaborazione. Vogliamo rassicurare tutti , visto il clima di paura ampliamente diffuso dai mass media e da partiti e gruppi xenofobi, del fatto che i nuovi abitanti di Via Zarotto 80 sono persone conosciute con esperienza di convivenza già consolidata, persone che rivendicano la tutela della loro dignità e che da anni lottano con noi per vedere riconosciuto, dopo decine di anni di permanenza in Italia, il loro diritto a un’esistenza degna. Anche l’esperienza di via Cagliari era stata inizialmente percepita con diffidenza ma dopo pochi mesi si era già stabilito con tutto il vicinato un rapporto di fiducia e rispetto reciproco. Non vogliamo creare disagio ma rapporti umani. Ci vogliamo anche porre come punto d’ascolto per le emergenze sociali, in particolare per chi si trova in difficoltà con il pagamento di affitti, mutui,bollette, problemi che non vanno vissuti come drammi personali ma che devono diventare questioni sociali da affrontare pubblicamente con la lotta.Blocco degli sfratti, requisizione dello sfitto, blocco dei distacchi delle utenze, blocco dei pignoramenti.

Se non lo fa chi può farlo (politici, prefetto ecc) lo facciamo noi.
Solidarietà e comunanza d’azione con gli sgomberati del l’ex Telecom di Bologna e con tutti coloro che sono colpiti dalla guerra contro i poveri messa in atto dal Governo Renzi. Le persone non si cancellano, la resistenza non si fermerà mai.

Rete Diritti in Casa

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