Torino: i Pm tentano di regolare conti e carriera contro i compagn*
Ieri era il turno di 9 compagni sotto processo per dei fatti avvenuti il primo maggio del 2009. Fatti marginali che avevano visto alla fine del corteo il fermo da parte di due vigili urbani di un compagno che stava attaccando dei manifesti con il nastro adesivo. I vigili trattenevano il compagno tra le proteste di molti partecipanti alla manifestazione sindacale (diversi signori anziani); ad un dato momento un gruppo di compagni si avvicinò e invitò i vigili a desistere da tale provocazione, assolutamente immotavita, e poco dopo intervenne la polizia, ci fu qualche momento di concitazione ma nulla di che, tan’è che nel video prodotto dalla Digos non vi è mai uno degli imputati ripreso nel commettere qualsiasi atto particolare.
Ma un fatto marginale nella strategia della procura torinese diventa fondamentale per apporre qualche altro tassello nel tentativo di mettere fuori gioco i/le militant* dei movimenti.
Così il solito pm con l’elmetto prosegue la sua crociata, del resto, fa parte di quel pool che denuncerebbe anche la pioggia per tintinnio pericoloso.
Il Pm è il solito Antonio Rinaudo, ben conosciuto alle cronache dei movimenti sociali torinesi e al movimento notav.
Tornando ai fatti di ieri, in un clima da inquisizione, con la giudice che chiedeva agli imputati di non appoggiarsi al tavolo e di togliere gli occhiali dalla testa, si è consumato un atto che mira a colpire con forza i compagni in oggetto. Dopo non essere stata una prodotta una prova (tra foto e filmati) raffigurante qualsiasi atto di “violenza” il pm ha fatto la sua requisitoria proiettando alcune slide per mostrare le facce degli imputati e da li desumerne l’atteggiamento violento, insomma un processo alle espressioni. Prima di fare questo il pm ha consegnato al giudice una scheda personalizzata per imputato, rimarcando i precedenti di molti e spiegando nel corso del processo che ” a questi qui non gli si può dire niente, a loro è tutto dovuto”. Ha terminato consegnando al giudice le sue richieste di condanna, per non farla sbagliare, che vanno dall’anno e due mesi ai 5 anni. Uno sproposito visto che parliamo di un processo per resistenza a pubblico ufficiale e che nessuna prova prodotta dimostra un qualsiasi atto che le giustifichi.
Allora c’è dell’altro dietro e forse dipenderà dal fatto che prima di entrare in aula con la scorta, Rinaudo ha fatto visita al pm Padalino, nell’aula dove si doveva tenere l’udienza occupata da un altro processo e quindi spostata )e per questo un imputato era li presente),a confabulare magari dicendogli: ” oggi diamo un colpo quelli dell’autonomia” e così è stato.
Nella strategia generale in atto da parte della procura, ogni occasione è buona per dimostare la propria fedeltà al pool e al “vecchio” Caselli, che anche se non in servizio, apprezza sempre.
Non è nostro costume lamentarci altrimenti potremmo tranquillamente parlare di persecuzione per alcuni compagni, visto che uno era già stato condannato a 5 anni per una manifestazione (NO belusconi night) che gli sono stati riprosti per questo processo. O per un altro compagno al quale sono stati chiesti 3 anni e due mesi perchè dall’espressione si “vede che comanda” (testuali parole), o per altri compagni per i quali il pm ha chiesto pene tra 1 e 2 due anni perchè dalle espressioni si evince chiaramente il loro intento violento…per un totale di 17 anni e 1 mese.
L’8 maggio ci sarà la sentenza.
No, non diciamo persecuzione, ma poco ci manca.
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