
Stralci di inchiesta (2): trasformazioni del mondo del lavoro – Agenzie del lavoro
L’immagine che proiettano le parole dell’intervista rimanda a quella che è una continua moltiplicazione delle condizioni di lavoro – tutte segnate al ribasso. La costante stratificazione del mercato segue linee: di “classe” (laddove la possibilità economica di acquisire skill formative, linguistiche, di esperienza di vita ecc… determina un accesso alle fasce di reddito superiori – all’interno comunque di un generale abbassamento di garanzie e retribuzioni); di “genere” (nell’intervista si riporta il caso di una discriminazione sulla base dell’orientamento sessuale, ma evidentemente il discorso si può notevolmente ampliare); di “razza” (laddove risulta evidente come la linea del colore venga utilizzata per gerarchizzare il mercato). Il tutto mentre diviene sempre più fitto l’intreccio, per l’impianto economico, fra enti istituzionali e la diffusione di forme di organizzazione del lavoro che rompono il rapporto diretto tra azienda e lavoratore in favore di attori come le agenzie del lavoro e le cooperative (alle quali si potrebbero aggiungere, come detto, le svariate forme di “welfare” come la disoccupazione, la mobilità ecc… ossia l’intervento statuale) – il tutto dotando di strumenti le aziende a pesante discapito dei lavoratori, con imprese che sempre più sono sganciate da una relazione col territorio.
Nell’intervista si propone uno spaccato del mondo del lavoro che va evidentemente situato all’interno della propria specificità territoriale. Alle tre variabile sopra menzionate si potrebbe infatti aggiungere, per elaborare un quadro più ampio, anche la linea di gerarchizzazione del lavoro che sempre più si distribuisce secondo linee “geografiche”, moltiplicando e mischiando i “nord” e i “sud” nel mondo. Tuttavia emergono alcuni spunti di lettura utili per una interpretazione delle condizioni di vita che attraverso un esponenziale aumento della flessibilità – che diviene infinita, standardizzata, elastica per potersi adeguare ai ritmi di un capitale globale finanziario che necessita sempre più di plasmare i territori valorizzandone le variabili locali ma inserendole entro un tessuto globale – segnano il contesto attuale.
Buona lettura.
(Infoaut): In realtà partirei lasciandoti ruota libera rispetto a come vedi il mondo del lavoro oggi…
(Roberto): Non so, la prima cosa che mi viene da dirti è che quando si parla di lavoro… Io ho iniziato a lavorare nel 2007, poco prima, un annetto prima, che ci fosse tutta la crisi, il casino di fine 2008. Sembra quasi difficile da credere, però era veramente un’altra cosa. Io nel giro di un anno ho cambiato tre volte lavoro, nel 2007. Ed era un periodo, fino a quel momento, in cui anche senza particolari titoli di studio, senza una particolare preparazione, era abbastanza facile mediamente per qualsiasi persona trovarsi un lavoro seguendo bene o male le proprie attitudini. Quello che è successo dopo il 2008, per lo meno, ti ripeto, dalla mia visione, poi a livello generale faccio fatica… Quello che c’è stato dopo il 2008, sostanzialmente, è stato cassa integrazione e mobilità per una marea di aziende. Quasi tutte l’hanno fatta. E questo si è protratto bene o male fino al 2012-2013. Quindi son stati quattro-cinque anni di licenziamenti, aziende che hanno chiuso, aziende che hanno fatto della mobilità, aziende che han fatto della cassa integrazione.
Quindi fino a gran parte del 2013 è stato bene o male questo: aziende che chiudevano, aziende che licenziavano, aziende che facevano della cassa integrazione, aziende che facevano della mobilità. E in quel periodo era veramente difficile inserirsi in qualsiasi realtà. Dopo un pochino le cose sono ripartite, dal 2014 grosso modo le cose sono ripartite. Però sono ripartite in modo completamente diverso rispetto a come era nel 2007 quando ho iniziato a lavorare io. Adesso ci sono due aspetti: da un lato le figure impiegatizie, mettiamola così; e dall’altro gli operai, le figure tecniche. Quello che è cambiato maggiormente è che tutte le aziende hanno alzato di molto il target. Adesso per avere un lavoro devi, se loro cercano uno che abbia una laurea in economia e che sappia l’inglese, se a loro serve questo, loro puntano a trovare uno che abbia due lauree in economia e sappia l’inglese e il tedesco. Perché fondamentalmente c’è un sacco di gente che cerca il lavoro e quindi gli standard si sono alzati di molto. Questo da un punto di vista delle figure impiegatizie. Sugli operai e sulle figure tecniche, anche lì, adesso c’è poca disponibilità a dire “prendo qualcuno e gli insegno”. Adesso vogliono tutti persone che abbiano già esperienza. Oppure, per i lavori di manovalanza, mentre una volta i lavori bassi erano quelli che andavano a fare gli extracomunitari, adesso invece anche per i lavori di quel tipo molte aziende hanno iniziato a dire “no, noi non vogliamo più extracomunitari”, quindi anche in quel settore vanno italiani che per mille motivi non riescono più a riprendersi quel tipo di lavoro come avevano nel periodo pre-crisi.
Da un punto di vista contrattuale bisogna fare un paio di distinzioni. Le aziende più grandi hanno incrementato di molto la percentuale di flessibilità, adesso quelli che possono tenere con un contratto precario, quindi tendenzialmente con agenzia in questo caso, lo fanno. E’ molto difficile che un’azienda ti assuma direttamente o a tempo indeterminato a parte qualche caso particolare. E questo vale sempre di più per le categorie impiegatizie, non solo per gli operai.
(Infoaut): Rispetto al ruolo delle cooperative…
(Roberto): Bhè io le cooperative le conosco di striscio, mi ci imbatto ogni tanto. Secondo me il mondo cooperativo funziona, per la mia esperienza, io ti parlo del polo alimentare e del settore xxxxxxx, soprattutto per quanto riguarda la parte della logistica e del magazzino… Nelle cooperative secondo me non c’è stato nessun cambiamento. Nel settore alimentare è sempre stato uso e costume appaltare, in maniera più o meno pulita, non solo la logistica, ma anche la produzione, alle cooperative. Si faceva 10 anni fa e si fa anche adesso.
(Infoaut): Se tu dovessi descrivere il tuo ruolo, nell’organizzazione del lavoro… Tu cosa fai come mansione?
(Roberto): Concretamente noi ci occupiamo di quattro cose: ricerca e selezione (cioè noi supportiamo nella selezione e l’azienda inserisce direttamente), formazione, outplacement (il servizio che garantisce all’azienda la flessibilità in uscita), e la somministrazione – che sarebbe il lavoro interinale, che adesso non si chiama più lavoro interinale ma proprio somministrazione. In questo caso le aziende si rivolgono a noi proprio per selezionare le persone di cui hanno bisogno e poi assumerle tramite l’agenzia. Oppure succede anche, abbastanza spesso, che le persone le ha già selezionate l’azienda però piuttosto che assumerle direttamente le assume tramite noi, tramite l’agenzia. Questo perché la flessibilità che hanno tramite agenzia è molto maggiore.
Dopo la riforma Poletti il lavoro a tempo determinato è molto più flessibile, quindi un’azienda che assume direttamente può fare un contratto iniziale e cinque proroghe a questo contratto. I limiti massimi di tempo dipendono da ogni contratto nazionale, in linea di massima siamo sui 36 mesi nei quali un’azienda, se assume direttamente, può dividere questi 36 mesi in sei spezzoni. Contratto, e cinque proroghe. Con l’agenzia può suddividere questi ipotetici 36 mesi, che ripetono variano da contratto nazionale a contratto nazionale, in un numero infinito di volte. […] Quindi volendo una azienda può rinnovare di continuo fino al 35o mese poi dirti: “ciao, grazie”.
Se una azienda arriva al 36o mese di solito o assume direttamente a tempo indeterminato, o corre il rischio di continuare così – c’è anche chi fa questo. Se il lavoratore non reclama nulla non è che scatta automaticamente. L’obbligo ci sarebbe, però è il lavoratore che deve reclamare questa cosa.
Oppure adesso sta prendendo sempre più piede il cosiddetto staff leasing: l’assunzione a tempo indeterminato da parte dell’agenzia. A noi capita che ci siano aziende che al 36o mese con un lavoratore dicano: “ok, questa persona mi piace. Sono contento. Però di assumerla io a tempo indeterminato non è che ho molta voglia”. Quindi la faccio assumere all’agenzia per il lavoro a tempo indeterminato. Quindi questo lavoratore ha un contratto a tempo indeterminato con l’agenzia, noi agenzia lo mandiamo a tempo determinato in quell’azienda, a tempo variabile. […]
L’agenzia ha l’obbligo per legge ad equiparare il lavoratore somministrato ai dipendenti diretti dell’azienda utilizzatrice. Quindi noi dobbiamo applicare non solo il contratto nazionale, se ci sono dei contratti integrativi noi dobbiamo applicare le stesse identiche regole.
(Infoaut): Quindi si può dire che voi siete proprio dei datori di lavoro?
(Roberto): Noi siamo dei datori di lavoro e dobbiamo trattare i dipendenti somministrati come i dipendenti diretti dell’azienda. Mentre con la cooperativa l’azienda ha dei vantaggi di tipo economico, perché i costi del lavoro sono più bassi, con l’agenzia per il lavoro non ha vantaggi a livello economico, spende di più. Però ha una flessibilità infinita. In questi 36 mesi per assurdo potresti fare un contratto di un giorno per tre anni consecutivi.
E un’altra cosa che ha cambiato Poletti è stata togliere il motivo di ricorso. Prima della riforma se tu prendevi una persona a tempo determinato o con l’agenzia dovevi esplicitare sul contratto il motivo per cui tu prendevi uno a tempo determinato. E c’erano delle categorie ben precise da rispettare. Poletti ha tolto questa cosa. Tu lo puoi prendere senza dare un motivo specifico. E questa cosa dei motivi di ricorso era una delle principali cause di vertenza perché raramente rispettavano i parametri di legge.
(Infoaut): Cosa ne pensi del Jobs Act, che ad oggi sembra una sorta di bolla…
(Roberto): Ma guarda, è una bolla incredibile… Siccome anche noi adesso sempre più spesso assumiamo a tempo indeterminato e poi mandiamo nelle aziende a tempo determinato, ci siamo ritrovati l’anno scorso a fare contratti a tempo indeterminato di persone che comunque sarebbero state assunte a tempo indeterminato. Semplicemente molte aziende hanno detto: “c’è questa persona da me da due o tre anni. Mi piace… C’è questo sgravio fiscale incredibile… Me la rischio. Me la rischio e lo assumo a tempo indeterminato. Tanto se poi mi va male con i soldi che risparmio di contributi ci pago il licenziamento”. Perché poi nel Jobs Act c’è anche questa cosa del licenziamento per motivi economici. E’ molto facile: tu dici che per motivi economici non hai più bisogno del lavoratore X, ci sono delle tabelle, e in base all’anzianità eroghi una sorta di buonuscita. Quindi molte aziende hanno stabilizzato dei lavoratori che prima erano più precari. Questo è successo, però non ha creato nuovi posti di lavoro. Ha trasformato dei contratti a tempo determinato in contratti indeterminati […] col fatto che adesso per motivi economici l’azienda ti può licenziare, quindi l’indeterminato vale molto meno. Il risparmio economico di tre anni di contributi copre tranquillamente una buonuscita per il licenziamento. Quindi sì, per me è stata proprio una bolla pazzesca.
(Infoaut): Il ruolo del sindacato tu come l’hai visto?
(Roberto): Il sindacato cerca di sincerarsi che vengano rispettate le condizioni della legalità, quando va bene. Qui ci sono anche sindacalisti abbastanza bravi, ma il sindacato fa questo, non fa più di questo. Se uno va a lamentarsi perché dice “cazzo, io dovrei essere pagato X invece sono pagato X meno 10”, il sindacato qui interviene, però fa solo questo, non c’è nulla di più.
(Infoaut): Prima accennavi alla questione dei lavoratori italiani e dei lavoratori immigrati…
(Roberto): Questa è una cosa che bene o male io ho sempre visto. Ho iniziato a lavorare poco prima che ci fosse il botto, quindi non ho una visione del prima così approfondita. Diciamo che ho sempre visto la maggior parte delle aziende restie ad assumere stranieri. C’è ancora in molte aziende, anche in quelle grandi, che in teoria dovrebbero essere mentalmente più aperte, però il concetto di dire: “se è nato qui è meglio, è più affidabile, mi fido di più”. Negli ultimi anni, siccome c’è tanta gente a casa, questo discorso si è inasprito. Un esempio: uno dei nostri clienti principali è il terzo-quarto gruppo xxxxxxx al mondo – si parla di migliaia di dipendenti, centinaia di milioni di fatturato. Ci sono tre responsabili del personale perché sono tante aziende. Uno di questi tre ha messo come veto: “nessun musulmano e nessun meridionale”. E questa è una cosa che si sente spessissimo. Se dovessi dirti una percentuale è un 50 e 50. Si sente molto spesso questo ragionamento. Fino a qualche anno fa si “facevano andar bene” anche il marocchino, perché se non avevano nessuno che andava a lavorare se lo facevano andare bene. Adesso si possono permettere sempre di più di fare questi ragionamenti. Qualche mese fa mi ricordo una questione non solo, diciamo, di razza, ma anche di genere. Il gruppo Xxxxx non prese un ragazzo, se non sbaglio un tecnico di laboratorio, perché era gay, e si vedeva molto. Questo fu il motivo per cui non venne assunto, queste cose ci sono ancora… Tanto proprio.
(Infoaut): Rispetto all’intreccio tra quello che vedi sul locale e le dinamiche globali, quanto ti paiono intrecciate? Quanto quello che vedi tu è influenzato dal livello locale, nazionale o globale, anche a livello di leggi ecc…
(Roberto): Guarda, io ti posso rispendere sul mondo xxxxxxx. Mettiamola così: fino a una decina di anni fa per il settore xxxxxxx l’Italia era il mercato principale, poi variava da azienda ad azienda, c’erano aziende che vivevano anche solo di mercato italiano. Le aziende che sono uscite bene dalla crisi, che hanno ricominciato a lavorare, a fatturare, il mercato italiano se lo sono praticamente scordato, è una parte infima. Quindi quello che succede all’estero per il settore xxxxxxx è fondamentale: se c’è l’embargo in Russia e le xxxxxxxxxx non vanno più in Russia è un problema, per esempio. Se c’è una grossa crisi a livello internazionale… Il settore xxxxxxx dipende per larga parte dall’estero. […]
(Infoaut): Se dovessi dirmi di casi, per la tua etica, più “brutti”, o anche i più “positivi”, di quelli che hai visto nella tua esperienza?
(Roberto): Mah guarda, gli esempi più negativi secondo me sono quelli di discriminazione razziale. Quelli sono…. Religiosa e razziale. E’ quello che ti dicevo prima… Quelli sono ancora molto molto diffusi e questa è una cosa, personalmente… che mi dà molto fastidio. Casi positivi sono veramente una minor parte… Però… Mettiamola così: il caso positivo è diventata l’azienda che mette il lavoratore in condizioni di lavoro, come dire… buone. Questo oggi è elogiabile. Cioè, dovrebbe essere la normalità, questo invece oggi è elogiabile. L’operaio che ha il magazzino riscaldato d’inverno, con l’aria condizionata d’estate, che può fumarsi la sigaretta, prendere il caffè, ascoltare la radio… Bhé l’azienda che ti consente questo non è normalità.
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