InfoAut
Immagine di copertina per il post

Orizzonti di possibilità, dentro e contro l’euro-austerity

Senza andare troppo indietro, abbiamo imparato a conoscere l’Unione Europea dei pareggi di bilancio nelle costituzioni, delle sovvenzioni alle banche e degli altri parametri di “stabilità” e “governabilità” del suo sistema costitutivamente ordo-liberale. Un’istituzione che ha sempre più alienato le forme di “decisionalità democratica” (persino quelle, clientelari e fasulle, della rappresentanza) e di controllo collettivo sulla redistribuzione della ricchezza in favore dei meccanismi di una presunta, ideologica, razionalità dei mercati. Mercati in cui il valore delle quotazioni è risaputo essere condizionato (quando non predeterminato) da ristretti e ben definiti attori e centri di produzione decisionale e d’opinione, spesso interconnessi con il potere politico, in un binomio autoreferenziale indissolubile.

Un’Unione Europea che, tuttavia, ad oggi non è un monolite – quantomeno sotto il profilo sub-comunitario e statale del suo governo politico; in termini di interessi strategici, capacità di governance e posizionamento per sfruttare la celebrata ripresa. Il Regno Unito si chiama sempre più fuori dai processi di integrazione che non legittimino l’economia finanziaria più liberalizzata e selvaggia (settore in cui gode di una posizione di rendita). La Francia si avventura in una politica estera iperattivista per tamponare la grave crisi di legittimità interna e l’assalto dei fondi speculativi, che lentamente erodono le basi dello stato sociale e della sua permanenza tra i paesi europei “core”. La Germania tiene grazie alla domanda interna e, dimenticate le gravi responsabilità della riforma Hartz (che decurtò i sussidi di disoccupazione introducendo nuove forme di lavoro precario, di impatto sociale paragonabile a quanto perpetrato dalla legge Biagi), la SPD nuovamente al governo potrà forse rivendicare qualche avvelenata briciola socialdemocratica. I paesi dell’est Europa sono divorati dalla corruzione e quelli del sud restano di fatto commissariati nelle loro scelte di spesa pubblica. Sul progetto comunitario nel suo complesso pesano le spade di Damocle dei referendum scozzese e catalano di settembre e novembre. Nel frattempo, l’accordo del dicembre scorso sull’Unione Bancaria è un vero capolavoro di opportunismo e cinismo: viene fissato un arco temporale per la sua entrata in vigore dal 2016 al 2025 – quando le banche saranno vincolate a specifiche soglie di requisiti patrimoniali per evitare l’insolvenza, quindi meno propense a concedere prestiti.

Nel frattempo saranno sempre gli stati a pagare per eventuali default delle banche, eventualità tutt’altro che remota date le tensioni politiche ed economiche globali e le svariate bolle dormienti nei mercati emergenti. Sarebbe il capolinea in particolare per l’Italia, già oppressa dai 50 miliardi € all’anno da versare per 10 anni per ripianare il debito pubblico – in base al Fiscal Compact ora inscritto in Costituzione (NB: per avere un termine di paragone, la famigerata finanziaria “SalvaItalia” del governo Monti era di appena 20 miliardi di € – di spesa pubblica complessiva, e non di solo ripagamento dei debiti!). Se si considerano inoltre i vincoli a perseguire il pareggio di bilancio ed a ridurre il disavanzo è difficile immaginare, con livelli di crescita asfittici da oltre 10 anni e senza volontà politica né occasione all’orizzonte di rinegoziare i trattati, che il tutto si risolva senza nuovi prelievi alle tasche dei contribuenti.

Davanti a questa cruda realtà, quali vie d’uscita si sono immaginate? Il povero Tsipras, fatto oggetto di recenti sfortunati endorsement all’italiana, che dovrebbe essere con la sua Syriza l’avanguardia europea della rinegoziazione, non ha che dalla sua una minuscola fetta di opinione pubblica che nel vecchio continente raccatta la così detta sinistra alternativa, l’eterna sconfitta ormai ridotta a figura di testimonianza usata a seconda delle occasioni dalle benevoli mani dei partiti socialisti europei (si veda in Italia il tragicomico esito dei sindaci arancioni, dell’accoppiata Bersani – Vendola, e non ultimo il semaforo verde del Partito de La Repubblica alla Syriza Europea per mano di Barbara Spinelli, l’eretica figlioccia di De Benedetti, le cui chiacchiere garantiscono l’immagine pluralista del comitato centrale del giornalaccio).

Da dove possa trarre energia politico-sociale e non d’opinione (per giunta risicata) l’euro-syriza per rinegoziare i trattati che definiscono la UE resta un mistero, o meglio una farsa che l’intelligenza collettiva dei movimenti ha subito colto. Non a caso, come giustamente notato da più parti, la questione è oggetto di grande e manifesto disinteresse, e attizza solo i ceti politici. A partire dall’analisi dei comportamenti di rifiuto e ostilità alla crisi capitalistica la UE è percepita (e a ragione!) come nemica, ed è su questa relazione di inimicizia che va costruito con metodo e pazienza l’orizzonte di possibilità di una nuova e adeguata solidarietà senza frontiere. Ad oggi non esistono euro-lotte! A meno che non si voglia scambiare per “lotte” alcune ipotesi di iniziativa politica finalizzate alle prossime elezioni europee.

Se ad oggi tra fiscal compact, alte tensioni geopolitiche e bolle finanziarie l’ordine UE e globale (inteso come ripartizione di rendite e profitti) sembra ben lontano dal potersi stabilizzare (dato a cui si sottrae solo un trasversalissimo quanto opportunista ottimismo “liberal”) ciò che un punto di vista antagonista deve saper cogliere come spazio strategico di iniziativa è quello segnato dai conflitti prodotti dall’erosione della classe media (intesa come strumento politico di coesione sociale capitalista) e dalla inedita politicizzazione delle povertà e della precarietà. La logica politica che le insurrezioni del 2011 hanno posto rifugge del determinismo e si sbarazza presto di chi a priori vuole attribuirne una fine annunciata (che magari confluisca nelle urne elettorali), ma ci sembra abbiano aperto orizzonti di possibilità che segnano e ridisegnano di continuo i margini di un “continente di lotta” dove incidono, con tutte le loro ambivalenze, forme inedite di rifiuto e antagonismo alla crisi, e comportamenti espliciti o impliciti di solidarietà e mutualismo conflittuale (vedi la composizione sociale e politica espressasi a partire dalla Casbah di Tunisi fino ad arrivare a piazza Taksim).

Lo spazio su cui si sviluppano gli orizzonti di possibilità non è disegnato dai confini dell’Unione Europea. Questo è un dato di realtà! Si tratta di seguire con profondo realismo la logica e il metodo di osservatore partecipante che guidava Marx quando dalle Lotte di classe in Francia poneva il problema dello spazio europeo ne La guerra civile in Francia. Cogliere quella logica oggi è anche evitare di cedere a determinismi euro-centrici e riappropriarsi di un metodo che consente di piantare per bene i piedi a terra per agire tra la disperazione e le sofferenze che il primo boccone di austerità chiamato decreto SalvaItalia ha fatto ingoiare a milioni di uomini e donne nella nostra società. Gli effetti sono sotto gli occhi di tutti: c’è la straordinaria sollevazione del 19 ottobre e la sua importante continuità, e c’è un controverso 9 dicembre che presenta ai movimenti un conto delle prime dinamiche di radicale impoverimento. E questo solo per citare due esempi, forse i più eclatanti che rimandano all’acuirsi della percezione sociale della crisi nei territori.

Il grande e manifesto disinteresse per le elezioni europee e l’inimicizia con cui si fonda la relazione tra movimenti e Unione Europea è un dato di maturità che rafforza numerose componenti politiche del conflitto in Italia, e altrove, capaci di ascoltare i territori dove agiscono le lotte concrete e in cui si sviluppano i primi comportamenti sociali, colti anche nelle loro ambivalenze, di rifiuto e ostilità all’austerity-UE. Questi territori, a differenza forse della Grecia, neanche sono informati dalle vie modeste e dal partito d’opinione dell’euro-Syriza, e dal punto di vista antagonista ciò non costituisce un problema. Al contrario (!) è orizzonte di possibilità e terreno della soluzione, segno che tra la disperazione e la sofferenza degli sfruttati e delle sfruttate si conferma l’irriducibilità ad un fine calcolato e ad un esito, minimo, preordinato dell’iniziativa politica. D’altronde se le euro-lotte non esistono ciò che si presenta ogni volta che una lotta si solleva è un “!Qué se vayan todos!” più o meno latente che da una sponda all’altra del Mediterraneo si fa strada alla ricerca di uno spazio e un tempo collettivo per ridare “il grande balzo”. Lavorare con metodo alla sua preparazione, sedimentare forza territoriale e relazione collettiva tra le istanze delle lotte sociali tenendo con tenacia sempre aperto l’orizzonte di possibilità (trans-nazionale), è ciò che interessa agli antagonisti e alle antagoniste, che piaccia o meno all’euro-dibattito.  

Redazione Infoaut

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Approfondimentidi redazioneTag correlati:

europaunione europea

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Bulgaria: cade il governo dopo le proteste. Quali scenari?

Giovedì il primo ministro della Bulgaria Rosen Zhelyazkov ha annunciato le sue dimissioni.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

L’importante non è partecipare

Penso tuttavia che il punto cruciale, l’oggetto della nostra critica, debba essere la democrazia nel suo pieno sviluppo: la democrazia politica moderna.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Ecomarxismo e Prometeo liberato

Nel Prometeo incatenato di Eschilo, Prometeo è una figura rivoluzionaria.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

I tatuaggi di Pete Hegseth, l’America Latina e la guerra che viene

Mentre scriviamo queste righe il Presidente degli Stati Uniti dichiara unilateralmente chiuso lo spazio aereo sopra il Venezuela.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Ex Ilva: il riarmo divora la politica industriale (e la transizione ecologica)

Tutti i nodi vengono al pettine. Il governo sovranista con la sua manovrina accantona risorse per acquistare armi e manda alle ortiche quasiasi politica industriale.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Restare a galla insieme in un mondo difficile: Bilancio 2024 delle questioni del lavoro in Cina (Parte 2). 

Proseguiamo la traduzione in lingua italiana di questi preziosi contributi sul contesto delle lotte in Cina nel 2024, tradotti in inglese dal collettivo Chuang.  Consapevoli delle profonde differenze tra il nostro contesto e quello cinese, a sua volta molto difficile da restituire come un intero, alcuni dati e considerazioni che vengono avanzati nel testo sembrano […]

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Rompere la pace dentro territori, fabbrica e università della guerra

Partiamo da qui, da questa inquietudine mai risolta e sempre irriducibile che accompagna la forma di vita militante, l’unica postura da cui tentare di agguantare Kairòs, il tempo delle opportunità che possiamo cogliere solo se ci mettiamo in gioco. 

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Teoria del partito

I prezzi sono più alti. Le estati sono più calde. Il vento è più forte, i salari più bassi, e gli incendi divampano più facilmente.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Il Segretario di tutte le guerre

a visione che Hegseth porta dentro l’amministrazione Trump è quella di un’America che può tornare «grande» solo riconoscendo la guerra come sua condizione naturale.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Ci stanno preparando alla guerra. E lo fanno contro di noi

Se militarizzano la società e ci chiamano nemici, la risposta è una sola: disertare la loro guerra, sottrarsi alla paura, spezzare il linguaggio che la legittima, difendere lo spazio vivo del dissenso.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Ucraina, prof Carpi: “Gli accordi veri saranno saranno sugli interessi riguardanti la futura ricostruzione”

“Ho poca fiducia che l’Europa possa effettivamente svolgere un ruolo di mediazione; gli europei stanno procedendo in ordine abbastanza sparso.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Leva-tevi

Germania, Francia ed Italia stanno reintroducendo la leva militare, ad oggi su base volontaria, domani chissà.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

La Germania è in crisi e vaga nella nebbia

Le ultime notizie dal paese teutonico indicano che la sua crisi economica non si arresta ed entra ormai nel suo quarto anno.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

«La cosa più importante è salvare il maggior numero possibile di vite umane e infrastrutture in Ucraina»

Maidan illustra quindi i principali dilemmi dei movimenti e delle mobilitazioni globali: la classe operaia ha una capacità molto limitata di organizzarsi, di articolare gli interessi di classe e di fornire almeno una leadership nazionale.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Armi e gas :l’Europa sempre piu’ dipendente dagli U.S.A.

A ottobre, per la prima volta, un singolo Paese gli USA ha esportato oltre 10 milioni di tonnellate metriche (mmt) di gas liquefatto, il 70% delle quali verso l’Europa.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Pensare l’Europa oggi: spazi e soggetti delle lotte in tempo di guerra

Come agiamo dentro questo quadro e che cosa vuol dire opporsi alla guerra e al riarmo in questa situazione?

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Sono dazi nostri

Non c’è altro modo per definire l’incontro tra Ursula von der Leyen e Trump se non patetico.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Robert Ferro – Dove va l’Europa? Crisi e riarmo nel cuore dell’Unione

Dal welfare al warfare, dall’automotive al carroarmato, dall’«Inno alla gioia» di Beethoven alla «Marcia imperiale» di Dart Fener. Nel cambio di tema che fa da sfondo all’Europa, l’imperialismo colpisce ancora. 

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Vertice Nato: servili o complici?

Entro il 2035 la spesa militare dei 32 paesi della Nato dovrà raggiungere il 5% del PIL.