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L’altalena del debito nel weekend dell’eurocrisi

Un weekend incerto ed un lunedì euforico: visto da un occhio esterno ai misteriosi sbalzi di borsa, il contrasto non potrebbe sembrare maggiore. Proviamo allora qui a ricostruire alcuni passaggi di governo dell’economia finanziaria agiti a vari livelli nei giorni scorsi.

Si parte giovedì 24 con il vertice trilaterale di Strasburgo tra Italia, Francia e Germania: una partita di poker a tre in cui la posta finale era la definizione di una exit strategy comune dalla crisi dell’eurozona, ed in cui da una parte hanno pesato la biografia personale dell’ex-mastino della Commissione Europea Monti e dall’altra le scadenze elettorali del duo Merkozy.
Infatti il primo ha rilanciato alla grande le politiche di austerità, brandendo lo sforamento da parte di Francia e Germania del patto di stabilità del 2003 come causa del dissesto corrente e promettendo il pareggio di bilancio dell’Italia per il 2013 a suon di tagli e rigore; dall’altro lato invece si riproponeva la sclerosi franco-tedesca con Sarkozy che, temendo il declassamento da parte delle agenzie di rating del debito del suo paese (già sotto attacco nei giorni precedenti) riproponeva l’istituzione di titoli di debito europei garantiti dalla BCE ed un maggiore rafforzamento di tale organo, ritrovando la ferma opposizione della Merkel; contraria a pagare il notevole prezzo, in termini di espansione ed autonomia economica, che ne sarebbe derivato per la locomotiva tedesca.

Unica strategia condivisa è stata la proposta di un’unione fiscale europea, da definirsi nei prossimi giorni (che spalmerebbe su tutti gli stati partecipanti i costi di eventuali eurobond); ma che non ha modificato più di tanto l’impasse del vertice, influenzando pesantemente l’asta dei BTP italiani a sei mesi del venerdì seguente. E’ stato possibile rifinanziare completamente quella parte di debito italiano solo al prezzo di un quasi raddoppiamento dei tassi d’interesse rispetto all’ultima asta: dal 3,5 al 6,5% circa.

Un’instabilità sistemica su cui nel weekend ed alla riapertura dei mercati questo lunedì hanno fatto leva la stampa e le istituzioni finanziarie angloamericane, attente – con il richiamo ad una possibile implosione della moneta unica – ad equilibrare la pressione speculativa sulla zona euro e la spinta per la messa in sicurezza del suo debito rispetto alle tensioni dell’economia mondiale, attraverso nuove forme di tutela: i già citati eurobond od un possibile ricorso al FMI – ipotesi poi smentita dall’FMI stesso, ed in ciò va tenuto presente il ruolo di presidenza francese al suo interno.

Davanti ad attacchi di questo tipo (non nuovi da parte di testate come l’Economist o il Financial Times, né di agenzie di rating come Moody’s – la quale altrettanto scontatamente paventava default multipli dei paesi dell’eurozona) nei rapporti di forza informazionali della riapertura dei mercati di lunedì hanno prevalso le anticipazioni della ministra dell’economia francese Pecresse sull’intenzionalità del direttorio europeo di istituire una “Schengen dell’Euro”: un nuovo patto di stabilità con maggiori vincoli su bilanci statali e decifit,che verrà maggiormente definito nella riunione dei ministri dell’economia europei di questa sera.

Il rimbalzo borsistico è stato consistente, e parzialmente influenzato sul mercato italiano
dal buon esito del BTP-Day, data promossa dall’imprenditore Giuliano Melani e dall’Associazione Banche Italiane (ABI), con l’invito ad acquistare titoli di stato italiani presenti sul mercato secondario esentando l’operazione da commissioni. Una campagna a mezzo stampa rieccheggiante i famosi “prestiti di guerra” del periodo bellico, ed i cui toni patriottici e propagandisti celano molti punti oscuri. Ad esempio, essendo difficile sui mercati secondari determinare l’entità dalla quale si compra il debito, si rischia di acquisirlo inconsapevolmente dalle banche italiane che lo detengono, liberandole da titoli potenzialmente tossici senza per nulla intaccare l’esposizione nazionale nei confronti dell’estero. Da qui la benedizione dell’ABI e dell’AD di Banca Intesa Corrado Passera, successivamente nominato ministro dello sviluppo economico.

Né si invita alla riflessione sulla sostanziale asimmetria tra iniziative dal basso di piccoli investitori e rendite di ruolo, posizione e reputazione dei blocchi di agenzie di rating, banche centrali, fondi speculativi ed istituzioni politiche di governo dell’economia nazionali e sovranazionali – in grado di vanificare gli slanci dei primi a colpi di dichiarazioni e rilascio di indicatori di segno opposto. Rapporti di potere che, nel polverone economico-mediatico che investirà nei prossimi concitati giorni l’eurozona – con la presentazione al senato da parte di Monti delle misure anticrisi il 5 dicembre, e la riunione del Consiglio Europeo il 9 – resteranno beffardamente inevasi.

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