InfoAut
Immagine di copertina per il post

Inchiesta tra i lavoratori della logistica delle cooperative emiliane

 

Nei magazzini

 

Nonostante ciò che afferma Legacoop, secondo la quale il lavoro deifacchini non è quello di spostare merci ma di lavorare al computer, committenti come Ctl e Cogefrin creano profitti dallo sfruttamento del lavoro migrante e non investendo in tecnologie e sistemi informatici come in altri paesi. Nello stesso tempo, la gestione da parte delle cooperative vuol dire perlopiù deroga al contratto collettivo nazionale mentre la concorrenza tra committenti taglia pesantemente il costo del lavoro. Il magazzino Ctl di Granarolo, oggi è interamente gestito da Sgb ma, racconta Bharat: «Due anni fa ho cominciato con Coopser che applica il contratto nazionale. Quando però la cooperativa ha proposto di avanzarci al quarto livello, Ctl non ha rinnovato l’appalto perché preferisce lavoratori che costano meno. Così sono stato riassunti da Sgb con un pesante peggioramento delle condizioni di lavoro».
Nel magazzino Ctl si lavorano freschi: latte, mozzarelle, yogurt. Il lavoro è pura fatica. «Lavoriamo a 4 gradi spostando pesi. Gli indumenti che fornisce la cooperativa sono di cattiva qualità. A queste condizioni si può lavorare al massimo due anni. Il fisico si usura», sottolinea Janesh, ventottenne originario del Bangladesh. Il magazzino smista quotidianamente merci destinate in Italia, Germania e Russia impiegando 80 persone. Per ogni turno circa 20 carrellisti e 50 addetti al picking: la raccolta dei colli da spedire. «Ognuno ha la sua pistola con la missione: quali colli per ogni bancale e la porta in cui lasciarli», spiega Aadil, marocchino, 31 anni, oggi delegato sindacale. «Finisci di lavorare quando hai completato la missione. In genere lavoriamo dalle 14 fino alle 20, 21. Ma a fine mese la maggior parte non raggiunge le 168 ore e lo stipendio non è mai pieno, anche se ci sono alcuni che fanno straordinari». «Nel magazzino il responsabile di Sgb ha stabilito un clima di paura», aggiunge Bharat, «se non fai più di 200 colli all’ora ti mette in ferie, nonostante per contratto i colli siano 180».
Le cose non vanno meglio a Cogefrin, che gestisce l’import-export di materie plastiche dai paesi arabi destinate al resto d’Europa. Come in altri magazzini, le gerarchie sul terreno della razza sono dispositivi materiali di organizzazione del lavoro. «Ci sono circa 30 operatori», racconta Hassan, «gli stranieri lavorano all’aperto. Pioggia, neve, sole siamo lì, con un orario di lavoro più lungo: dalle 7.30 alle 22. Carichiamo e scarichiamo materiale che arriva sfuso nei container oppure in sacchi. Io per fortuna ho imparato ad usare le macchine e scarico i container che è comunque un lavoro pericoloso. Gli altri lavorano con sacchi da 25 kg da scaricare manualmente nelle cisterne con l’aiuto di un nastro scorrevole. Ogni cisterna contiene 20 bancali da 55 sacchi. Si caricano sette cisterne al giorno, circa 200 tonnellate di merce giornalmente mosse da quattro persone».
Accelerazioni del processo produttivo e sfruttamento del lavoro razzializzato, è questo il terreno dell’accumulazione nel settore della logistica in Italia. Sullo sfondo il sistema delle cooperative che, persa la connotazione mutualistica delle origini, si fa terreno di deregolamentazione del lavoro. La condizione di socio lavoratore si rivela la vera trappola, con lavoratori costretti a versare quote di capitale sociale come quota di partecipazione al proprio sfruttamento: mille euro a Sgb (50 per mese). Per i facchini la qualifica di socio prevale su quella di lavoratore, privandoli del diritto a una piena indennità di disoccupazione. In quanto soci si fanno anche carico di eventuali danni. Inoltre le assemblee dei soci non sono mai realmente tali. Quando Sgb ha decretato lo stato di crisi introducendo la trattenuta del 35 per cento, «a Ctl il responsabile del magazzino ha chiesto di firmare dei fogli per un’assemblea senza spiegarci che stavamo delegando altri a partecipare al nostro posto», «a Cogefrin hanno fissato l’assemblea di sabato quando lavorano solo 4 persone e il venerdì hanno chiesto di firmare le deleghe così non perdevamo il giorno di riposo». 
A quel punto, i lavoratori hanno messo in piedi una rete tra magazzini e iniziato la lotta. 

 

Colpire dove il danno è maggiore 

 

«Abbiamo iniziato la scorsa estate», racconta Bharat di Ctl, «in tre abbiamo parlato con gli altri e deciso di rivolgerci alla Cgil. Ci sono stati due incontri, una visita al magazzino. Poi abbiamo capito che si erano accordati con Sgb ed è finita lì». Altri si sono rivolti all’Ugl, che dopo 4 mesi ha firmato il taglio del 35 per cento. «Alla fine siamo entrati in contatto con altri facchini di Sda iscritti al Si Cobas – prosegue – e abbiamo cominciato: quinto livello dal primo marzo e conformità con il contratto nazionale. Il 18 marzo sciopero». L’adesione è stata del 100 per cento, con blocco totale del magazzino. «Ma nella busta paga di marzo – continua – non c’era quello che avevamo richiesto ed era stato anche inserito un taglio del 35 per cento per “stato di crisi”». È stato convocato un altro sciopero per il 29 e 30 aprile. Poi «il 2 maggio, al rientro, siamo stati sospesi. Era chiaro che i ragazzi erano pronti a scioperare se le cose non fossero cambiate e per questo ci hanno buttato fuori». 14 lavoratori sono stati sospesi a Cogefrin e 37 a Ctl.
Inizialmente lo sciopero è stato indetto negli orari del turno di lavoro. Poi la strategia è cambiata, non solo perché la sospensione rendeva tecnicamente impossibile scioperare. A Granarolo i lavoratori hanno deciso di «bloccare tutti i magazzini dello stabilimento quando c’era più merce in uscita. Era questo il modo per fargli più male», ribadisce Aadil avvalendosi di una precisa conoscenza del processo produttivo. È nato così lo sciopero del cappuccino: il blocco sin dall’alba di circa 40 camioncini che distribuiscono il latte in bar e piccoli esercizi commerciali. I picchetti si sono ripetuti a singhiozzo per tutto il mese di maggio, giugno e luglio, raccogliendo solidarietà da lavoratori di altri magazzini anche fuori Bologna, dentro una rete costruita attraverso gli scioperi generali del settore del 22 marzo, 15 maggio e 8 luglio.
Puntando a bloccare le consegne dal mattino, i picchetti hanno prodotto un danno enorme: ogni quattro ore 2/300 mila euro. Parallelamente si è diffusa una campagna di boicottaggio, con attività di subvertising e irruzione nei supermercati che si è riprodotta in molte città, colpendo anche nell’immagine il colosso del caseario italiano. Alla lotta hanno partecipato anche precari, studenti e militanti dei centri sociali, non come semplice atto di solidarietà ma con la consapevolezza di condividere, nelle differenze, medesime forme di vita e sfruttamento. «All’inizio mi ha stupito che degli italiani partecipassero alla nostra lotta, non immaginavo che tra studenti e lavoratori della logistica potessero esserci delle cose in comune. Poi abbiamo capito che il problema de diritti sul lavoro tocca tutti», afferma Hassan. «In questa lotta abbiamo capito cos’è la politica», continua Aadil, «lottare per cambiare le cose sul nostro posto di lavoro ma anche per combattere un sistema complessivo di sfruttamento».

 

Uno spazio politico 

 

C’è dell’altro. La lotta ha messo in discussione le divisioni tra lavoratori. «Tra pachistani e marocchini – evidenzia Aadil – ci sono sempre casini. Non immaginavo una lotta comune. Ma adesso sappiamo di tutti essere sfruttai e soprattutto che sono i padroni a metterci uno contro l’altro». «Nei giorni della lotta abbiamo passato molto tempo insieme – aggiunge Hassan. Abbiamo fatto picchetti e resistito alle cariche della polizia. Adesso siamo tutti uniti». Dove il capitale separa, dunque, le lotte aprono alla produzione del comune, superano barriere razziali e nazionali, producono soggettivazione resistente e vincono. Più complessivamente si è aperto un potente processo di soggettivazione politica. La lotta per la dignità sul lavoro è anche e insieme resistenza e liberazione dello sfruttamento. Così sottolineava un lavoratore durante un’assemblea: in arabo la parola dignità ha la stessa radice di resistenza, insurrezione, rivolta.
Nei mesi sono emersi quadri militanti capaci di elaborazione politica e gestione della piazza. Nello stesso tempo si sono determinate forme di vita e momenti di socialità che hanno prodotto un radicale salto di qualità nella vita di questi giovani lavoratori migranti. In barba a tutte le retoriche posticce sull’integrazione, nella lotta sono state costruite relazioni, pratiche e linguaggi comuni tra differenti figure sociali e del lavoro a cui nessuno vuole più rinunciare. Ed è anche per questo che sono tutti pronti a riprendere la lotta se gli accordi non saranno rispettati.

 

 

 

La lezione che arriva dall’Emilia “rossa”.

 

Riportare la vittoria nell’agenda politica. È questa la lezione che viene dal ciclo di lotte apertosi nel settore dalla logistica in questi ultimi anni. Da Milano a Piacenza, da Verona a Padova e poi Bologna, Torino, Roma molte aziende e cooperative del settore sono state interessate da battaglie per il riconoscimento del contratto collettivo nazionale. La lotta dei facchini del consorzio Sgb non è stata dunque una vertenza isolata. E la vittoria dei lavoratori, per quanto parziale, si inserisce in un trend che sta mettendo in discussione l’intero sistema di organizzazione del lavoro nel settore.

 

Nel processo di outsourcing che interessa la logistica, il sistema delle cooperative gioca un ruolo fondamentale. Permette la gestione della forza lavoro ad un costo minimo e con un elevato livello di flessibilità. «Ci spremono come limoni e quando non serviamo più ci buttano via» sintetizzano i lavoratori. Abbandonato il terreno mutualistico e i principi etici delle origini, il modello cooperativo si è fatto a tutti gli effetti dispositivo di precarizzazione, rispondendo prevalentemente a un calcolo costi-benefici e di convenienza degli investimenti. Inoltre, che circa il 98% degli addetti siano migranti resi vulnerabili da una legge che lega il permesso di soggiorno al contratto di lavoro ha permesso un ulteriore giro di vite su diritti e garanzie aprendo il settore a processi spinti di razzializzazione del lavoro. 
Flessibilità, precarizzazione, gerarchie sul terreno della razza: queste le coordinate del lavoro e dello sfruttamento nelle cooperative della logistica. Un sistema fatto di caporalato, straordinari non pagati, trattenute illegittime, scarsa sicurezza. Mentre il settore, fiore all’occhiello del made in Italy risente meno di altri della crisi e politica e sindacati non indagano in ragione dell’enorme fatturato.
La questione non riguarda solo i grandi capitali nazionali e internazionali: Ikea, Tnt, Sda, Artoni. Interessa anche il modello cooperativo in sé. E questo nonostante i distinguo posti da Legacoop, tra coop virtuose e coop che inquinano il mercato agendo senza permessi di intermediazione di lavoro e senza rispettare il Ccnl. Quella di operare dei distinguo, d’altra parte, è una precisa strategia messa in campo con la costituzione dell’Alleanza delle cooperative italiane che unisce le coop rosse di Legacoop, quelle bianche della Confcooperative e quelle verdi (ex repubblicane) dell’Agci. Il nuovo soggetto con cui le lotte della logistica avranno a che fare da qui in avanti.
È per questo che la recente vertenza bolognese ha una specificità forte. Arriva al cuore del sistema delle cooperative nell’Emilia “rossa” che proprio intorno a questo modello ha costruito il suo potere economico e politico: oltre 500 mila addetti e un giro d’affari costantemente in crescita, con le cooperative agroalimentari, tra cui Granarolo e Coop Adriatica (al centro di un’altra lotta tra dicembre e gennaio scorsi) che mostrano i risultati migliori. La vertenza ha dunque assunto un carattere a tratti paradigmatico e la reazione padronale è stata dura come mai in precedenza. Insieme ai licenziamenti e alle cariche della polizia che già si erano viste all’Ikea di Piacenza, la risposta alle proteste dei lavoratori è arrivata dalla commissione di garanzia sullo sciopero: latte e derivati sono da considerare beni di prima necessità. Bloccarne la circolazione vuol dire interrompere un servizio di pubblica utilità. È la prima volta che la legge 146 sulle limitazioni del diritto di sciopero interessa il settore della logistica, colpendo peraltro l’arma forte di queste lotte: gli scioperi selvaggi che bloccano la circolazione delle merci, oggi spazio privilegiato della valorizzazione capitalista. I lavoratori non si sono fatti intimidire e hanno continuato con blocchi e picchetti. La posta in palio è grossa: riguarda l’organizzazione del lavoro in un settore in crescita nonostante la crisi. A giudicare degli umori di entrambe le parti all’indomani della sigla dell’accordo, la partita è tutt’altro che conclusa.

Di Eleonora Bortolato, Anna Curcio

da IlManifesto

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Approfondimentidi redazioneTag correlati:

facchinilogisticasicobas

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Andare oltre l’inferno planetario – di Gennaro Avallone

“Non è l’Uomo, ma è il Capitale il responsabile dell’inferno planetario”

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Le “collaborazioni” delle Università: ma la scienza è neutrale?

Se la scienza possa o non possa essere neutrale rispetto al suo utilizzo per finalità diverse è un tema che merita qualche riflessione non troppo superficiale.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Cronaca e riflessioni sulla mobilitazione per la Palestina a Pisa

In questi mesi Pisa, come molte altre città d’Italia, ha visto e continua a vedere un’intensa e articolata mobilitazione per la libertà della Palestina e per lo stop al genocidio. Dallo scorso autunno, sin dall’intensificarsi dell’offensiva israeliana sulla Palestina e la ripresa dei bombardamenti su Gaza dopo il 7 ottobre, giovani e studentǝ della città […]

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

“Lavender”: la macchina dell’Intelligenza Artificiale di Israele che dirige i bombardamenti a Gaza

L’esercito israeliano ha contrassegnato decine di migliaia di gazawi come sospetti per l’assassinio, utilizzando un sistema di puntamento AI con scarsa supervisione umana e una politica permissiva per i danni collaterali, rivelano +972 e Local Call.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

ELEZIONI LOCALI DEL 2024 IN TURCHIA

Riprendiamo dall’osservatorio internazionale per la coesione e l’inclusione sociale questo quadro sulle elezioni a livello locale che si sono tenute in Turchia il 31 marzo 2024. Pur non condividendo l’enfasi sulla rinascita della socialdemocrazia, il testo ha il merito di fornire un panorama chiaro sulla sconfitta subita dall’AKP di Erdogan. La Turchia ha vissuto una […]

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Uscita la legge europea sull’Intelligenza Artificiale: cosa va alle imprese e cosa ai lavoratori

Il 13 marzo 2024 è stato approvato l’Artificial Intelligence Act, la prima norma al mondo che fornisce una base giuridica complessiva sulle attività di produzione, sfruttamento e utilizzo dell’Intelligenza Artificiale.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Il colore dei manganelli

Quei fatti si inseriscono in un contesto nel quale la repressione – nelle piazze, nei tribunali, nelle carceri, nei centri di detenzione per migranti – è diventata strumento ordinario di governo

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

La crisi nel centro: la Germania nell’epoca dei torbidi. Intervista a Lorenzo Monfregola

La Germania, perno geopolitico d’Europa, epicentro industriale e capitalistico del continente, sta attraversando senza dubbio un passaggio di crisi.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Guerre, decoupling ed elezioni negli USA. Intervista a Raffaele Sciortino

Le prospettive del conflitto sociale saranno sempre più direttamente intrecciate con le vicende geopolitiche mondiali, con l’evoluzione delle istanze che provengono da “fuori” e dunque anche con la tendenza alla guerra scaturente dall’interno delle nostre società

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Per una lettura condivisa sul tema pensionistico

All’innalzamento dell’età pensionabile va aggiunto poi un ulteriore problema: mentre gli  importi pensionistici vengono progressivamente abbassati la convenienza  del pensionamento anticipato diminuisce.

Immagine di copertina per il post
Sfruttamento

Mondo Convenienza: la lotta paga. Applicato il CCNL della logistica a tutti gli appalti

È ufficiale. Dal 1 marzo in tutti gli appalti Mondo Convenienza verrà applicato il CCNL della Logistica. All’inizio dicevano che era “impossibile”. Ora sarà realtà.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Logistica di guerra: l’idea di difesa degli USA

I bombardamenti guidati da USA e Gran Bretagna in Yemen contro gli Huthi vengono spacciati dalla Nato come “difensivi”. Ma cosa difendono e per chi?

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

USA e Gran Bretagna attaccano lo Yemen. Navi, sottomarini e aerei colpiscono la capitale e le città portuali

Le forze Houthi hanno fatto sapere che i bombardamenti di Stati Uniti e Gran Bretagna hanno ucciso 5 persone e ferito altre 6. I raid sono stati 73 e hanno colpito 5 regioni dello Yemen controllate dagli Houthi.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Logistica di guerra: dopo gli Houti nel Mar Rosso anche la Malesia blocca le navi israeliane

Il primo ministro malese Anwar Ibrahim ha dichiarato che il paese ha deciso di non accettare più navi battenti bandiera israeliana per attraccare nel paese. La dichiarazione afferma che Israele sta commettendo “massacri e brutalità” contro i palestinesi.

Immagine di copertina per il post
Sfruttamento

MondoConvenienza: cariche contro chi protesta davanti al punto vendita

In duecento siamo tornati a protestare davanti al negozio Mondo Convenienza di Prato. Iniziative analoghe si svolgeranno nei prossimi giorni in quindici città italiane.

Immagine di copertina per il post
Sfruttamento

Campi Bisenzio: in mille a fianco dei lavoratori Mondo Convenienza

A MondoConvenienza non c’è è più soltanto una vertenza sindacale. A Mondo Convenienza si lotta per un futuro diverso. Per un lavoro diverso. Per il diritto ad una vita più bella. Per tutti e tutte.

Immagine di copertina per il post
Sfruttamento

USA: rotte le trattative. Entra in sciopero il colosso della logistica

Se entro la fine di luglio non verrà trovato un accordo sul rinnovo del contratto, i 340.000 lavoratori del gigante della logistica statunitense rhood of TeamUPS – organizzati dall’International Brothesters (IBT) – entreranno in sciopero.

Immagine di copertina per il post
Sfruttamento

Mondo Convenienza: lo sciopero si allarga anche alla provincia di Torino

Da ieri mattina è in corso lo sciopero a Volpiano e Settimo Torinese dei lavoratori della Veneta Logistic che offre in appalto manodopera per il trasporto e montaggio dei mobili di Mondo Convenienza.

Immagine di copertina per il post
Sfruttamento

Mondo Convenienza: blitz al punto vendita di Prato. In 200 manifestano tra clienti e mobili con slogan e volantini

Blitz , sabato 8 luglio, nel negozio di Mondo Convenienza a Prato di un gruppo di lavoratori in appalto del colosso dell’arredamento, in sciopero e presidio da oltre quaranta giorni davanti ai magazzini di Campi Bisenzio.

Immagine di copertina per il post
Sfruttamento

Firenze: presidio davanti a “Regione Toscana” in occasione del tavolo convocato sulla vertenza per MondoConvenienza

Presidio, davanti la sede della Regione Toscana a Firenze, per facchini e autisti della Rl2, società affidataria dei servizi in appalto di Mondo convenienza, che da quasi un mese sono in sciopero.