“L’ultima estate senza cantieri” per lo Stretto di Messina, così come annunciato dagli esponenti del governo italiano con la loro martellante propaganda, segna invece una data importante nella mobilitazione popolare contro il ponte sullo stretto.
Per il terzo anno consecutivo, dal 1° al 6 agosto, si è svolto a Cala dei Ginepri, Costa Merlata (Brindisi), l’Ostuni Climate Camp: una iniziativa promossa dalla Campagna nazionale Per il Clima Fuori dal Fossile, una rete che comprende associazioni e comitati che da anni si battono per la salvaguardia dell’ambiente e contro i cambiamenti climatici.
A Vicenza sabato scorso, 8 luglio, 150 attiviste e attivisti No Tav, insieme a Fridays for Future Vicenza e Centri Sociali del Nord-Est, hanno bloccato per oltre due ore il Ponte Alto, una delle principali arterie del traffico della città veneta.
I vertici di Atlantia (controllata dalla famiglia Benetton) erano a conoscenza da tempo dei rischi connessi al Ponte Morandi e delle condizioni dell’intera rete autostradale, definita vecchissima.
Il Movimento No Ponte ha contestato il Ministro delle infrastrutture che oggi a Messina si è dovuto rinchiudere su un traghetto per la sua passerella politica. All’arrivo di Salvini è avvenuto un lancio simbolico di carta igienica. Cori anche contro la CISL che ha organizzato l’evento.
Grande è la confusione sotto il cielo della Torino Lione. Un terremoto mediatico si è scatenato qualche giorno fa lungo la faglia tellurica dei rapporti italo-francesi.
Proprio sulle relazioni Ponte-militare è opportuno riportare alcuni elementi ignoti al grande pubblico e soprattutto volutamente ignorati e/o occultati dai sostenitori dell’opera.
Il nuovo Codice Appalti di Salvini è un regalo a speculatori di ogni risma. Di fatto il 98% dei lavori pubblici verrà affidato senza gara, riempiendo le tasche degli amici degli amici e mettendo a rischio territori e comunità.
A Sainte-Soline, nell’Ovest della Francia, la popolazione e i movimenti si stanno opponendo alla realizzazione di enormi bacini volti alla raccolta e distribuzione dell’acqua.
Il Tribunale dei Diritti della Natura ha sentenziato così, “questa giuria avverte che la realizzazione del mal chiamato Treno Maya in realtà apre la porta non solo all’ecocidio, ma anche all’etnocidio”, dato che impatta e danneggia gli ecosistemi nello stesso momento in cui viola i diritti umani individuali e collettivi dei popoli maya nella Penisola dello Yucatán.