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Graziano Mesina evade dal carcere di Lecce

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Il 20 agosto 1976 Graziano Mesina, noto come la primula rossa del banditismo sardo, mette a segno una delle sue più clamorose evasioni, fuggendo dal carcere di Lecce assieme ad altri dieci detenuti.

Assieme a lui si trovano anche Martino Zicchitella e Giuseppe Sofia, entrambi attivisti dei NAP.

Graziano Mesina nasce il 4 aprile 1942 da una famiglia di pastori ad Orgosolo, paese che, in particolare alla fine degli anni ’60, si distingue per la mobilitazione in difesa del territorio sardo e la forte insofferenza verso la pressione dello Stato.

Fermato per la prima volta all’età di 14 anni perché trovato in possesso di un fucile rubato, Mesina comincia fin da giovanissimo la sua lunga storia di evasioni.

Ad alimentare la sua avversione verso un sistema giudiziario impaziente di mostrare i propri progressi nella lotta al banditismo, e dunque disposto a sorvolare sulla veridicità dei fatti per poter mostrare catture esemplari, vi è l’arresto, nel luglio del 1960, di tre dei suoi fratelli (Giovanni, Pietro e Nicola) per un omicidio che non avevano commesso.

Pochi giorni prima, infatti, era stato rapito e poi ucciso il commerciante Pietrino Crasta e una lettera anonima aveva segnalato alla questura che il cadavere si trovava in un terreno preso in affitto dai Mesina.

Il corpo viene effettivamente ritrovato dove indicato e i tre fratelli vengono condannati a due anni di detenzione; un quarto fratello, Antonio, riesce invece a fuggire e durante la latitanza raccoglie numerose prove ed elementi a favore dell’innocenza sua e degli altri tre Mesina.

Scarcerato all’inizio del 1961, Graziano Mesina torna in carcere nel giro di pochi mesi con l’accusa dell’omicidio di Luigi Mereu, zio di uno degli accusatori nella vicenda Crasta; condannato a sedici anni, si proclama innocente per mancanza di prove.

Il 6 settembre dello stesso anno, dopo essersi fatto ricoverare in ospedale a Nuoro, evade nuovamente scavalcando un davanzale e calandosi lungo un tubo dell’acqua in cui rimane nascosto per tre giorni.

Poche settimane dopo il fratello Giovanni viene ucciso e Graziano Mesina viene nuovamente fermato per aver vendicato il fratello con l’omicidio di Andrea Muscau, ritenuto responsabile dell’assassinio di Giovanni.

Tra il 1963 e il 1965 i tentativi di evasione si susseguono senza sosta tra celle, vagoni in corsa, manicomi, buchi nel pavimento di un treno e scalate di 7 metri di mura carcerarie.

Fermato nel marzo del 1968 ad un controllo della polizia stradale e incarcerato prima a Volterra e poi a Regina Coeli, la lunga serie di fughe clamorose di Mesina si interrompe per otto anni fino a quando, nel 1976, gli giunge la notizia dell’uccisione di un altro fratello, Nicola.

Vedendosi negata ripetutamente la richiesta di rientrare in Sardegna per assistere ai funerali, Mesina scappa nuovamente durante la famosa evasione di gruppo del 20 agosto, resa possibile anche dal lavoro che i NAP facevano dall’esterno del carcere per agevolare la fuga dei propri compagni in cella.

Grazianeddu Mesina è all’oggi considerato il fautore della rinascita del banditismo sardo, colui che costrinse le autorità, negli anni ’60, all’invio sull’isola di reparti speciali di polizia e carabinieri, i cosiddetti baschi blu.

Mesina ha ottenuto la grazia nel novembre del 2004 ma non ha ancora potuto rientrare da uomo libero nel paese natio di Orgosolo.

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