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I quindici di piazzale Loreto

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È l’alba di giovedì 10 agosto 1944, quindici antifascisti detenuti nel carcere di San Vittore a Milano, vengono prelevati dalle proprie celle e caricati su un camion. Sono Umberto Fogagnolo, partigiano arrestato per aver affrontato un repubblichino durante un selvaggio pestaggio ad un operaio, Domenico Fiorani, socialista, Vitale Vertemati, collegamento tra varie bande partigiane, Giulio Casiraghi,tornato dal confino ed addetto alla ricezione dei messaggi da Londra, Tullio Galimberti,disertore e gappista, Eraldo Soncini,già ricercato dall’8 settembre ed infine catturato dalle SS, Andrea Esposito, partigiano garibaldino, Andrea Ragni, catturato durante un’operazione per recuperare armi, Libero Temolo, sappista, Emilio Mastrodomemico, comandante dei Gap, Salvatore Principato, di Giustizia e Libertà, Renzo del Riccio,antifascista scampato alla deportazione, Angelo Poletti, partigiano presso la Isotta Fraschini, Vittorio Gasparini, curatore di una radio trasmittente clandestina e Gian Antonio Bravin, gappista del III gruppo.

Alle sei e dieci del mattino i quindici antifascisti vengono fatti scendere in Piazzale Loreto, e vengono giustiziati da un plotone di esecuzione della legione autonoma Ettore Muti, corpo militare della Rsi, operante soprattutto tra il milanese ed il cuneese,tristemente famoso per la quantità e la ferocia di crimini e rastrellamenti perpetrati.

La strage di Piazzale Loreto viene compiuta come rappresaglia per un attentato compiuto tre giorni prima contro un camion tedesco, che era parcheggiato in Viale Abruzzi. Nell’attentato non era rimasto ucciso nessun soldato tedesco, ma avevano invece perso la vita sei cittadini milanesi. Nonostante il bando di Kesserling preveda rappresaglie solo nel caso di morti tedeschi (in particolare prevede che vengano fucilati dieci italiani per ogni tedesco ucciso), il capitano delle SS Theodor Saevecke pretende la fucilazione di quindici antifascisti in seguito all’attentato del 7 agosto, e compila egli stesso la lista dei condannati a morte.

Dopo la fucilazione i cadaveri dei quindici antifascisti vengono lasciati sotto il sole per tutto il giorno. Un cartello con scritto “Assassini” è posto al loro fianco, e i fascisti della Ettore Muti rimangono a controllare che nessuno vi si avvicini, impedendo ai parenti di portare via i corpi, e continuando ad insultare i corpi. Solo in tarda serata, grazie alla mediazione del cardinale Schuster, i corpi vengono finalmente lasciati alle proprie famiglie. Su alcuni cadaveri verranno ritrovate, nascoste nelle tasche interne dei vestiti e vergate con scrittura incerta su minuscoli pezzi di carta, lettere ai familiari e ai compagni, scritte pochi momenti prima della fucilazione.

“Il mio ultimo pensiero è per voi, W Italia”, Umberto Fogagnolo

“Pochi istanti prima di morire a voi tutti gli ultimi palpiti del mio cuore. W l’Italia”, Domenico Fiorani

“Il mio pensiero alla mia cara moglie e ai miei cari figli, il mio corpo alla mia fede”, Giulio Casiraghi

“Siamo a San Vittore ci mandano in Germania forse per me è finita, ma voi dovete continuare la lotta anche per il vostro paparino che vi bacia bacia bacia sempre tanto”, Eraldo Soncini

“TEMOLO LIBERO coraggio e fede sempre fede ai miei adorati sposa e figlio e fratelli, coraggio coraggio ricordatevi che io vi ho sempre amato abbracci vostro Libero”, Libero Temolo

 

 

Ai quindici di Piazzale Loreto

di Salvatore Quasimodo

 

Esposito, Fiorani, Fogagnolo,

Casiraghi, chi siete? Voi nomi, ombre?

Soncini, Principato, spente epigrafi,

voi, Del Riccio, Temolo, Vertemati,

Gasparini? Foglie d’un albero

di sangue, Galimberti, Ragni, voi,

Bravin, Mastrodomenico, Poletti?

O caro sangue nostro che non sporca

la terra, sangue che inizia la terra

nell’ora dei moschetti. Sulle spalle

le vostre piaghe di piombo ci umiliano :

troppo tempo passò. Ricade morte

da bocche funebri, chiedono morte

le bandiere straniere sulle porte

ancora delle vostre case. Temono

da voi la morte, credendosi vivi.

La nostra non è guardia di tristezza,

non è veglia di lacrime alle tombe:

la morte non dà ombra quando è vita.

 

 

 

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