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Il fallimento del primo governo provvisorio russo

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Il mese di marzo 1917 si aprì con la seduta comune del soviet dei deputati operai e soldati di Pietrogrado, che si impegnò a pubblicare la sua prima ordinanza e a discutere, insieme al comitato provvisorio della Duma, sulla questione dell’organizzazione del potere.

Il primo governo provvisorio nacque però all’insegna del compromesso con gli antichi detentori del potere monarchico e borghese; il nuovo esecutivo fu infatti presieduto dal principe L’vov, che subito si premurò di recare una delegazione presso lo zar, a Pskov, per chiedere l’abdicazione di Nicola II in favore del figlio Alessio. L’abdicazione avvenne il 2 marzo, ma in favore del fratello Michele, il quale rifiutò la carica appena un giorno dopo, mentre Nicola fu arrestato l’8 marzo su mandato del Governo provvisorio.

Nel frattempo numerose guarnigioni di stanza nelle più importanti città russe passarono dalla parte degli operai insorti: tra questi vi furono i marinai della flotta del Baltico e i soldati di Kronstadt, Sveaborg e Helsingfors. Forte di una legittimità anche militare, il nuovo governo cominciò ad essere riconosciuto dalle maggiori potenze internazionali (nell’ordine Usa, Francia, Inghilterra e Italia), preoccupate per le sorti della Guerra mondiale dopo i numerosi ammutinamenti sul fronte russo e il continuo avanzare delle truppe degli Imperi Centrali. Ancora troppo instabile politicamente, il governo si affrettò ad assicurare la sua alleanza al fianco dell’Intesa, e tra i diplomatici russi all’estero venne divulgato un telegramma dove si affermava la volontà di condurre la guerra “fino alla vittoria finale”; approfittando di questa instabilità politica, la Finlandia concretizzò la sua indipendenza dall’Impero russo formando un governo di coalizione borghese-socialista che si riunì per la prima volta a Helsingfors il 29 marzo.

Il Partito bolscevico nella figura di Lenin, ancora in esilio in Svizzera, approfittò della situazione per analizzare le prospettive degli sviluppi rivoluzionari e definire la sua tattica. Le decisioni prese dal Comitato centrale mirarono ad una diffusione capillare delle istanze bolsceviche, lontane tanto dallo zar quanto dal Governo provvisorio. Il 5 marzo ricominciò ad essere pubblicata la Pravda, e nei giorni successivi nacque la commissione incaricata di creare delle organizzazioni militari bolsceviche. La pressione del partito cominciò a farsi sentire anche nella Duma, che il 12 marzo decise di abolire la pena di morte, mentre il 16 il soviet di Mosca fece imporre a forza la giornata lavorativa di otto ore dopo una lunga campagna di scioperi che aveva avuto luogo nei giorni precedenti.

Quando poi nelle campagne russe cominciarono i primi disordini contadini nelle province di Simbirsk e Bessarabia, l’ufficio politico del Comitato centrale del Partito bolscevico pubblicò la sua risoluzione critica nei confronti del Governo provvisorio, della guerra e della pace.

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