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Le giornate di luglio per i bolscevichi

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Quan­do ini­zia­ro­no le gior­na­te di luglio, i bol­sce­vi­chi con­qui­sta­ro­no la mag­gio­ran­za nel­la sezio­ne ope­ra­ia del Soviet di Pie­tro­gra­do, a testi­mo­nian­za del­la cre­sci­ta del­la loro influen­za tra le masse.
La serie di even­ti cono­sciu­ta come “le gior­na­te di luglio” comin­ciò il 3 luglio, quan­do il Pri­mo reg­gi­men­to mitra­glie­ri si ammu­ti­nò con il soste­gno di diver­se altre uni­tà mili­ta­ri. Lo scop­pio del­la rivol­ta coin­ci­se con la secon­da con­fe­ren­za bol­sce­vi­ca del­la cit­tà di Pie­tro­gra­do, che ave­va aper­to i lavo­ri il pri­mo di luglio.

Solo quan­do diven­tò chia­ro che mol­ti reg­gi­men­ti, soste­nu­ti da mas­se di ope­rai, era­no già sce­si in stra­da e che i mili­tan­ti di base bol­sce­vi­chi vi sta­va­no par­te­ci­pan­do, il Comi­ta­to cen­tra­le si unì al movi­men­to e rac­co­man­dò che le mani­fe­sta­zio­ni con­ti­nuas­se­ro il gior­no seguen­te sot­to l’egida dei bol­sce­vi­chi. Anche se il Comi­ta­to cen­tra­le era a cono­scen­za del fat­to che i mani­fe­stan­ti avreb­be­ro por­ta­to con sé del­le armi, la nota ema­na­ta non par­la­va di un’insurrezione arma­ta o del­la pre­sa del­le isti­tu­zio­ni gover­na­ti­ve. La riso­lu­zio­ne uffi­cia­le riba­di­va inve­ce la riven­di­ca­zio­ne bol­sce­vi­ca del «tra­sfe­ri­men­to del pote­re al soviet dei depu­ta­ti degli ope­rai, dei sol­da­ti e dei con­ta­di­ni».

Così l’Organizzazione mili­ta­re bol­sce­vi­ca assun­se la dire­zio­ne di una mobi­li­ta­zio­ne di piaz­za che si era ori­gi­na­ria­men­te svi­lup­pa­ta fuo­ri del suo con­trol­lo. Tale scop­pio inat­te­so pro­vo­cò scom­pi­glio nel par­ti­to. Quan­ti ave­va­no obbe­di­to al Comi­ta­to cen­tra­le e soste­ne­va­no la neces­si­tà di rin­via­re la rivo­lu­zio­ne si tro­va­ro­no in con­tra­sto con gli altri, in par­ti­co­lar modo con i mem­bri dell’Organizzazione mili­ta­re e con il Comi­ta­to di Pie­tro­bur­go, che era­no inve­ce a favo­re di un’azione immediata.

Natu­ral­men­te, un par­ti­to rivo­lu­zio­na­rio cre­sce in manie­ra espo­nen­zia­le duran­te una rivo­lu­zio­ne: il Par­ti­to bol­sce­vi­co era cre­sciu­to del 1.600% in meno di cin­que mesi. Una cre­sci­ta del gene­re sot­to­po­ne un par­ti­to a pres­sio­ni inau­di­te, che si mani­fe­sta­no con diver­si gra­di di inten­si­tà nei suoi vari orga­ni­smi, rischian­do di distrug­ge­re l’organizzazione stessa.

Nes­su­na misu­ra di carat­te­re orga­niz­za­ti­vo può pre­ve­ni­re que­ste tipo di dina­mi­che; sva­ria­te cir­co­stan­ze – tra cui la fidu­cia che la dire­zio­ne del par­ti­to si è gua­da­gna­ta – influen­za­no lo svol­ger­si degli even­ti rivo­lu­zio­na­ri.

Il 3 luglio i mani­fe­stan­ti arma­ti ten­ta­ro­no sen­za suc­ces­so di arre­sta­re Keren­sky, per poi diri­ger­si al Palaz­zo di Tau­ri­de, sede del Comi­ta­to ese­cu­ti­vo cen­tra­le dei soviet. La loro inten­zio­ne era quel­la di obbli­gar­lo a pren­de­re il pote­re del gover­no provvisorio.

La fol­la – sti­ma­ta in 60‑70.000 per­so­ne – tra­vol­se le dife­se del palaz­zo e pre­sen­tò le pro­prie riven­di­ca­zio­ni. Il Comi­ta­to ese­cu­ti­vo, tut­ta­via, le respin­se. Tro­tsky col­se l’ironia del momen­to quan­do osser­vò che, men­tre cen­ti­na­ia di miglia­ia di mani­fe­stan­ti sta­va­no chie­den­do ai diri­gen­ti del soviet di pren­de­re il pote­re, que­gli stes­si diri­gen­ti sta­va­no cer­can­do for­ze arma­te da uti­liz­za­re con­tro i manifestanti.
Dopo la Rivo­lu­zio­ne di feb­bra­io, gli ope­rai e i sol­da­ti ave­va­no con­se­gna­to il pote­re ai men­sce­vi­chi e ai socia­li­sti rivo­lu­zio­na­ri, ma que­sti par­ti­ti vol­le­ro ceder­lo ai bor­ghe­si impe­ria­li­sti, pre­fe­ren­do una guer­ra civi­le con­tro il popo­lo piut­to­sto che assu­me­re il pote­re nel­le pro­prie mani sen­za alcu­no spar­gi­men­to di san­gue. Quan­do i mani­fe­stan­ti di luglio si rese­ro con­to che la dire­zio­ne del soviet non si sareb­be libe­ra­ta dei suoi allea­ti capi­ta­li­sti – mol­ti dei qua­li ave­va­no comun­que lascia­to il gover­no di pro­pria volon­tà – la situa­zio­ne giun­se a un pun­to morto.

Il gior­no dopo, Lenin giun­se diret­ta­men­te dal­la Fin­lan­dia nel quar­tier gene­ra­le dei bol­sce­vi­chi, al palaz­zo Kshe­sin­ska­ia. Ben pre­sto, anche i mari­nai del­la base nava­le di Kron­stadt vi si dires­se­ro. L’ultimo discor­so pub­bli­co di Lenin pri­ma del­la Rivo­lu­zio­ne d’ottobre non fu però come i mari­nai si aspet­ta­va­no: Lenin sot­to­li­neò la neces­si­tà di una mani­fe­sta­zio­ne paci­fi­ca ed espres­se la pro­pria cer­tez­za che lo slo­gan “Tut­to il pote­re ai Soviet” avreb­be alla fine trion­fa­to, e con­clu­se il suo discor­so chie­den­do ai mari­nai auto­con­trol­lo, deter­mi­na­zio­ne e vigilanza.

Le gior­na­te di luglio mise­ro il Comi­ta­to cen­tra­le, e Lenin in par­ti­co­la­re, in una luce diver­sa dal soli­to: ave­va­no scon­giu­ra­to una rivol­ta pre­ma­tu­ra nel­la capi­ta­le, una rivol­ta che, fos­se anda­ta a buon fine, avreb­be iso­la­to i bol­sce­vi­chi e infi­ne stron­ca­to la rivo­lu­zio­ne, come era acca­du­to alla Comu­ne di Pari­gi nel 1871 e come sareb­be poi suc­ces­so all’insurrezione spar­ta­chi­sta di Ber­li­no nel 1919. 

Un cor­teo di cir­ca 60.000 per­so­ne, il 4 luglio, si dires­se ver­so il Palaz­zo di Tau­ri­de, ma si tro­vò sot­to il fuo­co dei cec­chi­ni all’angolo tra via Nev­sky e via Litei­ny, e poi all’angolo tra via Litei­ny e via Pan­te­ley­mo­nov. La mag­gior par­te del­le per­di­te, in ogni caso, fu pro­dot­ta dagli scon­tri con due squa­dro­ni di cosac­chi, che ave­va­no anche uti­liz­za­to l’artiglieria con­tro i mani­fe­stan­ti. Dopo que­sti due vio­len­ti com­bat­ti­men­ti in stra­da, i mari­na­ri di Kron­stadt, gui­da­ti da Fyo­dor Raskol­ni­kov, rag­giun­se­ro il Palaz­zo di Tau­ri­de e si uni­ro­no al Pri­mo reg­gi­men­to mitraglieri.

Suc­ces­si­va­men­te avven­ne uno degli even­ti più dram­ma­ti­ci e al tem­po stes­so tra­gi­co­mi­ci del­la gior­na­ta: Vic­tor Cher­nov, il cosid­det­to teo­ri­co dei social­ri­vo­lu­zio­na­ri, fu man­da­to a cal­ma­re i mani­fe­stan­ti. La fol­la lo accer­chiò e un ope­ra­io, col pugno alza­to, gli dis­se: «Pren­di il pote­re, figlio di un cane, quan­do ti vie­ne dato!».

La fol­la dichia­rò Cher­nov in arre­sto e lo chiu­se den­tro un’automobile lì vici­no. L’intervento tem­pe­sti­vo di Tro­tsky sal­vò il mini­stro. Sukha­nov ha descrit­to que­sta biz­zar­ra scena:

«La fol­la, che si sten­de­va a per­di­ta d’occhio, era in sub­bu­glio […] Tut­ta Kron­stadt cono­sce­va Tro­tsky e, si sareb­be det­to, si fida­va di lui. Ma quan­do comin­ciò a par­la­re la gen­te non si pla­cò. Se a mo’ di pro­vo­ca­zio­ne fos­se sta­to spa­ra­to un col­po lì vici­no in quel momen­to, ci sareb­be pro­ba­bil­men­te sta­to un mas­sa­cro e tut­ti noi, for­se anche Tro­tsky, sarem­mo sta­ti fat­ti a pez­zi. Tro­tsky, visi­bil­men­te agi­ta­to e inca­pa­ce di tro­va­re le paro­le giu­ste in quel momen­to così tumul­tuo­so, riu­sci­va a mala­pe­na a far­si sen­ti­re dal­le file più vici­ne […] Quan­do cer­cò di sal­va­re Cher­nov, le file intor­no alla mac­chi­na si infu­ria­ro­no. “Sie­te venu­ti qui per dichia­ra­re la vostra volon­tà e per mostra­re al soviet che la clas­se ope­ra­ia non vuo­le più la bor­ghe­sia al pote­re – dis­se Tro­tsky – ma per­ché dan­neg­gia­re la vostra stes­sa cau­sa con stu­pi­di atti di vio­len­za con­tro degli indi­vi­dui a caso? […] Cia­scu­no di voi ha dimo­stra­to la sua devo­zio­ne alla rivo­lu­zio­ne. Cia­scu­no di voi è pron­to a dare la vita per la rivo­lu­zio­ne. Lo so. Dam­mi la tua mano, com­pa­gno! La mano, fra­tel­lo!”. Tro­tsky allun­gò la mano ver­so una mari­na­io che sta­va pro­te­stan­do con par­ti­co­la­re vio­len­za. Ma quel­lo si rifiu­tò cate­go­ri­ca­men­te di cor­ri­spon­der­gli […] Mi sem­brò che il mari­na­io, che di cer­to ave­va ascol­ta­to Tro­tsky a Kron­stadt varie vol­te, ora lo per­ce­pis­se real­men­te come un tra­di­to­re. Ricor­da­va i suoi discor­si pre­ce­den­ti ed era con­fu­so […] Non sapen­do cosa fare, i mari­nai di Kron­stadt libe­ra­ro­no Chernov».

Cher­nov tor­nò al Palaz­zo di Tau­ri­de e scris­se otto edi­to­ria­li che con­dan­na­va­no la con­dot­ta dei bol­sce­vi­chi. Il gior­na­le socialista‑rivoluzionario Delo nado­ra ne pub­bli­cò quattro.

Il gover­no prov­vi­so­rio, comun­que, si ven­di­cò in manie­ra mol­to più per­fi­da: il gior­no dopo comin­ciò una cam­pa­gna dif­fa­ma­to­ria che descri­ve­va Lenin – che ave­va rag­giun­to la Rus­sia viag­gian­do su un tre­no piom­ba­to — come un agen­te del­lo Sta­to Mag­gio­re tedesco.

Il 5 luglio il Comi­ta­to cen­tra­le ese­cu­ti­vo del Soviet e il Distret­to mili­ta­re di Pie­tro­gra­do lan­cia­ro­no un’operazione mili­ta­re per ripren­de­re il con­trol­lo del­la capi­ta­le. Le trup­pe fede­li al gover­no occu­pa­ro­no il palaz­zo Kshe­sin­ska­ia e distrus­se­ro le rota­ti­ve del­la Pra­v­da. Lenin si mise in sal­vo a fatica. 

Le trup­pe lea­li­ste ave­va­no occu­pa­to anche la For­tez­za di Pie­tro e Pao­lo, che il Pri­mo reg­gi­men­to mitra­glie­ri ave­va lascia­to all’Organizzazione mili­ta­re bol­sce­vi­ca. Il Comi­ta­to cen­tra­le del par­ti­to ave­va dato istru­zio­ni di far ces­sa­re le mani­fe­sta­zio­ni in stra­da, chie­den­do agli ope­rai di tor­na­re al lavo­ro e ai sol­da­ti di tor­na­re nel­le loro caserme.

Nel frat­tem­po il gover­no ave­va ordi­na­to l’arresto dei lea­der bol­sce­vi­chi, tra cui Lenin, Kame­nev e Gri­go­ry Zino­viev, così come Tro­tsky e Ana­to­ly Luna­char­sky, diri­gen­ti dell’Organizzazione Inter­di­stret­tua­le. Anche se alcu­ni di que­sti pri­gio­nie­ri poli­ti­ci, tra cui Tro­tsky, lascia­ro­no la pri­gio­ne duran­te il col­po di sta­to di Kor­ni­lov per orga­niz­za­re la resi­sten­za ope­ra­ia, altri sareb­be­ro rima­sti in prigione fino alla Rivo­lu­zio­ne d’ottobre.

Così fini­ro­no le gior­na­te di luglio che furo­no, nel­le paro­le di Lenin, «mol­to più di una manifestazione e mol­to meno di una rivo­lu­zio­ne».

Alcu­ni dei prin­ci­pa­li diri­gen­ti del par­ti­to bol­sce­vi­co dovet­te­ro entra­re in clan­de­sti­ni­tà, e i suoi giorna­li furo­no chiu­si, ma la bat­tu­ta d’arresto ebbe vita bre­ve. La fal­li­ta offen­si­va dell’undicesima Arma­ta sul fron­te sud‑occidentale, con un mas­sic­cio con­trat­tac­co austro‑tedesco andò ad aggiungersi alla situa­zio­ne eco­no­mi­ca che peg­gio­ra­va di con­ti­nuo, riaf­fer­man­do così la vali­di­tà degli slo­gan bolscevichi.

E infat­ti i gior­na­li bol­sce­vi­chi riap­par­ve­ro ben pre­sto con testa­te solo leg­ger­men­te modi­fi­ca­te, men­tre i comi­ta­ti del par­ti­to tro­va­ro­no rapi­da­men­te nuo­vo soste­gno. Disar­ma­re le uni­tà mili­ta­ri ribel­li, come ave­va ordi­na­to il gover­no, fu più faci­le a dir­si che a far­si. Ben pre­sto il fal­li­men­to del col­po di sta­to di Kor­ni­lov nell’agosto del 1917 avreb­be capo­vol­to la situa­zio­ne, crean­do final­men­te le con­di­zio­ni per la pre­sa del pote­re da par­te dei bolscevichi.

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