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Fine dello sciopero della fame in Turchia

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Dopo 69 giorni di digiuno, nella giornata del 28 Luglio 1996 venne interrotto lo sciopero della fame dei detenuti politici nelle prigioni della Turchia.

Ai 314 che l’avevano iniziato, se n’erano aggiunti, l’ultima settimana, altri quaranta: dodici furono coloro che uscirono senza vita dai carceri che li avevano ospitati.

I prigionieri politici turchi svilupparono la tradizione di scioperi della fame (che dura ancora oggi) ispirandosi ai repubblicani irlandesi.

Dopo la soppressione dei nascenti movimenti civili socialisti, per via di un colpo di stato nel 1980, molti militanti, come anche attivisti civili, vennero imprigionati in condizioni inumane. In risposta alle torture e ai maltrattamenti dei prigionieri politici, accuse negate fino all’ultimo dai governi turchi, il primo sciopero della fame venne lanciato nel 1984, e costò la vita di 4 militanti del Dev-Sol (Revolutionary People’s Liberation Party–Front): Abdullah Meral, Haydar Başbağ, Fatih Öktülmüş e Hasan Telci.

Negli anni seguenti, i movimenti socialisti furono sempre più marginalizzati e costretti a nascondersi, ma molti gruppi Marxisti/Leninisti militanti sopravvissero: per questo motivo, il numero di prigionieri politici fu sempre molto alto.

Nel luglio del 1996, quando il ministro nazionalista del governo Islamista/Conservatore Mehmet Agar avviò una politica di isolamento dei prigionieri politici, cominciò un nuovo sciopero della fame, con la partecipazione di diversi gruppi militanti di sinistra. Le conseguenze dello sciopero e l’atteggiamento indifferente del governo provocò una forte protesta pubblica.

Come risultato, grazie all’iniziativa di intellettuali come Yaşar Kemal, Zulfu Livaneli e Orhan Pamuk, venne raggiunto un accordo tra governo e prigionieri. Questi ultimi riacquistarono molti dei loro diritti, il che fu da loro considerata una vittoria.

Nonostante queste accese proteste che avevano trasformato le carceri in trincee di combattimento rivoluzionario riuscendo ad ostacolare la repressione del governo turco, diversi furono gli scioperi della fame che seguirono i fatti del 1996: famosa fu infatti l’ondata che venne avviata contro le prigioni di ”tipo F”, progettate per una efficiente segregazione dei prigionieri politici.

Il progetto venne sviluppato a partire dal 1997, e gli scioperi iniziarono il 20 ottobre del 2000, con la richiesta che non venissero aperte le prigioni di questo tipo, da parte di una grossa coalizione di gruppi militanti, che questa volta comprendevano i separatisti curdi del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK). Il risultato fu tragico.

Il 19 dicembre 2000, la nuova coalizione di governo decise di spezzare lo sciopero con la forza, in un’operazione battezzata “Ritorno alla vita”. Tale operazione fu contrastata da una resistenza ben organizzata da parte dei prigionieri, che provocò la morte di 28 prigionieri e 2 soldati.

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