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La corazzata Potemkin

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Il 27 giugno 1905 i marinai della corazzata Potemkin si ammutinarono contro l’ordine del primo ufficiale Ippolit Giliarovskij di mangiare comunque la carne che pure risultava infestata dai vermi. 7 dei 18 ufficiali finirono uccisi, tra essi il comandante Evgenij Golikov e lo stesso Giliarovskij, gli altri furono messi agli arresti. Grigorij Vakulenciuk, capo degli ammutinati, fu ferito mortalmente. Afanasij Matjushenko, marinaio, fu eletto portavoce.

Issata la bandiera rossa, la Potemkin raggiunse Odessa, e si unì alla rivolta della popolazione, che i funerali di Vakulenciuk fecero crescere.

La nave indirizzò 2 cannonate al palazzo delle autorità locali zariste.

2 squadre di navi da guerra furono inviate contro la Potemkin, ma i marinai delle navi rifiutarono di combattere e la Potemkin si allontanò indisturbata.

Raggiunto il porto di Costanza in Romania i rivoltosi non furono però accolti e solo alcuni di loro poterono rifugiarsi clandestinamente in quel paese, tra essi Matjushenko. Gli altri dovettero tornare in Russia, furono processati e condannati, i più al carcere, i capi alla fucilazione.

Afanasij Matjushenko tornò clandestinamente in Russia per svolgervi attività politica tra gli anarco-comunisti nel giugno 1907, ma fu arrestato il 30 luglio e il 20 ottobre fu impiccato a Sebastopoli.

 

“E’ ancora buio, ma già sembra sciogliersi nel biancore velato del mattino.

Nella fortezza prigione di Sebastopoli, Afanasij il marinaio sa che gli restano, ormai, pochi minuti di vita.

Sorride nell’ultimo brandello di fiato che gli rimane e ricorda.

Vede i suoi compagni marinai nella luce piena di un’altra mattina. Quella del 27 giugno 1905; la giornata che ha cambiato per sempre le loro vite.

Tutti insieme, furibondi, sulla loro nave bellissima, d’acciaio luminoso: la “Knjaz’ Potemkin-Tavricenkij” (la Corazzata Potemkin!).

Guarda, di nuovo dritto negli occhi, quel bastardo di Giliarovskij. Il Primo Ufficiale che urla di mangiare la carne marcia, brulicante di vermi.

Sente nel cuore, come fosse allora, la risposta sussurata, ma terribile del suo compagno Grigorij (Vakulencuk): “mangiala tu!”.

Le mani dell’ufficiale sulla pistola e quelle nude dei marinai in avanti a fermarlo, a stringerlo, ad ammutinarsi.

Grigorij colpito a morte e la rabbia che investe la nave e scuote l’acciaio.

7 gli ufficiali giustiziati, compreso il comandante, e tutti gli altri, prigionieri.

 

Dopo, da soli, loro i marinai, a governare la nave liberata, senza comandi e paure. A chiamare i compagni della Silurante di scorta N.267 che hanno fatto la stessa cosa.

Tutti verso Odessa con la bandiera rossa sul pennone, a sparare con gli immensi cannoni da 152 mm, contro il palazzo del governo zarista.

Mica si scherza, è la rivoluzione del 1905!

E ancora in mare aperto, passare attraverso la squadra navale mandata per distruggerli.

Gli altri marinai, sui ponti, a salutarli, a rifiutarsi di sparare contro di loro; a provare la rivolta.

Sarà così la rivoluzione che non ha più smesso di sognare.

La grande bandiera tutta pulita di rosso, al posto di quella zarista da guerra. La nave senza più ufficiali e ordini; guidata dalle mani, dai cuori, dalla solidarietà dei marinai liberati per scelta determinata. I compagni delle altre navi che non li colpiscono, ma li salutano e urlano i loro “urrà” e ci provano a seguirli.

Afanasij ci ha provato davvero e, anche, quando hanno dovuto rifugiarsi in Romania, non è rimasto nascosto.

E’ tornato clandestinamente in Russia a praticare la sua volontà di anarco-comunista rivoluzionario. Fino al 30 luglio 1907, quando l’hanno arrestato a Nikolaev.

Ha saputo, nel frattempo, che la “loro” nave ammutinata è stata riconsegnata allo Zar. Per cancellare la vergogna e il ricordo hanno cambiato il nome. Adesso si chiama “Panteleimon” (San Pantaleone).

Ai rivoluzionari che stanno per morire, in piena coscienza del loro destino, è concesso di vedere il futuro.

Afanasij, con la corda stretta al collo, vede la sua nave in un giorno di maggio di là da venire.

Impossibile per lui e per i suoi compagni già giustiziati; ma non per quei futuri marinai rivoluzionari sulla “loro” nave ammutinata che si chiamerà, in quell’11 maggio 1917: Borec za Svobodu.

COMBATTENTE PER LA LIBERTA’! “.

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