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Hrant Dink, La Tragedia Armena

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Il 19 gennaio del 2007 Hrant Dink, 52 anni, una figura di spicco della comunità armena della Turchia, è stato ucciso con due proiettili davanti alla sede di Agos. Il giornalista era impegnato a favore della riconciliazione tra turchi e armeni, ma era odiato dai nazionalisti turchi per aver definito genocidio il massacro di cui gli armeni furono vittime durante la prima guerra mondiale. Hrant Dink da sempre si è battuto per far sì che lo stato turco riconoscesse i genocidi nei confronti degli armeni durante il regno di Hamid e prima della guerra mondiale. Dunque, Dink stava diventando un elemento troppo scomodo e lo stato ha deciso di metterlo a tacere per sempre

Hrant Dink era un giornalista, lavorava per il giornale armeno più grande della Turchia, Agos, di cui era il capo-redattore. Oltre scrivere, organizzava conferenze e partecipava a programmi radiofonici e televisivi con lo scopo di farsi “porta voce” del  popolo armeno e della sua storia. Grazie alle dichiarazioni rilasciate durante una conferenza nella città di Urfa nel 2002 (Dink aveva dichiarato di non essere un Turco, bensì un cittadino turco ed armeno) fu processato fino al 2006 ed infine assolto. Ovviamente non smise mai di difendere le proprie idee così, nel 2004 e nel 2005, subì altri due processi perché, secondo i giudici, “offendeva l’identità turca” nelle sue dichiarazioni pubbliche in cui sosteneva che la figlia adottiva del fondatore della Repubblica turca (Mustafa Kemal Ataturk) fosse in realtà una ragazza armena. Fu inoltre processato perché, nel 2006, in un’intervista rilasciata all’Agenzia di stampa Reuters, definì “genocidio” ciò che accadde nel 1915. Infine, nel 2007, a causa di un suo articolo, lui e due altri giornalisti dell’Agos furono accusati di “offendere l’identità turca”, Dink fu accusato per aver scritto: “Il sangue pulito che sostituirà il sangue avvelenato che verserà il Turco, scorre nelle vene che l’Armeno costruirà in Armenia”

 

Da quel punto in poi, in Turchia, prese piede una campagna nazionale forte, creata e portata avanti da una grossa parte dei media e dei partiti politici contro di lui. Mentre si svolgeva la caccia all’uomo a livello politico, mediatico e giuridico, il 19 Gennaio del 2007, fu assassinato. Dink sapeva di essere in pericolo, ma non aveva mai voluto abbandonare Istanbul. «Non lascerò questo Paese», aveva dichiarato pochi mesi prima di essere ucciso in un’intervista alla Reuters, «se me ne andassi sentirei di avere lasciato da soli quanti combattono per la democrazia. Sarebbe un tradimento e non lo farò mai». Il giornalista fu freddato davanti alla sede di Agos, il quotidiano per il quale scriveva, ufficialmente da un diciassettenne ultra-nazionalista, ma molti individuano i mandanti di questo omicidio nello stato e nei servizi segreti. Ogun Samast, nato nel 1990 a Trebisonda, all’epoca del delitto ancora minorenne, è stato riconosciuto colpevole di omicidio premeditato e condannato con sentenza emessa il 25 luglio 2011 a ventidue anni e dieci mesi di reclusione; il pubblico ministero aveva richiesto una condanna a ventisette anni. Il processo era iniziato il 2 luglio 2007 a porte chiuse stante la minore età dell’imputato. Samast era stato arrestato pochi giorni dopo il fatto ed in un primo momento si era dichiarato colpevole; nella centrale di polizia di Trebisonda alcuni funzionari si fecero fotografare sorridenti al suo fianco. Con il passare dei mesi fu chiaro che quella del giovane era stata solo la mano che aveva materialmente premuto il grilletto della pistola. Fra molte difficoltà i giudici cominciarono a mettere in evidenza fitte ed oscure trame che coinvolgevano apparati dello Stato, esercito, servizi segreti e gruppi ultranazionalisti. Emerse un’organizzazione segreta denominata Ergenekon. Il 27 ottobre 2010 il Ministero dell’Interno venne condannato dalla Decima Corte Amministrativa di Istanbul per aver omesso di vigilare su Dink nonostante le ripetute minacce che il giornalista aveva ricevuto nel passato: la sentenza stabilì una condanna di 100.000 lire turche a favore della famiglia Dink oltre al pagamento delle spese processuali.

Dopo l’esecuzione di Dink, in Turchia si sono svolte grandi manifestazioni. Da quando è iniziato il processo, in ogni udienza, sia dentro che fuori dal tribunale, sono state migliaia le persone che hanno partecipato alle proteste, e ancora adesso ogni anno in migliaia manifestano per ricordare ciò che successe e contro la censura e la repressione dello stato turco.

È soltanto un’illusione il credere che la democrazia possa essere certezza di pace e di tolleranza: si dipenderà sempre da una maggioranza, più o meno razionale, più o meno casuale, o addirittura da una minoranza bene agguerrita e bene organizzata, capace di presentarsi e farsi credere espressione e pensiero della maggioranza…”

 

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