Il 28 maggio 1976 Sandro Saccucci, esponente di spicco del Movimento Sociale Italiano e deputato per la circoscrizione Roma-
Ad attendere Saccucci c'è una piazza gremita di antifascisti, dal movimento studentesco a Lotta Continua, fino ad arrivare alla Fgci. Il palco è presidiato da camerati armati di bastoni e pistole, mentre le forze dell'ordine, disinteressate da quanto sta accadendo, rimangono isolate ai lati della piazza. Non appena Saccucci accenna a parlare viene ricoperto da fischi e insulti, e quando tenta di ricondurre le stragi neofasciste di Stato alla sinistra extraparlamentare viene raggiunto dal lancio di bastoni, pietre e bottiglie.
«Non volete sentirmi con le buone, mi sentirete con questa»
Dopo aver pronunciato queste parole, l'ex parà estrae di tasca una pistola e comincia a sparare sulla folla. Seguono attimi di caos, mentre Saccucci ripara in auto e fugge via a tutta velocità per sottrarsi alla rabbia degli antifascisti; i manifestanti tentano di bloccare le vie d'uscita alle automobili, e per tutta risposta vengono esplosi tre colpi di pistola dall'auto di Saccucci. Antonio Spirito, studente-lavoratore militante di Lotta Continua viene colpito alla gamba sinistra, mentre Luigi Di Rosa, 21 anni, iscritto alla Fgci, viene colpito prima alla mano e poi al ventre, rimanendo ucciso.
Pochi giorni dopo vengono emanate le autorizzazioni a procedere per l'arresto di Pietro Allatta e Sandro Saccucci, "tempestivamente" espulsi dall'Msi del repubblichino Almirante soltanto due settimane dopo i fatti di Sezze Romano.
Il 13 giugno 1976 Saccucci viene arrestato a Londra e accompagnato alla frontiera francese per l'estradizione; la scarcerazione però, si legge in una rogatoria, avviene in tempi brevissimi e grazie agli interventi di don Sixto di Borbone, del prefetto di Parigi e di un tale Jacques Susini, amico di Stefano Delle Chiaie, altro personaggio controverso già coinvolto nella stage di Piazza Fontana e «collega» ai tempi del golpe Borghese. Saccucci troverà riparo in America latina, specialmente in Argentina, dove potrà contare su protezioni e aiuti anche a livello "pubblico", e in Cile, dove alcune voci lo vogliono coinvolto nella gestione del regime fascista del generale Pinochet. Pietro Allatta è stato riconosciuto colpevole di aver impugnato l'arma che ha colpito prima Spirito e poi Di Rosa, anche se le prove balistiche hanno dimostrato che Luigi ha ricevuto due colpi di calibro diverso, avvalorando la tesi secondo cui Saccucci sarebbe uno degli autori materiali dell'omicidio. Le indagini non hanno mai chiarito inoltre la presenza a Sezze di un ex maresciallo dei Carabinieri e agente del Sid, Francesco Troccia, indicato come colui che guidò i missini fuori dal paese, evitando che fossero bloccati dalla popolazione.
La memoria di Luigi Di Rosa negli anni non è mai venuta meno, nonostante le assoluzioni e i depistaggi di Stato nei confronti degli autori della strage e i ripetuti attentati al monumento posto, ad un anno dal suo omicidio, in ricordo di tutte le vittime dell'antifascismo e culminato con la spregevole profanazione della sua tomba avvenuta nel 1978.
A noi piace ricordare la morte di Luigi e di tutti i compagni e le compagne antifascist* con le stesse parole che vennero pronunciate nel comizio antifascista all'indomani della sua morte: «Luigi era giovane, ma non troppo giovane per capire e battersi per la strada giusta. Non troppo giovane per cadere dalla parte giusta, come i partigiani di trent'anni fa, che erano poco più che ragazzi, come i nuovi partigiani di questi anni: Saltarelli e Mario Lupo, Serantini, Argada, Franceschi, Zibecchi e Varalli e Micciché e Brasili e Pietro Bruno e Mario Salvi».
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