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Quel giornalista contro il degrado di Roma, razzista di sinistra

Si aggiorna il campionario delle agghiaccianti esternazioni della “sinistra contro il degrado”.

Francesco Merlo, quello che paragona il becero portale Roma fa schifo specializzato nella caccia al mendicante alla statua parlante di Pasquino, dalle colonne di Repubblica decide di dare un’immagine positiva della città che lo ospita: dopo aver impiegato fiumi di inchiostro a denunciare la prepotenza dei lavavetri e il racket dei furti di pigne, ci racconta dell’incredibile esistenza di “immigrati buoni”.

Persone che dipinge come in un racconto di Stevenson enfatizzando la difficoltà a coniugare correttamente i verbi, la cui dote principale sarebbe la disperazione che li costringe a lavare i marciapiedi e raccogliere la cacca dei cani degli altri per pochi centesimi. Come ogni fiaba che si rispetti c’è anche un cattivo: i “lavoratori sindacalizzati” che sarebbero tenuti, secondo il giornalista, a garantire la pulizia delle strade della città senza rompere le scatole con quegli inutili orpelli da scanzafatiche che sono le condizioni di sicurezza, le ferie, la malattia, le attrezzature previste dal contratto. Se Roma è sporca la colpa è dei lavoratori, non di chi ha trasformato l’azienda municipale dedita alla raccolta dei rifiuti nel bancomat dei partiti.

Insieme a un ricordo malinconico di quanto era pulita villa torlonia quando c’era il duce trova spazio in questo bel reportage anche una spiegazione antropologica del problema immondizia per le strade in Italia: Roma sarebbe a metà strada tra il nord osservante delle norme e il sud “intollerante con i guastafeste della spontaneità” con tanti saluti alla terra dei fuochi, ai treni di rifiuti che arrivano da tutta europa, alla camorra e alla politica.

Alla fine Merlo un merito lo ha, a sentir parlare alcuni opinion maker sinistri si apprezza la concretezza dell’emergenza decoro a Roma: il degrado è nel razzismo benpensante, ed ha superato ogni limite di decenza.

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