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In piazza una generazione che vuole essere protagonista!

Il 15 ottobre è stata una giornata molto densa di eventi e soggetti, molto complessa, non semplificabile. È passata tra folle indignate e incazzate, macchine in fiamme, striscioni, slogan e cori, cariche della polizia e resistenza di piazza. Di ritorno da Roma la tempesta mediatica era già scatenata: innanzitutto l’attacco furioso del Partito de La Repubblica, congiunto all’isteria dei differenti ma congiunti ‘fogli e foglietti’ di regime. Cavalcata l’onda schizofrenica e mediatizzata di complottisti post e tweet, ritorna il fantasma dei black bloc, affiorano presunti infiltrati magari pure fascisti. Tutto si scioglie come neve al sole, le favolette sono utili solo per la politica reazionaria che sfrutta l’occasione per impugnare ancora i forconi, da Maroni a Di Pietro, fino a Vendola. Ci sorge spontaneo il ‘dubbio’: che la loro sia un’ulteriore dimostrazione della paura per un cadreghino delegittimato? Noi preferiamo fermarci a pensare e riflettere, provando a vedere le cose da diverse prospettive, mettendo a verifica tutto. Vogliamo prendere parola, dare il nostro contributo per una discussione che riguarda tutti, avendo ben presente chi il movimento lo vive e vuole far vivere, a differenza di chi lo sfrutta, lo vuole compatibile, lo infanga e giudica. Iniziamo con queste righe: sintesi delle discussioni che abbiamo fatto come collettivo di facoltà, discorsi, analisi e interpretazioni che siamo pronti a mettere in gioco discutendo, ancora.

Il 15 ottobre era la data proposta dalle acampadas spagnole come giornata europea dell’indignazione, scadenza raccolta in tutto il globo (statunitensi di #occupywallstreet in testa!) da chi si batte contro la dittatura del sistema finanziario, contro le politiche di austerity e contro il moloch di un debito figlio del malgoverno dei mercati. Abbiamo abbracciato ciò come un deciso passo avanti nel riconoscere a livello transnazionale un nemico comune, nel mobilitarsi insieme per combatterlo! In Italia si è deciso di organizzare un’unica manifestazione nazionale a Roma. Scelta discutibile poiché in controtendenza con l’esempio spagnolo, dove la forza del movimento 15M risiede anche nella sua diffusione sul territorio, ma comunque accettabile dinnanzi alle differenze tra Italia e Spagna, alle diverse tradizioni di movimento. Gli errori nella preparazione del #15ottobre nostrano crediamo siano stati soprattutto due, diventati fondamentali perchè divenuti peso sull’andamento dell’intera giornata, direzionando lo scenario addobbato preventivamente verso il fallimento.

Il primo, forse più evidente, è stato l’incapacità del coordinamento di associazioni, gruppi e collettivi politici, partitini della sinistra e sindacati, riuniti sotto la sigla del ‘Coordinamento 15 ottobre’, a comprendere il vero significato della giornata, quindi gli umori e le aspettative per un #15ottobre attraverso il quale puntare il dito contro il sistema economico-finanziario che ci governa, che ci detta la legge della crisi. Tutto il resto è chiacchiera politicista, non ci interessa, noi siamo scesi a Roma con l’idea e con l’entusiasmo di lottare, di vivere un 15 ottobre da protagonisti contro la crisi, non ponendoci il discrimine di quelle che sarebbero potute essere la pratiche, a suon di canzoni da cantare o pietre da lanciare. Conseguenza di questa mancanza è stata la decisione di accettare le imposizioni della questura romana: un corteo periferico rispetto ai palazzi del potere economico e politico, lontano dai simboli della crisi. Mancava un obiettivo politico chiaro, a differenza di New York dove si marciava verso Wall Street, di Madrid dove si occupava Puerta del Sol o di Atene dove si andava sotto il Parlamento. Ma ci si poteva aspettare altro da un coordinamento che era poco di più rispetto ad un catasto delle sigle della sinistra, messo in piedi in fretta e furia per l’occasione? una nuova e sfortunata e superata edizione della forma ‘social forum’, ma da Genova 2001 ci dividono più di dieci anni! Il dato che emerge chiaro dalle acampadas spagnole, per di più inequivocabilmente motore delle rivolte della primavera araba, è che solo l’autorganizzazione delle lotte può superare gli schemi mentali del ceto politico di movimento, spesso rappresentativo solo di se stesso. Un metodo che genera condivisione, che da forma e forza alle istanze e alle rivendicazioni di tutte quelle soggettività che ve ne prendono parte… proprio perché espressione diretta della loro voce, del loro/nostro protagonismo! Qui il secondo sbaglio nella costruzione del 15: non arrivava da percorsi reali, di autorganizzazione ed elaborazione collettiva, su motivazioni finalità e direzione si celava lo sconosciuto…

Quanto successo a Roma non può essere descritto meccanicamente, e nemmeno linearmente. I fatti sono stati molti, diversi fra loro, e non possono essere ridotti solamente nella definizione di ‘violenze’ e nelle contrapposizioni tra buoni e cattivi, sarebbe una pericolosa semplificazione, che non aiuterebbe a capire quel che è stato. Si fa un gran parlare dei violenti, dei black bloc, come già successo il 3 luglio, in Val Susa, per dare contro alla lotta No Tav. Quello che abbiamo visto in piazza San Giovanni non è in nessun modo descrivibile con questo equivoco ed ambiguo termine. Il 15 ottobre, in quella piazza, è esplosa la rabbia di migliaia di persone, che si sono difese dagli attacchi e dai caroselli delle forze dell’ordine, che in quella piazza hanno trovato il modo per attribuire un senso alla giornata del 15 ottobre romano, resistendo. Un’esplosione che è legata da un filo rosso al boato di piazza del Popolo del 14 dicembre. Due piazze legate dai soggetti che l’hanno vissuta, studenti, precari, disoccupati, giovani, ribelli. Piazza San Giovanni è stata resistenza contro la polizia che ha attaccato il corteo con gli idranti, andando quasi ad ammazzare un ragazzo, ma è stata anche rivolta contro un presente di merda ed un futuro che non esiste.

La composizione di chi si è ribellato è palese, visibile, nelle foto e nei video che circolano, superando per fortuna ed interesse le immagini che riportano i gesti stupidi ed isolati compiuti ad inizio corteo contro macchine e vetrine, et similia. A fronteggiare i caroselli della polizia, non c’erano ‘regie paramilitari dello scontro’, ma giovani col volto coperto all’ultimo momento, vestiti nei modi più svariati, e tanti senza nemmeno la preoccupazione di mettersi un fazzoletto sul viso, piazza San Giovanni il 15 ottobre valeva la pena di viverla. Gli identikit degli arrestati lo evidenziano, sono giovani, studenti, precari, sono ‘un pezzo di noi’ che in piazza hanno scelto da che parte stare. A loro tutti va la nostra incondizionata solidarietà, sperando di incontrarli presto ancora nelle lotte. E coloro che stanno incoraggiando alla delazione, all’infamità, attraverso il web, trovando la sponda interessata – per dividere i movimenti – dei quotidiani e della politica, almeno trovino il coraggio di vergognarsi.

Non alberga la tristezza in noi se pensiamo al 15 ottobre, non possiamo liquidarla come momento negativo, fallimentare. Meglio un 15 ottobre così che la sfilata dei carri carnevaleschi-elettorali, poi – essendo figli di un’altra epoca – i girotondi e le gite metropolitane non ci hanno mai particolarmente entusiasmato, la nostra generazione è quella che occupa scuole e università, che mette le tende ai campeggi No Tav, che blocca stazioni ed autostrade, che punta all’obiettivo, che paura non ne ha perchè da perdere ha poco ma da conquistare tanto. Speriamo che il caos del #15ottobre possa essere costituente di qualcosa: in quel caos dobbiamo riorganizzarci, parlandoci condividendo e confrontandoci, con chi c’era e chi no, lavorando per ricomporre quella piazza, escludendo delatori ed opportunisti. Il lavoro da compiere tutti assieme è grande, noi però vogliamo scommettere sul futuro, ripartendo da un dibattito – quello sul #15ottobre – nel quale vogliamo essere i protagonisti, per non cadere in futuro nelle debolezze strutturali che hanno minato la strada di un #15ottobre che comunque si è rivelato esplosivo, per attribuire forza e prospettiva alle nostre istanze collettive di cambiamento e trasformazione, politica e sociale.

Collettivo di Scienze Politiche – Torino

la facoltà di cambiare il mondo – collettivoscipol.blogspot.com

 

Martedì 24 ottobre, i collettivi di facoltà di Scienze Politiche e di Lettere e Filosofia dell’università di Torino invitano tutti e tutte alla discussione assembleare sulla giornata del #15ottobre, forti dell’esperienza vissuta dentro la tre giorni di Metropolis, decisi a ripartire dall’esplosione soggettiva verificatasi in piazza San Giovanni, in una giornata complessa e articolata, dalla quale rimettersi collettivamente in cammino, contro la crisi.

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