InfoAut
Immagine di copertina per il post

Cosa abbiamo visto nella piazza per la Pace del 5 novembre a Roma

Siamo “andati a vedere” con sguardo curioso la piazza per la Pace del cinque novembre a Roma: ne abbiamo tratto alcuni elementi interessanti, altri meno, ma che crediamo meritino un’ampia riflessione. Abbiamo provato a sistematizzare alcuni ragionamenti a caldo in questo breve reportage che condividiamo di seguito.

Sabato 5 novembre è stata una giornata di mobilitazioni: almeno tre grandi manifestazioni hanno avuto luogo in Italia a Roma, Napoli e Monza, più una serie di iniziative dislocate nei territori. Se le manifestazioni di Napoli e Monza ci risultavano quelle più affini dal punto di vista delle realtà che le hanno indette, dei processi che si sono attivati negli ultimi mesi e della chiarezza delle piattaforme, quella di Roma aveva mosso la nostra curiosità perché ci sembrava che in potenza potesse rappresentare l’apertura di un nuovo processo politico sul tema della guerra.

La piattaforma di lancio di Europe for Peace, più o meno esplicitamente, metteva in chiaro alcune cose: la necessità di lavorare per un cessate il fuoco ed un negoziato, la solidarietà con i popoli vittime del conflitto, lo stop all’invio di armi, il bando al nucleare militare e più in generale il disarmo. Abbiamo letto come un segnale interessante che realtà politiche, sindacali, dell’associazionismo laico e religioso scegliessero di partire da questo minimo comun denominatore per lanciare una mobilitazione sulla guerra. Ma più che altro ci interessava incontrare la base, capire cosa si muoveva nella pancia della piazza, osservare se si sarebbe trattato di un corteo di burocrazie o se avremmo assistito ad una mobilitazione più ampia ed articolata.

Il ritrovo in Piazza della Repubblica alle 12 si è riempito velocemente, vi erano i diversi stand e furgoni delle realtà promotrici, dalle Acli, all’Anpi, Arci e CGIL oltre ad una serie di banchetti improvvisati di realtà delle più disparate. La piazza si mostrava già piuttosto composita e si poteva osservare fin da subito che a differenza delle manifestazioni della scorsa primavera, subito dopo l’invasione russa dell’Ucraina a prevalere erano le bandiere arcobaleno al netto di uno sparuto gruppetto di bandiere ucraine.

Girando un po’ tra i vari stand si notava che vi era una partecipazione geograficamente diffusa, che da Nord a Sud in molti e molte avevano risposto alla chiamata e che oltre alla presenza strutturata degli iscritti alle associazioni ed alle organizzazioni vi era chi aveva approfittato del passaggio in bus per poter essere presente.

Un altro dato che è saltato immediatamente all’occhio è che la piazza era trasversale a livello generazionale, con una componente giovanile dispersa e non propriamente prevalente (per quanto nemmeno insignificante). Si capiva fin da subito che sarebbe stata una manifestazione attraversata principalmente da lavoratori e lavoratrici e da una parte significativa di ciò che rimane della società civile cattolica e di sinistra, ma non solo. Diverse erano le famiglie con bambini e i gruppi di amici presenti per conto loro nella piazza.

Mentre la testa iniziava a posizionarsi su Via delle Terme di Diocleziano, in direzione San Giovanni, si poteva osservare Piazza della Repubblica colma ed una parte del coda del corteo che stava già riempiendo Viale Luigi Einaudi verso la stazione Termini. I numeri erano oggettivamente molto alti, quasi certamente si è trattato della più grande manifestazione dopo i lockdown.

Dopo la testa condivisa, il corteo si apriva con gli spezzoni dei lavoratori e delle lavoratrici della CGIL con una presenza e una composizione che sembrava andare oltre le burocrazie sindacali, a seguire le Acli e la Comunità di Sant’Egidio ed in coda il resto dell’associazionismo e delle organizzazioni politico sindacali, la parte del corteo più giovanile e chi è sceso in piazza per conto proprio.

Quello che emerge chiaramente dalle interviste che abbiamo fatto in piazza, ma anche dai cartelli “fatti in casa” che abbiamo avuto occasione di fotografare, è un punto di vista che, al netto di sfumature, è tutto sommato coerente su alcuni temi di fondo, dalla condanna dell’invasione russa, alla contrarietà all’invio di armi, alla necessità di aprire delle strade diplomatiche, al ruolo dell’Occidente nel conflitto, fino ad arrivare alla paura che l’escalation possa aumentare ancora senza controllo. Poche sono le voci che si esprimono differentemente, anche se è meno univoco ad esempio il posizionamento sulla NATO.

L’impressione è quella di essere davanti ad un rito liberatorio collettivo, un momento di decompressione in cui dopo mesi di bombardamento mediatico unilaterale, le voci contro la guerra possono trovare uno spazio pubblico in cui esprimersi. La percezione è quella di una piazza che si sente maggioranza all’interno del paese reale, una maggioranza più che silenziosa fino ad ora “silenziata”. Lo notiamo anche dalla grande disponibilità a farsi intervistare per testimoniare i motivi della propria presenza in piazza ed in una attenzione informata che si nota dai dialoghi. La coerenza complessiva del punto di vista si evidenzia anche dalla diversa accoglienza che ricevono le figure politiche presenti al corteo: da un lato le contestazioni nei confronti di Letta al grido “guerrafondaio”, dall’altro il calore (più o meno organizzato) con cui vengono accolte le dichiarazioni di Conte contro il nuovo invio di armi.

Un grande ruolo nelle conversazioni che abbiamo avuto hanno anche questioni più squisitamente legate alle condizioni di vita, dall’impatto della crisi e della guerra sulle filiere produttive, agli effetti dell’inflazione sul salario, al carobollette, più in generale all’economia di guerra. Si possono notare, neanche troppo sullo sfondo, alcune paure che vengono percepite come concrete, dallo spettro di una guerra nucleare, al timore su altri versanti che la crisi alimentare in Nord Africa provochi nuovi flussi migratori e competizione sul salario. Allo stesso tempo è necessario notare come l’approccio prevalente è quello di un ripudio generale della guerra e si assiste durante il corteo alla presenza di un nutrito spezzone di donne iraniane e di molte bandiere della Palestina e del Rojava. Si percepisce la crisi di un settore “garantito” della classe che vede una progressiva erosione delle proprie certezze. Si è notata anche una significativa attenzione al tema della crisi climatica, che sullo sfondo, emerge in molti discorsi e viene messa in contrapposizione con le politiche di spesa militare e riarmo.

Se è evidente che questa piazza per una parte di chi l’ha convocata rappresenta le prove generali per pensare ad un nuovo centrosinistra che ricostruisca almeno in parte la connessione con il proprio popolo e un grado minimo di coerenza interna nel discorso, è pur vero che non sono stati affatto rari i discorsi che abbiamo sentito che mettevano a critica l’intero sistema di sviluppo capitalista e sollevavano la necessità di un cambio radicale.

Quello che ci preme sottolineare è che l’impressione che abbiamo avuto non è quella di una scadenza rituale o una passerella elettorale, in cui vengono chiamate alle armi controvoglia le varie sigle, ma di un sentire ed un sapere condiviso dal basso, in parte fatto di esperienze collettive ed individuali, che hanno trovato finalmente un momento di espressione.

Ora come e se si svilupperà questo processo non siamo in grado di prevederlo, è presto tanto per innamoramenti futili, quanto per stigmi e condanne, però cogliamo con interesse quella che, se non si può definire un’eccedenza, rappresenta comunque un dato politico prevalente che in tendenza potrebbe allargarsi e ridefinire se non altro la battaglia delle opinioni (cosa che in parte è già successa, anche con la contrapposizione con la piazza di Milano di Calenda).

L’abbiamo già detto, oggi qualsiasi cosa rappresenti un blocco, una diserzione, una eresia rispetto alla retorica di guerra è importante, ma in questa piazza, senza sbilanciarci troppo, abbiamo visto qualcosina in più, che se trovasse la via per materializzarsi sui territori potrebbe aprire degli spazi interessanti. Sicuramente per noi è un altro campo di inchiesta da approfondire, con cui misurarsi, che esprime tensioni e non è liscio, ma proprio in questa sua (momentanea?) magmaticità potrebbe nascondere qualche possibilità importante.

Se avete considerazioni, pareri, impressioni da condividere sulla piazza di Roma del 5 novembre o su quanto abbiamo scritto apriamo il dibattito, inviateci i vostri articoli ad infoaut@gmail.com.

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Editorialidi redazioneTag correlati:

guerramanifestazione 5 novembre Romapacerussiaucraina

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Oltre i Referendum: una sconfitta da capire

Mentre ancora i seggi erano aperti andava in scena il classico psicodramma della “sinistra”. 

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Israele arma l’Isis a Gaza. Alcune riflessioni sulle forme storiche della resistenza

Non si è prestata sufficiente attenzione ad una notizia che sta circolando negli ultimi giorni da diverse fonti: Israele starebbe fornendo armi ad una banda criminale legata all’Isis all’interno della Striscia di Gaza.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Israele, oltre Israele

Ovvero di come dentro la democrazia borghese risieda il seme della barbarie.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Riflessioni critiche sul referendum, per dire 5 SI.

Domenica 8 e lunedì 9 giugno si terranno 5 referendum abrogativi. Quattro quesiti mirano ad abrogare alcune delle norme introdotte con il “Job Act” di Renzi tra il 2014 e il 2016, mentre il quinto Si servirebbe a dimezzare il periodo necessario all’ottenimento della cittadinanza per coloro non nati in Italia da 10 a 5 anni.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

L’invasione della Striscia di Gaza per continuare il genocidio e imporre il controllo biopolitico

Il piano di invasione della Striscia di Gaza annunciato da Benjamin Netanyahu aggiunge orrore ad orrore. Non ci sono sufficienti parole per descrivere quanto disgusto provochi il piano ideato e approvato dal Gabinetto di Guerra israeliano per l’invasione della Striscia di Gaza. Il piano prevede l’occupazione militare del 90% della striscia e rinchiudere l’intera popolazione […]

Immagine di copertina per il post
Editoriali

La lunga frattura – Un contributo al dibattito su guerra e riarmo

In questi mesi la storia corre veloce, in poco tempo alcuni dei capisaldi su cui si è retto l’ordine mondiale definitivamente consolidatosi dopo il crollo del muro di Berlino stanno vivendo profonde tensioni e ristrutturazioni.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Sulla morte di Papa Francesco

In un mondo in cui comanda la prevaricazione e l’ipocrisia la morte di Papa Francesco segna un passaggio politico della nostra storia.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

I giovani come pericolo pubblico

Nel giro di pochi giorni abbiamo assistito ad una sequenza che indica un cambio di passo da parte del governo nei confronti della cosiddetta “pubblica sicurezza”. Dopo l’approvazione del “Decreto Sicurezza” con firma in calce del Presidente della Repubblica Mattarella, al netto di risibili modifiche, abbiamo assistito nel giro di tre giorni alle cariche di […]

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Economia di guerra: la riconversione dell’automotive in industria delle armi

Lo accennavamo nel nostro scorso editoriale: il piano ReArm EU va compreso anche alla luce della profonda crisi del capitalismo europeo, ed in particolare di quello industriale che vede il suo cuore in Germania.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Le nostre lacrime, il nostro sangue

Ursula Von der Leyen annuncia il piano ReArm Europe: una cifra monstre di 800 miliardi di euro, senza passare dal voto del Parlamento Europeo. In Italia i presunti “intellettuali” di Repubblica fremono per mettersi l’elmetto (ci vadano loro al fronte).

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Manifestazione nazionale contro il riarmo, la guerra e il genocidio in Palestina: 21 giugno a Roma

La data per la manifestazione nazionale a Roma contro il riarmo e la guerra è stata individuata nel 21 giugno, poco prima che si tenga il summit NATO all’Aja dal 25 al 25 giugno sulla Difesa e la spesa militare.

Immagine di copertina per il post
Bisogni

Briosco dice No all’Italian Raid Commando nella scuola del paese

A Briosco, paesino di poche migliaia di abitanti in Brianza, si è tenuta la 37esima edizione dell’Italian Raid Commando ossia una esercitazione militare cammuffata da competizione/allenamento da svolgersi nella palestra della scuola, resasi disponibile per l’accoglienza, oltre che nei boschi circostanti.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Missioni militari 2025. Carta bianca per la guerra

“Sono attualmente in corso 39 missioni e operazioni internazionali, per una consistenza media di 7.750 unità, un contingente massimo autorizzato pari a 12.100 unità, e un onere finanziario complessivo che ammonta a 1,48 miliardi, divisi tra 980 milioni per il 2025 e 500 milioni per il 2026”.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Disarmiamoli: verso il 21 giugno a Roma

Ripubblichiamo il comunicato uscito dall’assemblea nazionale chiamata dalla Rete dei Comunisti, da Potere al Popolo e USB a Roma che guarda alla data di manifestazione nazionale del 21 giugno. In questa fase ogni mobilitazione nella prospettiva di attivarsi contro il riarmo generale, contro la militarizzazione della società e a sostegno della resistenza palestinese è da sostenere e attraversare.

Immagine di copertina per il post
Contributi

Putin: un politico professionale

A distanza di tre anni dall’inizio della guerra in Ucraina, ultimo atto di un lungo conflitto tra due paesi e tra due imperi, riprendiamo un’intervista inedita di qualche mese fa alla studiosa Rita di Leo, sulla biografia politica di Vladimir Vladimirovič Putin.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

L’imperialismo nell’era Trump

Che cos’è oggi l’imperialismo, di cui la cosiddetta “era Trump” è precipitato? Come si è trasformato, tra persistenza e discontinuità? Non sono domande scontate, di mera speculazione teorica. da Kamo Modena Ma nodo fondamentale da sciogliere per porsi all’altezza delle sfide pratiche e politiche poste da questi tempi sempre più accelerati di crisi sistemica. Per […]

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Russia: i segreti della resilienza economica

Abbiamo tradotto il testo di Mylène Gaulard, docente di economia presso Università Pierre Mendes France – Grenoble 2, apparso originariamente su Hors-serie in quanto intende mettere a nudo l’enorme distanza tra la narrazione dominante occidentale (e principalmente europea) sul conflitto in Ucraina e la realtà materiale dei rapporti di forza economici e geopolitici che si stanno ridefinendo su scala globale.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Trump 2.0: una svolta epocale?

Un confronto sulla percezione che sulle due sponde dell’Atlantico si ha della crisi in corso è importante, ma deve scontare uno choc cognitivo dovuto alla difficoltà di mettere a fuoco una svolta forse epocale.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Collaborazione tra industrie delle armi italiane e turche: lunedì mobilitazione a Torino contro il “Forum Turchia”

Lunedì 12 maggio a Torino si terrà il forum “Turchia: un hub verso il futuro”, promosso dalla Camera di Commercio con l’obiettivo dichiarato di “rafforzare la cooperazione economica” tra Italia e Turchia nei settori dell’aerospazio, dell’automotive e della digitalizzazione.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Scontro aperto tra India e Pakistan: operazione “Sindoor”

A seguito dell’attentato che ha ucciso 26 turisti indiani nel Kashmir amministrato dall’India avvenuto a fine aprile, la risposta dello stato indiano è arrivata nella notte tra martedì 6 maggio e mercoledì 7 maggio, con l’Operazione definita Sindoor: una serie di bombardamenti si sono abbattuti sul Pakistan, nella parte di territorio pachistana del Kashmir e nella provincia pachistana del Punjab.