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Legge di stabilità 2016: una Finanziaria su misura per i “solvibili”

Mentre il quadro politico a destra va sempre più radicalizzandosi sulle posizioni di Salvini, mentre nasce “Sinistra Italiana” e i grillini si attestano su numeri mai raggiunti prima nella loro storia almeno stando ai sondaggi, l’esecutivo sembra cercare di farsi strada al centro, vedendo nei “moderati” un tempo soggetto cardine delle proposte politiche dell’antico centrodestra il nuovo perno della propria base sociale. Il progetto di quella che è la vecchia Finanziaria dovrebbe arrivare alla Camera, una volta esaminato dalla Commissione Bilancio del Senato, entro il 20 novembre.

Abolizione dell’IMU e della TASI sulla prima casa sono i nuovi “80 euro” renziani; una misura sicuramente gradita da chi possiede una abitazione ma che proprio per questo non  di nessuna utilità a chi una casa non ce l’ha e non può permettersela, impossibilitato a farsi finanziare un mutuo o costretto alla rapina mensile dell’affitto. Viene prolungata artificialmente la bolla del Jobs Act attraverso la concessione di fondi per le assunzioni a tempo indeterminato che però sappiamo bene come in presenza del nuovo contratto a tutele crescenti valgono a poco, se non a permettere al governo di parlare di una “ripresa dell’occupazione” che non si sposa con alcun dato reale di lungo periodo e che non modifica in alcun modo se non per degli zerovirgola i numeri della disoccupazione soprattutto giovanile.

In compenso la rapina chiamata canone Rai, a fronte di una sempre più ridicola informazione (?) televisiva pubblica viene accorpato alle bollette dell’elettricità per evitare un’evasione fiscale tra le più comprensibili di tutte dati i livelli infimi toccati dalla tv di Stato. Del resto quello della “lotta all’evasione” è un tema puramente retorico da parte del governo – basti pensare al numero di inquisiti proprio per questo reato in Parlamento chiamati a votare la Legge di Stabilità.

La parte della ex finanziaria riservata al Fondo per le nuove povertà non può che essere vista come un’elemosina ridicola nei confronti delle  migliaia e migliaia di persone che faticano ad arrivare alla fine del mese. 600 milioni per il 2016 e 1 miliardo di euro dal 2017 non sono assolutamente in grado di arginare un esplosivo mix di disoccupazione e indebitamento dato che non si trova alcun rilancio dell’edilizia popolare né un finanziamento su temi come istruzione e sanità che non sia di bandiera come quello peri 500 nuovi docenti universitari assunti (con quale inquadramento?) e alcuni fondi riservati ai medici specializzandi.

Il problema come al solito è nel capire dove si taglia rispetto a quanto si aggiunge: è da notare come ci siano 5,8 miliardi di euro che il governo reperirà attraverso la spending review, che al momento non è stata ancora sviscerata precisamente nella sua composizione. Le recenti polemiche rispetto ai tagli alla sanità tra governo e regioni sembrano però essere anticipatrici di una delle possibilità prevalenti, ovvero che la questione della salute possa essere utilizzata per fare cassa attraverso la retorica delle “prestazioni inutili” (che comprendono anche i farmaci salvavita, a quanto pare) e dei sistemi da “razionalizzare” nell’unico modo conosciuto cioè tagli lineari che di razionale hanno ben poco.

In sostanza, una legge di stabilità che sembra accentuare ulteriormente il ritiro dello Stato dal finanziamento del welfare nei confronti dei più bisognosi, in favore della creazione di una spinta al consumo tutta a favore di quei ceti “benestanti” che costituiscono il nuovo nucleo dell’elettorato renziano. Una dimensione che apre così prospettiva ad un lavoro politico capace di rispondere, attraverso percorsi di lotta finalizzati all’aumento del costo sociale delle nuove povertà, all’ulteriore attacco neoliberista portato avanti dal governo.

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