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Ciao Nanni, oggi come ieri Vogliamo Tutto!

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Con profonda tristezza abbiamo appreso della scomparsa di Nanni Balestrini. Poeta, scrittore, militante ci lascia all’età di 83 anni. Vogiiamo ricordarne l’opera attraverso la pubblicazione di un estratto di uno dei testi che più abbiamo amato, tra i tanti, di Nanni: “Vogliamo Tutto!”. Un testo che per i suoi 40 anni dalla pubblicazione definimmo “un ordigno linguistico di calcolata potenza e di trattenuta passionalità. Si può leggere in molti modi: come un resoconto delle battaglie sociali del proletariato metropolitano, come un controcanto incalzante al diffondersi dell’autonomia degli operai, come uno sguardo distaccato, o come un gesto di simpatia del linguaggio per la vita. Pubblicato per la prima volta nel 1971, Vogliamo tutto è la storia di un operaio arrivato dal Sud nella Fiat in ebollizione, la storia della scoperta della metropoli, della violenza e dell’oppressione capitalistica, della comunità proletaria che si forma, della rivolta che serpeggia e poi esplode.” Oggi, mentre salutiamo Nanni, rileggiamo alcune di quelle pagine dense di rivolta e poesia. Che la terra ti sia lieve, compagno!

[..] Compagni come voi tutti sapete alla Fiat ogni giorno la percentuale di assenze è altissima. E’ gente che non ce la fa più a tenere dietro ai ritmi di lavoro massacranti imposti dai padroni. E’ gente che resta a casa per conservare la propria esistenza fisica. E’ una continua fuga dal lavoro produttivo. Si parla di diritto alla salute di lotte contro la nocività. Ma non si dice che l’unica questione è che il lavoro è nocivo. L’immigrazione di giovani dal sud da parte della Fiat è andata avanti negli ultimi mesi a ritmo crescente. Dati i forti autolicenziamenti di operai che non vogliono piú saperne dei ritmi Fiat e dati i licenziamenti degli operai che fanno troppe assenze. Tutto questo fa comodo alla Fiat perché i nuovi assunti hanno salari piú bassi per i primi quattro anni di sfruttamento nella fabbrica.

A questo va aggiunto il circolo vizioso che porta via quasi tutto il salario. I giovani immigrati che fanno la spola fra una trattoria e un affittacamere. I risparmi per pagare i debiti dello spostamento al nord e per mandare il vaglia al sud erano possibili sei o sette anni fa. Il salario reale della Fiat è andato indietro in questi anni. Perciò lo sciopero che abbiamo fatto per Battipaglia come Battipaglia nel sud è stata la fine della politica meridionalista della Dc e del Pci dello Stato e dei monopoli quello sciopero è stata l’occasione per uno sciopero politico contro la pianificazione Fiat e statale.

Per quanto riguarda questo sciopero di giovedí non sono i sindacati che si sono accorti che gli operai non ne possono piú degli affitti. Ma sono stati gli operai con questi atti di ribellione al di fuori di ogni linea sindacale e politica a dimostrare che ne hanno fin sopra i capelli degli aumenti del costo della vita degli affitti. E che a un certo punto non possono piú essere soddisfatti dello stipendio di fame che oggi si prende. Noi chiediamo il salario garantito chiediamo di essere pagati sempre secondo le nostre necessità sia quando lavoriamo sia quando siamo disoccupati. Applausi.

Compagni adesso dopo tutte queste settimane di sciopero in cui abbiamo messo in ginocchio il padrone tutti ci dicono di non esagerare. Ce lo dicono i sindacalisti in fabbrica ce lo dicono i giornali fuori. Che se va avanti cosí ci sarà la crisi che dobbiamo stare attenti perché tutta questa produzione in meno rovina l’economia dell’Italia. E poi tutti staremo peggio ci sarà disoccupazione e fame. Ma a me non mi sembra che le cose stanno proprio cosí. Lasciamo anche da parte che come ha detto il compagno prima se l’economia dei padroni va in fallimento a noi non ci frega proprio niente. Anzi ci fa molto piacere.

Questo è verissimo ma c’è un’altra cosa. E’ che a noi non ci frega niente anche perché tanto lo sappiamo che qua finché non cambia tutto siamo sempre noi a stare peggio. Non siamo stati sempre noi a pagare il prezzo piú alto di tutte le lotte? Compagni io sono di Salerno ho fatto tutti i lavori nel sud come nel nord e una cosa ho capito: Che l’operaio ha solo due possibilità o un lavoro massacrante quando le cose vanno bene o la disoccupazione e la fame quando vanno male. Io non so bene quale delle due cose è peggio. Ma tanto non è che l’operaio se la può decidere è il padrone sempre che gliela decide.

E’ inutile allora che quando ci incazziamo perché non ne possiamo piú ci vengono a pregare di tornare a lavorare. Che ci vengono a fare la morale che siamo un solo paese un solo interesse generale che ognuno c’ha la sua funzione e il suo dovere e queste cose qua. Con quella vecchia storia che lo stomaco non può mangiare se le braccia non lavorano e allora tutto il corpo muore. E cosí ci pregano e ci minacciano di tornare a lavorare perché se no sarà il peggio anche per noi. Ma le cose non stanno cosí perché come ho detto prima noi tanto finché il potere ce l’hanno loro noi con loro moriamo sempre e in ogni caso sia che lavoriamo sia che no.

E in quel tranello non ci caschiamo piú perché proprio non siamo lo stesso corpo noi e loro. Non abbiamo niente in comune siamo due mondi diversi siamo nemici e basta noi e loro. La forza piú grande che noi abbiamo è proprio questo fatto di esserci convinti finalmente che col lavoro dei padroni e con lo Stato dei padroni noi non abbiamo proprio nessun i interesse in comune. Ma anzi abbiamo tutti interessi contro. Tutti i nostri obiettivi materiali sono contro questa economia sono contro questo sviluppo sono contro l’interesse generale che è quello dello Stato dei padroni. Adesso ci dicono che la Fiat fa una fabbrica in Russia a Togliattigrad e che dovremmo andarcene lí tutti per imparare a lavorare come si lavora nel comunismo.

E che cazzo ci frega a noi se anche in Russia gli operai sono sfruttati e se li sfrutta lo Stato socialista invece del padrone capitalista. Vuol dire che quello non è comunismo ma è qualcosa che non va bene. E infatti mi sembra che si preoccupano piú della produzione e di andare sulla luna anche loro invece che del benessere della gente. Perché il benessere viene prima di tutto dal farci lavorare meno. E’ per questo che noi adesso diciamo no ai padroni spaventati che ci chiedono di aiutarli nella loro produzione. Che ci spiegano che dobbiamo partecipare perché è anche nell’interesse di noi tutti.

Diciamo no alle riforme per cui ci vogliono fare lottare il partito e il sindacato. Perché abbiamo capito che quelle riforme servono solo a migliorare il sistema con cui i padroni ci sfruttano. Che ci frega di essere sfruttati meglio con un po’ di case un po’ di medicine o un po’ di scuole in piú. Tutto questo migliora solo lo Stato migliora l’interesse generale migliora lo sviluppo. Ma i nostri obiettivi sono contro lo sviluppo sono contro l’interesse generale sono nostri e basta. I nostri obiettivi cioè gli interessi materiali della classe operaia sono il nemico mortale del capitalismo e dei suoi interessi.

Noi abbiamo cominciato questa grande lotta chiedendo piú soldi e meno lavoro. Adesso sappiamo che questa è una parola d’ordine che capovolge che manda per aria tutti i progetti dei padroni tutto il piano del capitale. E adesso noi dobbiamo passare dalla lotta per il salario alla lotta per il potere. Compagni rifiutiamo il lavoro. Vogliamo tutto il potere vogliamo tutta la ricchezza. Sarà una lotta lunga di anni con successi e insuccessi con sconfitte e avanzate. Ma questa è la lotta che noi dobbiamo adesso cominciare una lotta a fondo dura e violenta. Dobbiamo lottare perché non ci sia più il lavoro. Dobbiamo lottare per la distruzione violenta del capitale. Dobbiamo lottare contro uno Stato fondato sul lavoro. Diciamo: Sí alla violenza operaia.

Perché siamo noi proletari del sud noi operai massa questa enorme massa di operai noi centocinquantamila operai della Fiat che abbiamo costruito lo sviluppo del capitale e di questo suo Stato. Siamo noi che abbiamo creato tutta la ricchezza che c’è e di cui non ci lasciano che le briciole. Abbiamo creato tutta questa ricchezza crepando di lavoro alla Fiat o crepando di fame nel sud. E adesso noi che siamo la grande maggioranza del proletariato non ne abbiamo piú voglia di lavorare e di crepare per lo sviluppo del capitale e di questo suo Stato. Non ne possiamo piú di mantenere tutti sti porci.

E allora diciamo che è ora di finirla con questi porci che tutta questa enorme ricchezza che noi produciamo qua e nel mondo poi oltre tutto non sanno che sprecarla e distruggerla. La sprecano per costruire migliaia di bombe atomiche o per andare sulla luna. Distruggono perfino la frutta tonnellate di pesche e di pere perché ce ne sono troppe e allora hanno poco valore. Perché tutto deve avere un prezzo per loro tutto deve avere un valore che è l’unica cosa che a loro interessa non i prodotti che senza valore per loro non possono esistere. Per loro non possono servire alla gente che non ne ha da mangiare. Con tutta questa ricchezza che c’è la gente invece potrebbe non piú morire di fame potrebbe non piú lavorare. Allora prendiamoci noi tutta questa ricchezza allora prendiamoci tutto.

Ma stiamo impazzendo? I padroni ci fanno lavorare come bestie e poi distruggono la ricchezza che noi abbiamo prodotto. Ma è ora di farla finita con questa gente qua. E’ ora che gli facciamo il culo a tutti questi porci finalmente che li facciamo fuori tutti e ce ne liberiamo per sempre. Stato e padroni fate attenzione è la guerra è la lotta finale. Andiamo avanti compagni andiamo avanti come a Battipaglia bruciamo tutto spazziamo via queste canaglie spazziamo via questa repubblica. Lunghissimi applausi. [..]

tratto da “L’assemblea”, capitolo 9 di “Vogliamo Tutto”

 

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