
Checkpoint Grossman. Lo scrittore sionista contestato a Cagliari
Ma veniamo alla giornata di ieri. Subito, a riprova della tensione cresciuta in città negli ultimi giorni, siamo stati testimoni del trattamento riservato da ufficiali di polizia in borghese ad una ragazza che indossava la Kefiah e che voleva partecipare all’incontro. La funzionaria di polizia minacciava, davanti alle persone che cominciavano ad affluire all’incontro, la ragazza dicendole che l’avrebbero portata via per i capelli, con la contrarietà dei presenti che non riuscivano a comprendere un comportamento tanto al di sopra delle righe da parte della funzionaria. Perquisizioni e controllo dei documenti all’ingresso dell’edificio hanno contribuito a creare un checkpoint improvvisato che stonava alquanto con la natura dell’istituzione universitaria.
L’incontro comincia puntuale ma dopo le introduzioni, quando la parola dovrebbe passare a David Grossman, parte la contestazione di una quarantina di persone che, bandiere della Palestina alla mano, chiedono di poter porre delle domande all’ospite. Dopo un attimo di confusione viene trovato un accordo con gli organizzatori e così può cominciare l’incontro, un botta e risposta con l’intervistatore.
La parte più interessante per capire il pensiero di Grossman arriva quando il dibattito verte sul concetto di casa. Grossman esprime per l’occazione concetti che a molti hanno fatto storcere il naso, il discorso si sposta infatti velocemente sulla quotidianità della vita israeliana resa precaria dai continui cambiamenti dei confini dello stato israeliano, questa precarietà e continuo essere in guerra lo porta a considerare la vita del suo popolo come una non-vita sempre in bilico sul filo della sopravvivenza. Qualche parola sulla condizione palestinese giusto per addolcire delle parole che sanno di amaro per chi conosce e vive quella realtà e che infatti fanno rumoreggiare la sala.
Quando viene data la parola al pubblico chi prende la parola pone principalmente tre questioni per capire la posizione di Grossman rispetto alla Nakba, la catastrofe del popolo palestinese che coincide con la nascita dello stato di Israele. Un aspetto riguarda il fatto che negare la Nakba, sarebbe equivalente a negare la Shoah. L’accento viene inoltre posto sulle dichiarazioni di contrarietà espresse da Grossman in altre occasioni rispetto al ritorno dei profughi palestinesi. L’ultimo nodo cruciale riguarda invece i confini e la creazione dello stato palestinese. La risposta di Grossman appare superficiale ed evasiva, il suo intervento gira tutto intorno alla impossibilità di paragonare la Shoah alla Nakba, affermazione che stravolge strumentalmente il senso della domanda. Alle domande successive, invece, non arriverà alcuna risposta. Tra quelle inevase rimarrà, alla fine, quella più spinosa sul ritorno dei palestinesi, tema sul quale si era invece espresso in altri incontri e che lo vedeva contrario in quanto avrebbe costretto gli ebrei ad essere minoranza nel loro stato. Glisserà anche sui confini e sul concetto “due popoli due stati” terminando l’intervento con un retorico ma applaudito «domande di questo tipo non vedo perché debbano essere fatta alla mia persona». Affermazione che stupisce chi si è recato all’università per sentire rispondere anche a questo tipo di domande, come Enrico del Coordinamento Antifascista che commenta: «Ci sembra incredibile sentirci rispondere in questo modo da uno scrittore che fino all’altro giorno ha rilasciato pesanti dichiarazioni politiche e che oggi davanti alla contestazione si trincera dietro il suo ruolo di scrittore».
Si conclude così la giornata che vede l’archiviazione momentanea del conferimento della cittadinanza onoraria per David Grossman e quindi una piccola vittoria per la comunità palestinese della nostra città e per chi, da cagliaritano, conosce a fondo il dramma dell’allontanamento dei palestinesi dalla loro terra.
da Arrèxini
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