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Romania: migliaia in piazza contro l’estrazione di gas da parte USA

Nella giornata di ieri in Romania si sono tenuti cortei in diverse città del paese contro il progetto dell’azienda statunitense Chevron di effettuare esplorazioni per l’estrazione di gas al confine con la Moldova.

Migliaia di persone in tutta la Romania sono scese in piazza chiedendo al governo di ritirare le autorizzazioni alla Chevron e di bloccare i piani di trivellazione che dovrebbero iniziare a Barlad, una città situata al confine e dove l’azienda americana ha in concessione l’utilizzo di diversi ettari di terreno. I lavori verrebbero portati avanti con la cosiddetta pratica del ‘fracking’ che consiste nell’estrarre gas iniettando nel terreno acqua ed agenti chimici ad altissima pressione, con conseguenti rischi di inquinamento e contaminazione che ricadrebbero sulla salute degli abitanti della zona. Un metodo controverso e rischioso che ha già fatto fare passi indietro sulle estrazioni ad altri paesi europei.

Proprio a Barlad centinaia di persone hanno sfilato ieri per le strade indossando maschere antigas e gridando ‘Chevron go home!’; grosse manifestazioni anche nella piazza dell’Università di Bucarest e a Buzias, località della Romania occidentale in cui un’azienda belga vorrebbe iniziare altre trivellazioni.

Ad essere contestato dalle piazze di ieri è stato anche il primo ministro Victor Ponta, esponente del partito socialdemocratico che si era inizialmente espresso in modo sfavorevole all’estrazione di gas da parte della Chevron ma – una volta guadagnata una solida maggioranza in Parlamento con le ultime elezioni – ha ammorbidito di molto la propria posizione, aprendo al fracking da parte degli Stati Uniti.

Le ragioni addotte dal governo sostengono che con l’estrazione di gas la Romania potrebbe raggiungere l’indipendenza energetica (svincolandosi quindi dalla dipendenza dalla Russia, anche se nel caso rumeno le importazioni da Mosca rappresentano solo un quarto del consumo energetico nazionale) ma le migliaia di persone contrarie sostengono che questo non compensa il rischio di mettere a repentaglio la vita dei cittadini e che il loro ‘No’ non potrà essere negoziato con la promessa di vantaggi economici.

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