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Gli Emiliani non ci stanno: verso il corteo di Bologna

Andiamo con ordine partendo dalle contestazioni di domenica al Premier Monti. Gli aspetti rilevanti da analizzare sono parecchi, il primo su tutti è che il tour elettorale del Professore si sia trasformato in una vera e propria via crucis: non si sono visti i bagni di folla annunciati e ogni tappa del suo tour è stata segnata da accese contestazioni. I momenti più critici si sono registrati a Concordia, piccolo comune devastato dal sisma, dove un folto gruppo di manifestanti ha inveito contro il Premier lanciando qualche uovo, colpendo accidentalmente il Sindaco di un altro paese. La protesta, sicuramente spontanea e non organizzata, è senza meno indice di un malcontento sempre crescente tra i terremotati, ma soprattutto dell’indisponibilità da parte dei cittadini a sopportare ulteriormente questa situazione. Il malcontento è generalizzato e presente da mesi (è facile entrare in un bar o in un qualsiasi punto di ritrovo in tutto il cratere e sentire critiche verso chi ha creato questa situazione), ma mai aveva assunto forme concrete di protesta, come è successo domenica.

In altre parole, il malcontento dei terremotati ha spesso fatto fatica ad esprimersi pubblicamente, superando il livello informale, quindi gli accadimenti di Concordia sono un segnale positivo in tal senso.

Ci permettiamo anche di fare una considerazione sulla condanna del lancio delle uova, portata avanti da tutto l’entourage del PD. Costoro riconoscono la legittimità della protesta ma condannano il lancio di uova; “una protesta giusta – dicono- ma che non deve superare i limiti”, traducibile nel messaggio “potete protestare ma non siete autorizzati a creare problemi reali”. Tale dinamica rientra in una certa lettura del termine “democrazia” che in molti fanno dalle nostre parti, ma ancor più grave è il fatto che nessuno abbia contestualizzato il gesto, individuandolo come il frutto di un malessere che dura da più di 8 mesi. E allora, è violenza il lancio di un uovo o lo è ridurre migliaia di cittadini in questa situazione di disagio e precarietà?

Diversamente, è stata caratterizzata da una maggiore organizzazione l’accoglienza riservata a Monti a Mirandola, dove era previsto un vero e proprio comizio del Premier uscente per lanciare la sua lista civica. Lì si sono radunati una cinquantina di terremotati, raggruppati dal comitato Sisma.12 in poche ore (difatti la notizia della visita è stata resa pubblica solo il giorno precedente). I manifestanti hanno presidiato l’ingresso del palazzetto costringendo la carovana di Monti ad entrare da un ingresso laterale, con la scorta di un buon numero di agenti della Digos e di alcuni carabinieri. Le contestazioni non si sono avute solo all’esterno del palazzetto, ma hanno trovato continuità anche al suo interno, dove Monti è stato interrotto più volte da terremotati che chiedevano conto delle non-decisioni prese dal Governo. Quello che doveva essere un incontro con i cittadini si è trasformato in un incubo per il candidato Premier, che più che “stare in mezzo alla gente” è stato nascosto e protetto dalle forze dell’ordine.

Da segnalare anche il tentativo di cavalcare la contestazione a Monti da parte di un PdL ormai allo sbando, che ha inscenato una protesta provando inutilmente a confondendosi con i membri del comitato sisma.12. Al di là dell’opportunismo palese, risulta ridicolo il tentativo dei berlusconiani di delegittimare l’impianto legislativo predisposto dal Governo e votato dal PdL stesso; ma ormai, in clima di campagna elettorale, siamo abituati a simili cambiamenti di rotta repentini.

La giornata di contestazione a Monti è stata preceduta di 24 ore da un altro momento importantissimo: l’assemblea pubblica di Sisma.12 che ha visto la partecipazione di oltre 200 persone, nonostante il voto in Parlamento sul rimborso al 100%. In quella sede sono state smontate le dichiarazioni “positiviste” di tutto l’entourage di Errani, con prove evidenti che ciò che è stato votato è solo una dichiarazione d’intenti, nulla di più, e che anzi rimangono in piedi tutte le perplessità in merito alla ricostruzione e agli ostacoli che ne impediscono la realizzazione effettiva: dalle ordinanze alla burocrazia, dalla mancanza di fondi alla perdita del diritto al contributo.

L’elemento più positivo è la partecipazione attiva dei terremotati in entrambi i momenti di conflitto. Infatti, se in passato erano già state organizzate assemblee largamente partecipate, mai si era assistito ad un tale protagonismo dei cittadini, i quali questa volta hanno ripetutamente contribuito al dibattito con idee e proposte ed hanno accolto positivamente la possibilità di una imminente mobilitazione a Bologna, in caso le intenzioni del governo sul 100% non si traducano a breve in cambiamenti reali nello stato attuale delle cose.

 

In sintesi, i punti da sottolineare sono due: da un lato, la crescente credibilità del comitato Sisma.12, ormai punto di riferimento sull’intero territorio della Bassa, grazie alla efficace azione di controinformazione che esso è riuscito a mettere in campo (ruolo tutt’altro che secondario nello scenario mediatico del “qui va tutto bene” ancora imperante) e in quanto unico soggetto capace di organizzare mobilitazioni; contemporaneamente, la crescente attivazione che dimostrano ora i terremotati dopo mesi di intorpidimento.

 

Non era scontato che in questo territorio, da sempre feudo del PD, la popolazione aprisse gli occhi mettendo in discussione la narrazione della governance e, ancor meno scontata, è questa improvvisa voglia di mobilitarsi in prima persona da parte dei terremotati, dal basso e per i propri diritti. Altrettanto incoraggiante è il formarsi di numerosi gruppi, più o meno organizzati, su tutto il territorio, pronti alla mobilitazione per far finalmente partire la ricostruzione, di fatto ancora ferma a causa della macchina infernale creata dal Commissario Errani. Forse i cittadini della Bassa cominciano ad opporsi sul serio a coloro che dicono di fare il loro bene, ma contmporaneamente puntano a scremare il numero di chi otterrà contributi, e rifiuta di accettare il diktat del Governo Monti, il quale ha più volte dichiarato che, a causa della crisi, non ci sono fondi sufficienti per ricostruire l’intero territorio.

La ricostruzione è un diritto e forse la Bassa non è più disposta ad aspettare!

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