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Ultima udienza per la sorveglianza speciale: solidarietà ad Eddi, Jacopo e Paolo

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Aula stracolma e centinaia di persone presenti oggi in solidarietà a Eddi, Jacopo e Paolo durante l’ultima udienza del Tribunale di Torino sulla decisione per la possibile attribuzione della sorveglianza speciale.

Una misura che prevede una totale limitazione delle libertà personali per una durata richiesta di 1 anno per Paolo e di 2 anni per Eddi e Jacopo, colpevoli di aver portato avanti il loro impegno sociale e politico una volta rientrati in Italia a seguito del periodo trascorso in Siria del Nord al fianco delle YPG e YPJ. Un processo che si sta protraendo ormai da tempo pur non potendo essere considerato come tale, dato che i tre ragazzi non sono colpevoli formalmente di alcun reato. Ciò che sta accadendo infatti, si riferisce a una procedura speciale senza istruttoria e senza sentenza, inaugurata da Mussolini negli anni 30 ma di cui evidentemente in Italia si può ancora fare uso. La sorveglianza speciale significa la loro espulsione da Torino, città dove vivono e lavorano, il divieto di manifestare e di partecipare a momenti collettivi, che siano riunioni o conferenze con più di tre persone presenti, il sequestro del passaporto e l’annullamento della patente, il rientro notturno e altre misure restrittive.

Il Tribunale di Torino e la Pm Emanuela Pedrotta, famosa per il suo accanimento contro i movimenti e le lotte sociali, si riconfermano avanguardia nell’utilizzo della giurisprudenza e questa vicenda dimostra come si tenti di creare un nuovo precedente implicando un rischio per la libertà non solo dei tre coinvolti ma di tutti e tutte. L’intenzione di dotare di effettive conseguenze delle condotte morali, come nel caso del concorso morale, va di pari passo con il fatto che la “pericolosità sociale” di cui Eddi, Jacopo e Paolo sono accusati non necessiti di alcuna prova. Nell’udienza precedente infatti, la Pm si è potuta permettere di chiedere che venissero prese in considerazione esclusivamente le segnalazioni fatte dalla Digos, e questo è stato accettato. La questura e la procura di Torino fanno gran uso delle misure di prevenzione, dispositivi che permettono di imporre restrizioni alla libertà sulla base di una presunta pericolosità e, anche in questo caso, hanno giocato sul terreno della repressione del dissenso espresso in varie occasioni, magari con la sola presenza fisica a manifestazioni e presidi. Si cerca di colpire ciò che significa impegnarsi per una lotta come quella a fianco del movimento No Tav, o accanto ai lavoratori, o in solidarietà ai detenuti.

Raccontiamo la mattinata di oggi attraverso le parole di Jacopo, sapendo che la corte avrà 90 giorni per poter decidere rispetto al futuro di tre giovani che hanno deciso da che parte stare, quella giusta della Storia.

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