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Santiago del Cile, Primo Maggio all’insegna della rottura

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La riforma prevede infatti una maggiore flessibilità lavorativa; la semplificazione delle procedure di esternalizzazione e la limitazione della negoziazione collettiva ad di fuori del cartello dei sindacati ufficiali. Inoltre si rafforza l’attacco alle garanzie delle lavoratrici e dei lavoratori cileni, erodendo ulteriormente il già quasi inesistente diritto alla sciopero, introducendo la possibilità della sostituzione dei lavoratori in sciopero. Contenzione salariale e dell’azione collettiva si dimostrano essere le tendenza che si vorrebbe imporre dall’alto nel mondo del lavoro cileno. Il corteo si è svolto tra suoni di tamburi numerosi striscioni e cori, snodandosi per l’Alameda, una delle arterie centrali della città, e concludendosi di fronte alla Stazione Centrale dove era posto un palco. Qui doveva svolgersi un comizio con concerto conclusivo che ha avuto modo solamente di iniziare senza mai finire, per colpa della forte repressione messa in campo dalle forze polizzesche che, senza esitazione alcuna, hanno aggredito la piazza con uno smodato lancio di lacrimogeni e di acqua urticante. Di fronte a tale provocazione la piazza non si è lasciata aggredire senza rispondere. Sono state erette, e date alle fiamme, delle barricate che temporaneamente hanno permesso, l’inizio del concerto.

Due pesi, due misure: il contraltare si dimostra infatti la innocua manifestazione della CUT, organizzazione che rappresenta le posizioni del governo e degli imprenditori e non la reale base sindacale dei lavoratori cileni. Nonostante la spietatezza della pressione del modello neoliberalista sul mondo del lavoro cileno, e l’imponente repressione messa in campo contro ogni forma di organizzazione dal basso, la giornata di oggi sembra ribadire che se una via d’uscita dal presente esiste, è solo nella lotta.

 

Foto:Luis Hidalgo e OPAL prensa

 

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