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Libia: Berberi occupano il gasdotto libico dell’Eni

Un gruppo di manifestanti ha preso d’assalto il gasdotto sottomarino “Greenstream” in Libia, lo stesso che approvvigiona di metano l’Italia. Una forma di protesta da parte della minoranza berbera amazigh che chiede il riconoscimento dei propri diritti da parte del governo centrale. 

Un nuovo problema per Tripoli alle prese da mesi con un calo della produzione di greggio dovuto all’instabilità interna del Paese e alle numerose proteste messe in piedi soprattutto nell’area di Bengasi. Manifestanti amazigh, a ottobre, avevano occupato il porto di Mellitah, impendendo le esportazioni di petrolio gestite dall’italiana Eni e dalla National Oil Corp libica, mentre a settembre avevano bloccato le attività nell’impianto di Wafa, sempre di proprietà dell’Eni. 

Un portavoce dei manifestanti ha spiegato le ragioni della nuova azione: il governo di Tripoli rifiuta di ascoltare le loro richieste, ovvero il riconoscimento della lingua berbera nella nuova costituzione libica e una maggiore rappresentanza in Assemblea Costituente.

Il congresso nazionale libico ha discusso la questione domenica, senza però giungere ad alcuna soluzione comune: “Vogliono che la loro lingua diventi ufficiale – ha commentato il portavoce del congresso, Omar Humeidan – Ma così avremmo quattro idiomi ufficiali”.

Le tensioni libiche disturbano i sogni della compagnia energetica italiana Eni: i 9,9 miliardi di metri cubi di metano che ogni anno Greenstream produce permettono di soddisfare il 12,2% della domanda italiana (leggi l’articolo sui rapporti economici italo-libici). Ad oggi la produzione libica è crollata al 40% e proviene per lo più dalle regioni orientali, le meno controllabili dal governo centrale. In Cirenaica è nato ad ottobre anche un governo autonomo ufficioso, a capo del quale si è posto l’ex generale Abd-Rabbo al-Barassi e che ha dichiarato la creazione di una compagnia energetica slegata da Tripoli. Subito il premier Zeidan ha lanciato un ultimatum: dieci giorni di tempo per abbandonare il controllo degli impianti di estrazione. 

Ma la divisione interna tra Cirenaica e Tripolitania è ormai un dato di fatto e di lunga data: la creazione di un governo autonomo, parallelo a quello centrale, è il possibile passo verso la nascita di una federazione di Stati? Dalla caduta del colonnello Gheddafi, l’unico apparentemente in grado di mantenere l’unità del Paese, Bengasi viaggia su un binario diverso da quello di Tripoli che ormai pare averne perso il controllo.

da Nena News

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