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L’esercito israeliano uccide, la Palestina resiste

L’ennesima morte nelle prigioni israeliane ha scatenato una forte risposta: rivolte nelle prigioni, detenuti in sciopero della fame, strade invase dal popolo che non accetta queste ingiustizie.
Da Gerusalemme a Betlemme, da Tulkarem a Ramallah, in migliaia sono scesi in piazza. In piazza per la liberazione dei prigionieri, per gridare la rabbia per l’ennesima morte nelle prigioni, in piazza perchè nella Striscia di Gaza piovono ancora bombe sioniste… in piazza per la Palestina.

Ancora non sappiamo se questa sia la Terza Intifada o una nuova ondata di ribellione che, partita dalle prigioni, porterà ad una rivolta generalizzata contro tutti i simboli dell’occupazione. Quello che è certo è che le strade palestinesi sono piene di rabbia che sempre più si trasforma in scontro.

Nelle prigioni tutti i detenuti hanno iniziato lo sciopero della fame annunciato dopo la morte di Maysara Abu Hamdiyeh; nel frattempo nella West Bank è stato indetto uno sciopero generale e, mentre in gran parte delle città negozi e scuole sono chiusi, gli scontri proseguono ininterrottamente da tre giorni, dal Nord al Sud della Palestina.

Nablus, Anabta, Hebron, ovunque giovani e non, si battono contro uno degli eserciti più forti del mondo, giovani consapevoli che le pietre che scagliano non sono più forti dei gas lacrimogeni e dei proiettili che provengono dall’altra parte. Consapevoli di questo lo erano anche Naji al-Balbisi e Amer Ibrahim Nassar, i due giovani di 18 e 17 anni uccisi la scorsa notte nei pressi di Tulkarem, il primo colpito a morte alla testa durante gli scontri, il secondo colpito al torace vicino ad un check-point.

Nonostante la consapevolezza di lottare contro un nemico militarmente più forte, l’ultimo messaggio che Amer Ibrahim Nassar – una delle due vittime – ha scritto sulla sua pagina di facebook prima di morire mostra che non esiste rassegnazione nel popolo palestinese: “Mirate i vostri proiettili dove volete sul mio corpo… Oggi io muoio, domani la Palestina vivrà”.

Non ci interessa se quanto dichiarato dall’esercito israeliano – cioè che i due giovani stessero per attaccare l’uno i soldati in “difesa” della città occupata di Tulkarem, l’altro una delle tante postazioni militari nei territori occupati – sia vero o meno.

Quello che ci interessa sottolineare è il trattamento disumano riservato ai prigionieri palestinesi che troppo spesso muiono nelle carceri, è l’impunità di israele che decide di far piovere bombe su Gaza quando vuole…
Ma, ancora di più, ci interessa raccontare della risposta del popolo palestinese, dei razzi scagliati da Gaza verso i territori israeliani, delle migliaia di persone che scendono in piazza e si scontrano con l’esercito, dei bambini che ogni giorno resistono alle umiliazioni nei check-point che devono attraversare per andare a scuola, delle madri che, piangendo la morte dei figli, scagliano pietre contro i soldati… ci interessa raccontare la resistenza di un popolo.

La corrispondente di Infoaut dall’area mediorientale

Nel video alcuni momenti degli scontri di ieri ad Hebron

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